Società

Il parricidio psicologico in politica

Nello sviluppo normale dell’individuo, secondo alcune teorie psicoanalitiche, occorre che avvenga un parricidio psicologico. Per divenire adulto e autodeterminarsi il giovane deve mettere in discussione le regole, gli insegnamenti e l’autorità che fino a quel momento le figure paterne gli avevano trasmesso. Questa presa di distanza spesso sfocia in un conflitto doloroso in cui sembra che non ci sia mediazione. I genitori di figli adolescenti, che vivono questo momento conflittuale, spesso soffrono perché non capiscono come mai il loro figliolo, che fino ad allora era così dolce e carino, improvvisamente divenga un mostro che li aggredisce e li mette in discussione.

Il tratto comune fra i raggruppamenti politici negli ultimi mesi è il “parricidio politico”. Per decenni avevamo assistito al perpetuarsi di vecchie oligarchie. Addirittura facevano fortuna i “partiti personali” con un padre padrone che dettava le regole e sceglieva i maggiorenti e i futuri eletti per quella formazione politica.

Da quando nel partito più grande, quello democratico, si è messa in discussione l’autorità dei capi storici, che nel bene o nel male, hanno fatto la storia degli ultimi venti anni, anche nelle altre formazioni politiche qualcuno ha cercato di mettere in discussione l’autorità e l’autorevolezza del padre padrone.

Le vicende, come spesso succede, sono diverse e complesse. Alcuni partiti proprio non riescono ad andare oltre il loro capo storico, relegandosi ad un destino di sudditanza e infantilismo. Altri nuovi raggruppamenti sono fieri di avere un nuovo leader carismatico che rappresenti tutti e che decida. Il problema dei raggruppamenti politici, in cui il padre padrone viene eliminato, è che per un certo periodo inizia l’anarchia e non si sa chi decide. Ogni passaggio, anche il più banale, può divenire fonte di accese discussioni e si corre il rischio concreto di impantanarsi in dispute sterili.

Le domande che vi pongo sono:

1. Come è possibile trovare un equilibrio fra la necessità di avere un capo cui fare riferimento e il bisogno di democrazia, partecipazione e discussione fra coloro che si ritrovano in uno stesso ideale politico?

2. Questi capi inamovibili cercano veramente le persone migliori per portare avanti le loro battaglie o si circondano appositamente di mediocri che non intaccheranno mai il loro carisma?

3. La propensione a cercare un capo che affermi “ghe pensi mi” è espressione di infantilismo di un popolo, quello Italiano, che non ha ancora strutturato la fiducia in se stesso e nelle regole della democrazia?

3. Questa incapacità italiana di avere grandi raggruppamenti con una frammentazione fra una ventina di piccole formazioni politiche è frutto dell’incapacità di gestire il “parricidio politico” per costruire qualcosa di nuovo in cui ci si possa riconoscere in un nuovo leader?