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Riforma Lega Pro, la rivoluzione parte dal basso in nome del fair play finanziario

Dalla stagione 2014/2015 campionato più snello: abolita la Seconda Divisione (l’ex Serie C2) e passaggio al campionato unico. Tutte le squadre dovranno rispettare una serie di paletti economici, perché " i club non potranno spendere più di quanto hanno incassato" ha detto il presidente Macalli

Mario Macalli come Michel Platini, la Lega Pro come la Uefa: anche in Italia arriva il Fair play finanziario. La terza serie del nostro calcio ha scelto di cambiare. Lo farà a partire dalla prossima stagione: la riforma della Lega Pro, che entrerà a pieno regime nella stagione 2014/2015, comporta la riduzione delle squadre e l’abolizione della Seconda Divisione (l’ex Serie C2), con il passaggio ad un campionato unico. Ma, soprattutto, prevede una serie di paletti economici che i club dovranno rispettare e per cui non è azzardato il paragone con il Fpf voluto da Platini. “Anzi, il nostro è molto meglio, è più serio”, scommette Macalli, presidente della Lega Pro, che spiega a ilfattoquotidiano.it il perché della riforma. “Eravamo giunti al punto di non ritorno: troppi fallimenti, le squadre stavano finendo. Così non si poteva continuare. Per questo introduciamo un cambiamento semplice ma clamoroso: i club non potranno spendere più di quanto hanno”.

Le disposizioni fissate sulle licenze nazionali e sul controllo delle società sono infatti molto chiare. Dal prossimo anno per potersi iscrivere al campionato bisognerà aver assolto il pagamento degli emolumenti di tutti i tesserati della stagione precedente. E depositare una fideiussione bancaria di garanzia, che sarà per il prossimo anno di 400 mila euro per la Seconda Divisione e di 600 mila euro per la Prima; poi dal 2014/2015 (con il passaggio al campionato unico) di 600 mila euro per tutti. Ma non finisce qui: i bilanci delle società dovranno essere sempre in regola, nel corso di tutta la stagione. I club, infatti, presenteranno ad inizio anno un budget finanziario: entrate e uscite non dovranno essere necessariamente in pari (“Non vogliamo impedire gli investimenti degli imprenditori”, è la posizione della Lega) ma dovranno essere garantite in maniera rigorosa. Nel caso in cui ad esempio il monte ingaggi superi il tetto delle entrate, andrà coperto da un’ulteriore fideiussione, pena la mancata ratifica dei contratti.

Per verificare il tutto, ci saranno controlli su base trimestrale. “E’ finita l’epoca della fiducia cieca: adesso vogliamo vedere i conti”, ribadisce Macalli. Per sanare gli eventuali sconfinamenti si avranno 30 giorni di tempo, dopo scatteranno le sanzioni: penalizzazioni in classifica, aumento del 10% delle garanzie bancarie da presentare la stagione successiva, sospensione dell’erogazione delle risorse spettanti ai club (e destinate invece al pagamento degli stipendi in sospeso). Una misura, quest’ultima, utile anche a garantire i diritti dei calciatori: non bisogna dimenticare, infatti, che il malcostume del calcioscommesse nelle categorie inferiori si nutre pure delle condizioni contrattuali, spesso insoddisfatte, dei giocatori. E poi ci vorrà anche uno stadio all’altezza del calcio professionistico: basta strutture fatiscenti, in Lega Pro si giocherà solo in impianti a norma e di capienza minima di 3 mila posti.

Ma non ci saranno solo vincoli da rispettare. Il nuovo sistema della Lega Pro prevede anche degli aiuti importanti per i club, come spiega il direttore generale Francesco Ghirellli: “Tra i fondi federali, i proventi che ci arrivano dalla Lega e le nostre entrate abbiamo quasi 50 milioni di euro da distribuire. Circa 800 mila euro a squadra, che possono coprire il 40% di un budget normale. Una base molto importante su cui costruire”. Su questo piano di finanziamento la Lega Pro punta tantissimo: anche perché, allo stato attuale delle cose, senza un sostegno concreto sarebbe molto difficile trovare anche solo 60 squadre che soddisfino i requisiti previsti. Ma la strada intrapresa è quella giusta: poche società ma buone, “radicate sul territorio, che puntino a far crescere i giovani. E’ questo il prodotto intelligente che vogliamo essere”, afferma Ghirelli.

La rivoluzione del calcio italiano parte dal basso. “E’ stata una grande soddisfazione riuscire a far approvare questa riforma. Strano, in un Paese come l’Italia dove non cambia mai nulla”, conclude Ghirelli. Con l’eco polemico, però, del presidente Macalli: “Certo non è pensabile che la riforma di cui il mondo del calcio ha un disperato bisogno venga delegata solo a noi”. Appunto. Adesso tocca ai grandi seguire l’esempio.