Giustizia & Impunità

Sanità Lombardia, inchiesta Teleospedale. Pm chiede archiviazione per Giannino

Il giornalista leader di Fermare il declino era indagato per turbativa d'asta, ma il magistrato Tiziana Siciliano, alla chiusura delle indagini, ha chiesto di stralciare la sua posizione perché non sono emersi elementi a suo carico. Tra gli altri indagati l’ex assessore regionale e cognato di Formigoni, Guido Boscagli, il capogruppo del Pdl al Pirellone, Paolo Valentini e l’ex direttore generale della sanità lombarda, Carlo Lucchina

Archiviazione per Oscar Giannino non c’entra. Il giornalista economico leader del movimento Fermare il declino era indagato per turbativa d’asta nell’ambito dell’inchiesta sugli appalti della sanità in Lombardia, ma il pm di Milano Tiziana Siciliano ha chiesto l’archiviazione della sua posizione perché nel corso delle indagini non sono emersi elementi a suo carico.

Oltre al giornalista, ci sono altri 14 indagati accusati di avere pilotato appalti per la telemedicina in alcuni ospedali lombardi, tra cui l’ex assessore regionale e cognato di Formigoni, Guido Boscagli, il capogruppo del Pdl al Pirellone Paolo Valentini e l’ex direttore generale della sanità lombarda Carlo Lucchina. Giannino avrebbe dovuto essere il direttore editoriale delle ‘tv a circuito chiuso’, progetto mai realizzato che puntava a mettere negli spazi comuni di alcuni ospedali lombardi una televisione che trasmettesse pubblicità e informazioni cliniche 24 ore su 24.

L’inchiesta, avviata un paio di anni fa, oltre al progetto Telemedicina affidato alla Multimedia Hospital, la società che aveva stipulato un accordo per installare in 26 ospedali della Lombardia un canale tv, riguarda anche i contratti di assicurazione e brokeraggio per le aziende sanitarie. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Lucchina, Boscagli e Valentini avrebbero organizzato, insieme ad altri, delle riunioni al Pirellone per favorire l‘assegnazione di tali contratti a una joint venture tra due società, la March Italia e la Gbs (quest’ultima però non ha alcun dirigente indagato). L’indagine era nata da un esposto del leghista Stefano Galli che aveva rifiutato una mazzetta da quindicimila euro. Galli, però, è a sua volta stato iscritto nel registro degli indagati nell’ambito dell’inchiesta sui rimborsi dei consiglieri lombardi, con l’accusa di aver pagato il ricevimento di nozze della figlia con i soldi della Regione.