Cultura

La Cina, l’arte e la Foxconn

L’Ullens Center for Contemporary Art (Ucca), una delle più interessanti gallerie d’arte di Pechino nello spazio dell’ex fabbrica 798, ha recentemente esposto i lavori di quella generazione di artisti nata dopo la morte di Mao. Si tratta di quella generazione che ha vissuto l’era di Internet sin dall’inizio. Per questo la mostra si chiama On | Off come uno dei proxy più usati dai cinesi per scavalcare la censura, comunemente chiamata il Grande Firewall (parodia della Grande Muraglia, ché una volta che sei entrato, difficilmente ti permette di uscire). Questa generazione è quella cresciuta durante il boom dell’economia cinese e della classe media che, per la prima volta dopo il maoismo, cominciava ad affermarsi.

Tra di loro salta agli occhi l’opera di Li Liao, una tuta da lavoro, un contratto, un iPad mini. Così mentre l’occidente si interroga se sia moralmente giusto consumare i beni prodotti a basso costo nelle fabbriche cinesi, il giovane Li si è fatto assumere alla Foxconn, ci ha lavorato 45 giorni per poi comprarsi il prodotto che aveva assemblato e che oggi mostra su un piedistallo ai fruitori delle nuove opere d’arte. Li, non immaginava che lavorare in fabbrica sarebbe stato così facile (“praticamente non serve nessun requisito: se hai fatto le scuole e non hai problemi fisici significativi, sei assunto”) né così duro (stai in fabbrica 12 ore al giorno, dieci ore in catena di montaggio e due ore tra pranzo e cena” […] “sembra quasi che una volta che sei entrato, non ci sia più verso di uscire” […] “non tornerò mai più a lavorare in fabbrica”).

Ma ciò non ha affatto cambiato la sua percezione della Apple: “ho lavorato alla Foxconn per 45 giorni, ma prima già consumavo i prodotti Apple. Non credo che questa esperienza abbia cambiato la mia percezione dei prodotti, mi ha solo reso più chiaro che molti dei prodotti di questo mondo non hanno nulla a che vedere con gli operai che li fabbricano”.

E in questo periodo in cui sembra quasi che sarà proprio la Foxconn (quella degli stage forzati, del lavoro minorile e della catena di suicidi che l’ha resa tristemente famosa nel 2010) a introdurre rappresentanti sindacali direttamente scelti dai lavoratori nella totalitaria Cina è bene tenere a mente come sono e cosa producono gli operai del XXI secolo: oltre il 60 per cento dei lavoratori di nuova generazione ha il diploma, cambia spesso lavoro ed è sempre pronto all’azione diretta. Soprattutto se si tratta di rivendicazioni salariali, si muovono autonomamente e senza bisogno di mediazioni sindacali. E, forse, sono mossi proprio dal desiderio di quello stesso iPhone che producono.