Politica

Candidature civili e isterismi delle caste

Uno degli scopi, e probabilmente non il meno importante, per cui è nata Rivoluzione Civile, è quello di operare una profonda trasformazione del sistema politico, restituendo ai cittadini la possibilità di contare. Si tratta del resto di obiettivo che si può desumere da un’analisi delle due parole che compongono il nome di questa nuova formazione politica. Non è certo un compito facile e richiederà un lavoro di lunga lena da intraprendersi e compiersi in stretto collegamento con i movimenti espressi dalla società civile, come quello sul debito e per la trasparenza della finanza pubblica (ho partecipato ieri a un’affollata e importante assemblea in materia al Teatro Valle Occupato e voglio qui richiamare l’attenzione su alcune delle organizzazioni promotrici, come Rivolta il Debito e Per una nuova finanza pubblica) o molti altri. Un compito quindi, che non può certo esaurirsi e rinchiudersi tutto nella pur importantissima scadenza elettorale. 

Mi pare tuttavia che anche nella scelta delle candidature si possa cogliere un segno di novità. Prenderò due casi esemplari. Il primo è quello dello stesso leader della lista e della nuova formazione politica, Antonio Ingroia, che è stato fino a oggi uno stimato magistrato protagonista sul piano interno e internazionale della lotta alla mafia e al narcotraffico, e quindi in possesso di una professionalità di fondamentale importanza per vincere la decisiva battaglia contro la criminalità organizzata che si insinua oggi fino ai vertici del potere politico e finanziario.

Il secondo caso è quello di Ilaria Cucchi, una donna che ha subito nei suoi affetti più cari il dramma di uno Stato che a volte non solo è inefficiente ma diventa anche delinquente. Fenomeno certo non nuovo se guardiamo alle tragedie del Novecento o sfogliamo i rapporti delle organizzazioni dei diritti umani. Ma che anche qui da noi ha trovato, di recente, conferme inquietanti. Come dimostrano appunto i casi di Stefano Cucchi, di Federico Aldrovandi e di troppi altri.

Anche al di là della condivisione del programma politico di Rivoluzione Civile, mi pare che qualsiasi osservatore obiettivo dovrebbe rallegrarsi della possibilità del nuovo Parlamento italiano di avvalersi delle competenze, delle motivazioni e delle passioni di Antonio, di Ilaria e di altri come loro, che hanno scelto di fare politica per sete di giustizia e non certo di potere. Uno dei guai della società italiana è infatti l’esistenza di gruppi chiusi e scarsamente permeabili a tutti i livelli e in tutti  i posti, situazione che andrebbe frantumata a partire dal sistema politico.

E invece no. La casta rumoreggia al pensiero che persone autentiche possano accedere al Parlamento italiano.  Certo, il discorso dei magistrati in politica meriterebbe uno svolgimento più approfondito, ma non si tratta certo di fenomeno nuovo. Né si può negare che rientri nei diritti dei magistrati, come degli altri cittadini italiani, la possibilità di candidarsi alla guida del Paese. 

Il caso degli insulti a Ilaria Cucchi poi è addirittura plateale. Autore ne è stato peraltro un politico che possiamo ben considerare come esponente esemplare della casta da cui proviene e di cui ha sempre fatto parte, legando il suo nome a una legge che è responsabile per buona parte del sovraffollamento carcerario per il quale il nostro Paese è stato recentemente condannato in sede europea.  Per non parlare delle sue continue battute sui gay ed altro con le quali ha esposto in modo impietoso al mondo intero la sua mentalità retrograda e reazionaria.

Per non parlare del fratello che gestisce o ha gestito, in evidente e fruttuosa consonanza con la vocazione carceraria del nostro, centri di detenzione per stranieri che ricevono sostanziosi contributi dallo Stato italiano, teorizzando peraltro l’inevitabilità del fatto che in strutture del genere possano registrarsi degli stupri.  Un individuo insomma, la cui assenza da Montecitorio durante la prossima legislatura restituirebbe da sola una certa credibilità al prossimo Parlamento. Ebbene questo signore, che risponde al nome di Carlo Giovanardi, si è permesso di insultare Ilaria Cucchi, sostenendo che si è candidata per sfruttare politicamente la morte del fratello, rispolverando inoltre per l’occasione una versione del tutto campata per aria della morte di Stefano.

Reazioni isteriche di chi fino all’ultimo resterà aggrappato al potere che gli è stato indebitamente elargito di un sistema fortunatamente agonizzante. Ma mi viene in mente un collega blogger di cui non ricordo il nome, che ha recentemente lamentato il fatto che con il Movimento Cinque Stelle studenti , casalinghe e altri paria vogliano mettersi in politica. Si tratterebbe, in tale visione molto angusta, di persone evidentemente inferiori e inadeguate di fronte alla casta di superuomini che ci ha governato così bene. Non vorrei che commenti simili fossero l’espressione di una sorta di vocazione masochista del popolo italiano, di una sindrome di Stoccolma, di una profonda mancanza di autostima che porti alla fine a riconfermare in qualche modo la peggiore classe politica che ha ci ha governato dal dopoguerra ad oggi. Staremo a vedere che succede il 24 e 25 febbraio.