Scienza

Vaccinare gli adulti per la pertosse?

E’ opinione comune che alcune malattie esantematiche non facciano più paura e che la specie umana stia per liberarsene definitivamente. Ma è proprio così? E soprattutto la pratica che usiamo per prevenire l’insorgenza della pertosse, del morbillo, della rosolia, e cioè la vaccinazione, è sufficiente? No, non è proprio così o almeno l’attuale composizione di alcuni vaccini deve essere aggiornata. Nonostante la notevole diminuzione dell’incidenza di queste malattie nel corso dei decenni precedenti, stiamo conoscendo in questi ultimi anni un aumento del morbillo e soprattutto della pertosse. Intendiamoci non in grande stile, al momento non c’è nulla per cui allarmarsi. Gli Stati Uniti però dichiarano attraverso i Centers for Disease Control che stanno soffrendo la peggiore epidemia di pertosse dal 1959. Dalla metà del 2011, un aumento sostanziale dei casi di pertosse è stato riportato ad esempio nello stato di Washington.

In risposta a questo aumento, il Segretario alla Sanità dello Stato di Washington ha dichiarato la presenza di un’epidemia di pertosse il 3 aprile 2012. Al 16 giugno del 2012, il numero di casi segnalati a Washington aveva raggiunto 2520 (37,5 casi per 100.000 abitanti), con un aumento del 1.300% rispetto allo stesso periodo del 2011 e facendo registrare il più alto numero di casi segnalati dal 1942. E in Italia? In Italia la pertosse, nonostante la diminuita incidenza dopo l’adozione dell’immunizzazione, ha un impatto ancora rilevante, seppure abitualmente sottostimato. Lo rivela uno studio retrospettivo relativo al periodo 1999-2009, svolto dal gruppo di Giovanni Gabutti, del dipartimento di Prevenzione – Struttura complessa igiene e sanità pubblica, a Chiavari (Genova). Nel corso del decennio esaminato, sono state registrate 7.768 ospedalizzazioni per pertosse (diagnosi primaria): più precisamente 6.971 ricoveri e 797 ammissioni in day hospital. Alberto Villani, direttore di Pediatria generale all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma aggiunge in una sua presentazione consultabile on line ”..la pertosse è una malattia ad eziologia batterica che può purtroppo dar luogo a complicanze anche letali nei bambini al di sotto dell’anno di età e che sta aumentando di incidenza nel nostro paese. Un motivo di questa ripresa nel numero di casi di pertosse deriva dal fatto che probabilmente non si è manifestata da parte dei genitori la stessa attenzione che si sarebbe dovuto riservare alla vaccinazione dei figli. Forse molti soggetti sfuggono alla pratica dei richiami..”.

Si possono però elencare altri fattori oltre alla superficialità dei genitori, forse legata alla sottovalutazione dell’importanza della malattia, ed anche ad una certa propaganda anti vaccini, che sta prendendo piede nell’opinione pubblica, sostenuta anche da pareri “autorevoli”. Si ritiene infatti che l’immunità conferita dagli attuali nuovi vaccini (non a cellula intera) si indebolisca nel corso degli anni. Come affermano studiosi dell’Università di Oakland: «L’entità della protezione – rilevano gli autori – nel corso degli anni dipende fortemente da quella iniziale, ma dopo cinque anni risulta sostanzialmente compromessa». Immunity to the respiratory pathogen Bordetella pertussis R.Higgs, S.G Higgings, P.J. Ross and K.H.G. Mills Nature, 2012; 5(5): 485-500. Bisogna tener conto di un altro fenomeno che è quello della manifestazione ritardata della malattia in classi di età progressivamente più avanzate, a causa della perdita progressiva dell’immunizzazione con conseguente aumentato rischio di ammalarsi e di contrarre una patologia atipica, diversa cioè da quella dei bambini piccoli. In questi casi, anche se la sintomatologia negli adulti è generalmente di non particolare significatività, e pertanto anche di difficile pronta diagnosi, si potrà verificare, nel caso il malato sia anche il genitore di un neonato, il fatto che questo sia esposto al rischio di contrarre la malattia e di sviluppare delle complicanze gravi, proprio per l’assenza di protezione. “La conseguenza immediata – spiega la Professoressa Maria Triassi, ordinaria di Igiene e Medicina preventiva alla Federico II di Napoli in un’intervista a Repubblica di un anno fa– è che in questo caso i rischi sono alti. “L’encefalopatia pertossica, che interessa in media da uno a due bambini ogni mille – precisa la docente – ha una mortalità che sfiora il 30 per cento, mentre la metà dei sopravvissuti subisce danni neurologici permanenti”. Allora, come suggerisce la docente, bisogna proporre di espandere la vaccinazione anche agli adulti “Per questo – conclude la Triassi nel prosieguo dell’intervista a Repubblica- oltre all’appello a vaccinare gli adolescenti, stiamo promuovendo nelle Asl il progetto “Cocoon” che prevede la profilassi negli adulti più vicini al neonato, i genitori innanzitutto, ma anche nonni, fratelli, zii. In questo modo si ridurrebbe notevolmente il rischio che qualcuno, ignaro della malattia di cui è portatore possa infettare il piccolo”.