Società

Violenza sulle donne, non indurre in tentazione

Sono trascorsi molti anni ma ricordo ancora l’aneddoto che un prete raccontò, durante l’ora di religione,  quando frequentavo la terza elementare: la “edificante” storia di una bella bambina che per evitare di far “cadere in tentazione gli uomini” aveva preso un sasso e si era deturpata il volto colpendosi la bocca ed i denti. Ricordo ancora lo stato di disagio e confusione che provai; a otto anni è impossibile che ci si percepisca come una femme fatale che attira gli sguardi maschili, anche se hai due guancette rubiconde e graziose treccine. Quel racconto fu un deplorevole esempio di apologia del masochismo femminile, sessuofobia e misoginia condito con una buona dose di pedofilia. Ricordo che la sensazione di disagio e turbamento venne amplificata dal sorriso del prete che arricchiva il racconto di particolari pulp con la descrizione del sangue che scendeva dalla bocca e i denti che cadevano dalle gengive ferite. Quanto fosse consapevole o inconsapevole quel prete delle allusioni sessuali contenute nelle sue parole non è possibile saperlo. So che purtroppo insegnava alle elementari e ricordo ancora quanto si infuriò mia madre quando le riferii cosa avevo ascoltato a scuola.  

Quel racconto era una versione in chiave meno tragica della storia di Maria Goretti santificata nel 1950 da Pio XII non tanto perché vittima di violenza maschile ma per aver preferito morire piuttosto che perdere la verginità. La morte e l’autodistruzione della donna come riscatto dalla colpa di indurre in tentazione o la morte della donna come conseguenza della sua induzione in tentazione, non è una morale che appartiene al cattolicesimo del passato. “Le donne andrebbero segregate perché sono causa delle involontarie erezioni degli uomini santi”, diceva Sant’Agostino che visse nel V secolo. Un pensiero dominante ancora oggi in alcuni preti che a volte lo esprimono anche.

Alla vigilia di Natale, Piero Corsi, il parroco di San Terenzo, un paesino in provincia di La Spezia, ha affisso un volantino nella bacheca della sua chiesa: poche righe in cui si scagliava contro le donne vittime di stupro e femminicidi. Il contenuto del testo riprendeva quanto già pubblicato il 21 dicembre sul sito della rivista integralista cattolica Pontifex. La tesi? La “provocazione delle donne” è all’origine della violenza maschile. Monica Lanfranco ne ha scritto nel suo blog. Il parroco è stato richiamato subito dal vescovo e ha ritirato la lettera ma non è il solo ad avere queste convinzioni nella Chiesa. Nel febbraio del 2011, Arduino Bertoldo arcivescovo di Foligno colpevolizzava la donna che se cammina “in modo sensuale e provocatorio qualche responsabilità nell’evento ce l’ha, perché anche indurre in tentazione è peccato”.

Siamo nel 21° secolo, l’Onu ha condannato la violenza sulle donne come crimine e la Convenzione di Istanbul la ritiene una grave violazione dei diritti umani. Fiumi di inchiostro sono stati scritti sulla violenza alle donne, sono stati raccolti dati, denunciato il fenomeno, ma nella Chiesa cattolica persiste uno strisciante oscurantismo che alimenta pregiudizi misogini e sessuofobici. Per spazzar via pregiudizi non basta la conoscenza, ci vorrebbe anche coscienza come ben può spiegare la teoria psicanalitica della proiezione, quel meccanismo di difesa da contenuti inconsci che sentiamo inaccettabili e che attribuiamo ad altri: agli alieni, al demonio, alle donne, agli immigrati, ai “neri”, agli omosessuali e talvolta purtroppo persino ai bambini o alle bambine. Ma ci vorrebbe pure della psicoterapia e con un buon professionista.

di Nadia Somma