Politica

Sanità, il ritardo della politica italiana

Vorrei riprendere il discorso sul “riformista che non c’è” e chiarire meglio il mio punto di vista:

Porre il problema del “riformista che non c’è” quindi non è ne fare polemica con qualcuno, né avere atteggiamenti gattopardeschi o elettoralistici e meno che mai parlare di niente, al contrario significa porre, quello che per me, è il problema principale che è quello del “manico”. Per spiegare il ruolo negativo del “riformista che non c’è” vorrei limitarmi ad un esempio. Molti dei problemi principali della sanità oggi non derivano dalla crisi, dai tagli lineari, dai piani di rientro, ma semplicemente dai ritardi con i quali la politica è intervenuta sulla sanità in questi anni. Il nostro riformismo sanitario è stato letteralmente importato dall’esperienza inglese ma sempre costantemente in ritardo nei confronti del mutamento sociale e economico:

Abbiamo sempre copiato gli inglesi in ritardo e ogni qual volta riciclavamo le loro idee in Inghilterra le stesse idee erano rispetto al mutamento o superate o ripensate. Gli Inglesi oggi dopo mezzo secolo di riformismo sanitario, mentre noi parliamo di manutenzione del sistema, propongono una quasi totale destrutturazione del loro sistema sanitario e sociale mettendo alla porta la politica, sviluppando la competitività tra gli ospedali, e affidando la gestione e la responsabilità del servizio sanitario nazionale ai medici di medicina generale e ai cittadini stessi, in stretta collaborazione con le istituzioni comunali e municipali. Prevedono pensate un po l’abolizione delle Strategic Health Authorities e dei Primary Care Trusts (Pcts), in pratica le nostre Regioni e le nostre Asl. La cosa che colpisce, proposte a parte, alcune più condivisibili altre meno, è il bisogno di cambiamento di chi ha davvero cambiato molto e che per l’ennesima volta si confronta con un mutamento più grande. Esattamente quello che il “riformista che non c’è” non riesce a fare. Con questo non sto dicendo che dobbiamo fare come gli inglesi(non mi è mai piaciuto copiare) ma solo che le “politiche retard” non fanno bene alla sanità. Allora che male c’è se qualcuno oggi pone il problema del “riformista che non c’è”?

Che male c’è se in questo blog dopo aver avanzato decine di proposte, se dopo aver scritto interi libri di proposte, dopo aver sperimentato sul campo tanti cambiamenti, si propone di discutere il problema del “riformista che non c’è”? Il “riformista che non c’è” è una espressione simbolica per evidenziare un limite culturale della politica che se non rimosso in tempo costituirà il maggior pericolo per la tenuta di questo sistema sanitario pubblico. Molto più della recessione e dei tagli lineari.