Società

Meno welfare, l’Italia è una repubblica fondata sul volontariato.

“Oggi in Italia le prestazioni dello Stato sociale sono assicurate dalla famiglia e dal Volontariato”. Questa affermazione si sente ormai in maniera sempre più insistente e frequente.

Ma è vera o è solo una percezione diffusa non basata tuttavia su dati reali? Lasciamo da parte il primo termine del binomio perchè il tema della famiglia, del sostegno familiare, delle dinamiche tra giovani e anziani, tra redditi e rendite è molto articolato e arduo da dipanare e puntiamo, invece, la nostra attenzione sul mondo del Volontariato. Prima di tutto dobbiamo capire bene cosa intendiamo definire con questo termine.

In Italia ci sono moltissime Associazioni (in genere no profit), volte alla produzione di beni e servizi a destinazione pubblica o collettiva, basate su persone che ad esse dedicano volontariamente e senza retribuzione tutto o parte del proprio tempo. Tali Associazioni vengono comunemente chiamate con il nome di “Terzo Settore”.

Considerate tutte insieme ed escludendo tutti i loro dipendenti stipendiati, è stata stimata nell’anno 2010 una base di circa 6,5 milioni di persone di età superiore ai 14 anni coinvolta in varia misura e con vario impegno temporale nelle attività di volontariato.

E’ interessante osservare come nel decennio 2001 – 2010 l’andamento del numero di Volontari (Tabella1) abbia registrato un incremento di circa 1,2 milioni di unità, pari al 17,9%, nonostante che in alcuni anni (2002, 2006, 2008) si sia verificato un lieve decremento rispetto all’anno precedente.

La sensibilità verso il fenomeno del Volontariato rivela una diversa intensità in Italia e analizzando i dati delle tre aree geografiche, in cui si ripartisce il Paese, risulta in modo evidente che, per tutti i 10 anni considerati, essa è molto più diffusa nel Nord e decresce man mano che si passa dal Centro al Sud.

In tali anni, difatti, l’incremento dell’Indice di penetrazione dei volontari rispetto alla popolazione oltre i 14 anni delle diverse grandi Ripartizioni geografiche italiane (Tabella 2) evidenzia, non solo, una partecipazione del Meridione all’incirca pari alla metà di quella che si manifesta nel Settentrione e un Centro baricentrico rispetto alle precedenti due aree, ma anche linee tendenziali di crescita che determinano una situazione di sviluppo generale  del fenomeno a livello Italia nel periodo considerato (+ 1,6 punti), ma  a ritmi differenziati tra Nord (2 punti), Centro ( 1,7 punti) e Sud (1 punto), senza una modificazione del gap tra aree, che rimane invariato nell’arco dei 10 anni di osservazione.

Dall’ultimo Censimento Istat sul Terzo Settore del 2003 (è attualmente in corso un analogo Censimento per gli anni dal 2004 al 2012), risulta che l’età media dei Volontari tende a salire. Così, mentre il peso delle due classi di età comprese tra 30 e 54 anni e oltre i 54, dal 1995 al 2003 passa, rispettivamente, dal 39,3% al 41,1% e dal 30,4% al 36,8%, la fascia di coloro che si collocano al di sotto dei 30 anni scende dal 30,4% al 22,1%.

Sempre nell’ambito di tale Censimento è anche interessante vedere (Tabella 3) come è distribuito il numero delle associazioni di volontariato in funzione delle specifiche finalità per le quali esse operano

Come si può osservare, la maggior parte delle Associazioni è concentrata nei settori della Sanità e dell’Assistenza sociale e, nell’arco di tempo esaminato, il peso di queste due categorie è in diminuzione rispetto alle altre che sono, invece, in crescita.

Inoltre, il numero totale delle associazioni è cresciuto da 8.343 a 21.021 con un incremento di circa il 152%, in appena 8 anni, confermando come il Volontariato stia sempre più assumendo un ruolo significativo nel settore sociale.

Parallelamente a quanto sta accadendo nel mondo del Volontariato, nella gestione dello Stato Sociale si sta, invece, verificando un progressivo e sempre più netto disimpegno da parte delle Istituzioni pubbliche, sia a livello centrale che periferico.

Dall’esame della successiva Tabella 4 risulta evidente come nel periodo dal 2001 al 2012 il totale degli stanziamenti per i vari Fondi è in netto calo passando da 1.115 milioni a 193 milioni, con un decremento di circa l’83%. E’ interessante notare come tale tendenza a decrescere abbia subito una notevole inversione di segno solo negli anni dal 2006 al 2007.

Un’ulteriore conferma di tale tendenza è possibile riscontrarla negli stanziamenti per le prestazioni di tutela contro la povertà (es. assegni sociali, bonus incapienti, fondo usura) che, negli anni dal 2007 al 2009, sono passati da 7.127 a 5.562 milioni con un decremento pari al 22% (fonte: Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – nota sul’analisi della spesa sociale in Italia).

In conclusione, come si evince dai dati disponibili e qui riportati, nell’ultimo decennio è iniziata una progressiva e sempre più accelerata tendenza ad un disimpegno da parte dello Stato nei confronti degli interventi a sostegno della parte più disagiata della popolazione e dei settori che fanno tradizionalmente parte del cosiddetto Stato sociale.

Parallelamente è evidente come il Terzo settore e in generale il mondo del Volontariato, sia cresciuto in maniera massiccia, sia in termini numerici che economici, per compensare il continuo disimpegno da parte dello Stato. Ne consegue, quindi, che l’affermazione riportata all’inizio di questo Articolo non è solo una semplice percezione diffusa, ma un dato di fatto tangibile e reale che, con il passare degli anni, sta diventando sempre più vero. 

Tuttavia, è altresì evidente come l’assenza di un coordinamento nelle attività svolte dal Terzo Settore e l’estrema frammentazione delle associazioni che vi operano, faccia sì che il grande sforzo compiuto dal mondo del Volontariato possa sopperire solo in parte – e forse in modo meno efficiente e efficace di quanto potrebbe – alle carenze e alle lacune lasciate dal progressivo e sempre più veloce disimpegno dello Stato nel prendersi cura dei bisogni sociali degli Italiani.

all’articolo ha collaborato Fabio Conte