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Coni, gli ‘sport minori’ ci provano: “Meno soldi pubblici al calcio”

Il presidente della Fidal Alfio Giomi ha avanzato in via ufficiale la proposta al Consiglio nazionale del Comitato olimpico italiano. E la Commissione interna dell'ente presieduto da Giovanni Malagò dovrà decidere se rivedere o meno i parametri

Meno soldi pubblici al calcio. La proposta – che suona quasi come un proclama di guerra – è di Alfio Giomi, neo presidente della Federazione italiana di atletica leggera (Fidal). E’ stata avanzata ieri, nel privato della Giunta Nazionale del Coni, e oggi pubblicamente in Consiglio. “E’ arrivato il momento di rivedere i criteri di ripartizione dei fondi del Coni” ha affermato davanti ai presidenti delle varie Federazioni (ma non di Giancarlo Abete, numero uno della Figc, ad Amsterdam per la finale di Europa League). La tesi del presidente Fidal è chiara: “Non ci sono più i presupposti perché una Federazione sia considerata al di sopra di tutte le parti”. Ed è questo, appunto, che accade con la Figc: a cui ogni anno è riservata una percentuale fissa (pari al 18%) dei contributi che lo Stato passa al Comitato Olimpico. Tutti gli altri, federazioni e enti sportivi, ricevono invece fondi in base a vari parametri, fra cui numero di tesserati, personale, risultati sportivi. Così nel 2013 alla sola Figc sono andati 62 milioni di euro di fondi Coni. Mentre la seconda federazione più ricca (proprio quella di atletica leggera) si è fermata a quota 4,5 milioni circa.

Questo è il risultato della normativa in vigore dal 2005, da quando il Totocalcio è passato nelle mani dei Monopoli di Stato e il Coni ha perso la sua autonomia finanziaria: allora una delibera del Consiglio nazionale, con intesa governativa, stabilì una quota fissa che il ministero avrebbe passato al Coni, di cui il 18% sarebbe spettato alla Figc (in virtù del fatto che questa già prendeva in precedenza una percentuale fissa sui ricavi del Totocalcio).

Adesso, però, il sistema viene messo in discussione. “Il mio non è un attacco nei confronti di nessuno: già due mesi fa avevo rinviato il mio intervento per l’assenza di Abete, e sapendo che anche oggi non sarebbe stato presente gli ho comunicato personalmente il contenuto del discorso”, tiene a specificare Giomi a ilfattoquotidiano.it. “E’ una questione di principio: come si può far crescere il movimento sportivo nella sua interezza se c’è una federazione che viene considerata superiore alle altre?”. Per questo il presidente della Fidal ha mosso un primo passo ufficiale per cambiare la situazione. Facendo cadere quello che definisce un tabù: “Perché nello sport italiano – sostiene– nessuno può permettersi di toccare il calcio”.

E le reazioni, infatti, non sono mancate. Della proposta in Consiglio si è discusso per oltre un’ora. “Si tratta di un’esigenza chiaramente condivisa, il 95% dei presidenti sta dalla mia parte”, si dice sicuro Giomi. Chi invece di certo non è d’accordo è Gianni Petrucci, ex presidente Coni e ora a capo della Federazione Italiana Pallacanestro, che ha definito “inopportuno” il discorso di Giomi, sottolineando come la Figc utilizzi i contributi pubblici per le attività dilettantistiche e giovanili. Vero è, infatti, che neppure un euro di quei soldi va alle società professionistiche, in base all’accordo firmato nel 2005. Ed è altrettanto vero che il calcio, in quanto sport più ricco, è anche quello che contribuisce maggiormente alle finanze dello Stato, versando oltre un miliardo di euro l’anno.

“Ma io pongo un problema di metodo e non di merito”, ribadisce Giomi. “Quello che mi premeva, comunque, era avviare una riflessione”. E il risultato è stato raggiunto. Una commissione adibita ai criteri di ripartizione dei fondi esiste da sempre. Da poco, però, è stata rinnovata. E spetterà a lei – come ha sottolineato di recente Giovanni Malagò, presidente del Coni eletto lo scorso febbraio – stabilire se confermare o rivedere gli attuali parametri, ed eventualmente sottoporre una nuova proposta al voto del Consiglio. Stavolta, però, si tratterà di decidere nello specifico se andare a toccare la fetta di torta destinata alla Figc. E l’ipotesi non è da escludere, considerando che lo stesso Malagò in campagna elettorale non si era dimostrato molto tenero nei confronti del calcio. La commissione è composta da 11 membri, tre alti dirigenti Coni e otto consiglieri nazionali. Fra questi c’è il “rivoluzionario” Giomi, ma nessun rappresentante del calcio. E’ sempre stato così, ma adesso che in ballo ci sono gli interessi del mondo del pallone questa circostanza potrebbe diventare decisiva. La partita è appena cominciata e la Figc dovrà giocarla tutta in difesa.