Lavoro & Precari

I disoccupati dimenticati dalla politica

In Italia ci sono 2,9 milioni di disoccupati, tanti quanti gli elettori delle primarie di centrosinistra, all’incirca. Eppure non sono protagonisti della campagna elettorale. Non c’è nessuno, per ora, che si lanci in promesse come quella di Silvio Berlusconi nel 2001 (“un milione di posti di lavoro, dimezzare tasso di disoccupazione”, non ci è riuscito). Eppure tutta la campagna elettorale americana è stata sui “jobs”, i posti di lavoro creati da Barack Obama e quelli che Mitt Romney prometteva di far apparire. In Italia no. 

Pier Luigi Bersani ha vinto le primarie promettendo due priorità: “Lavoro e moralità”. Ma non sono noti dettagli su come pensi di raggiungere il primo obiettivo. A destra la confusione politica ha oscurato il vuoto di idee.   

L’approccio dei tecnicimeno tutele, più flessibilità in cambio di un dinamismo che dovrebbe incentivare gli investimenti – non sta funzionando. Lavoce.info ha notato come la riforma Fornero ha determinato un crollo del ricorso al lavoro intermittente, quello più precario, ma l’apprendistato, modello contrattuale su cui si regge la riforma, non decolla.

Nella crisi 2008-2011, ha scoperto il centro di ricerche Isfol, il tasso di trasformazione da lavoratore precario a stabile è sceso di nove punti (dal 43 al 37 per cento). L’unica ricetta che sembra mettere d’accordo tutti, dal sottosegretario Gianfranco Polillo che la teorizza a Bersani che avalla l’accordo separato governo-sindacati, è che per essere più produttivi bisogna lavorare più ore. Un approccio ottocentesco, che lega la produttività al tempo lavorato e non agli investimenti in capitale (fisico o umano, essendo quest’ultimo quello cruciale, come ricorda sempre il governatore di Bankitalia Ignazio Visco). Dietro c’è l’idea, o l’ideologia, che certe tutele e certi diritti non ce li possiamo più permettere. E quindi bisogna rassegnarsi a perderli. Ma nel frattempo la disoccupazione aumenta. Chissà se nel prossimo mese almeno il Pd elaborerà una strategia coerente (e misurabile nei suoi effetti) su quello che dovrebbe essere il suo tema principale, il lavoro.