Politica

Sarà Beppe il nostro Mao?

Recentemente ho formulato la convinzione che la recente affermazione del Movimento 5 Stelle alle elezioni in Sicilia e quella che si prospetta alle elezioni nazionali costituiscono fenomeni positivi. Resto tuttavia perplesso per talune modalità di organizzazione interna di questo Movimento, sulla cui democrazia effettiva mi interrogo. Meno gravi a mio avviso le intemperanze verbali poco politically correct cui a volte Grillo ricorre, anche perché le persone andrebbero giudicate soprattutto dai fatti e meno dalle parole, anche in un Paese come il nostro dove l’ipocrisia detta spesso legge.

Il nostro Paese ha bisogno urgente di nuove speranze e nuove prospettive. Si parli, al riguardo, un po’ più di contenuti, quei contenuti che è necessario affermare per rimettere in sesto il nostro Paese dopo vent’anni di Berlusconi (con qualche tutto sommato irrilevante parentesi) e un anno di Monti. Ad esempio

a) rimettere al centro la dignità del lavoro, sia per chi ce l’ha che per chi non ce l’ha. Contro le umiliazioni e le bassezze dei Marchionne e Fornero.

b) dire basta alle grandi e piccole opere inutili e costose e riavviare un assetto del territorio ambientalmente sanato basato su di una democrazia partecipata.

c) liquidare definitivamente caste, cricche e cosche, stanandole da ogni luogo di potere e mandandole tutte a svernare in Siberia con Berlusconi.

d) dire basta alle politiche mortifere dell’Europa à la Merkel. L’Europa ha un senso se è una grande costruzione solidale e democratica, altrimenti meglio farne a meno.

Nel programma del Movimento 5 Stelle troviamo alcune cose che vanno in questa direzione. Voglio citare, fra gli altri, l’abolizione della legge Biagi, il blocco della Tav, l’introduzione di un sussidio effettivo per i disoccupati, ma l’elenco sarebbe lungo e interessante. Assolutamente da condividere poi l’omaggio non formale attribuito alla Costituzione italiana. Ce ne sono poi altre di puro buonsenso, merce peraltro difficile a trovarsi in questo Paese dove la classe politica si è progressivamente e definitivamente sganciata dai cittadini e ha imboccato un binario morto, salvo tentare di darsi una finalità nell’arricchimento smodato. Gente senza idea e senza cultura, che ha finito per affidarsi al gran sacerdote del neoliberismo in salsa finanziaria per salvare il Paese. In realtà il gran sacerdote ci sta dando il colpo di grazia. Non per cattiveria, ma perché le soluzioni che propone, basate sulla teologia folle del neoliberismo, non funzionano e non possono funzionare.

Per dar vita alle necessarie proposte alternative, in parte contenute, come ho accennato, nel programma del Movimento Cinque Stelle, non basta un’affermazione elettorale. Occorre un vero e proprio risveglio del popolo italiano, una mobilitazione di massa dal basso, quella rivoluzione che, come ricordava Mario Monicelli, nel nostro Paese non c’è mai stata, ma che oggi è più che mai necessaria per garantirci la sopravvivenza. Da questo punto di vista trovo del tutto pertinente l’enfasi posta da Beppe Grillo sul concetto di democrazia diretta, una strada che va imboccata e percorsa perché è la sola all’altezza delle sfide dell’oggi, non solo in Italia.

In conclusione, penso abbia ragione De Magistris. Il Movimento 5 Stelle non va demonizzato o liquidato in nome di una sua presunta natura anti politica. Al contrario, costituisce una risposta che può risultare efficace alla crisi della politica. Penso vadano valorizzati alcuni aspetti positivi del suo programma, che ho indicato. Eppure non è sufficiente. Per liquidare definitivamente il vecchio regime italiano delle tre C (caste, cosche e cricche) ci vuole un’alternativa politica complessiva. A questa possono ben contribuire il Movimento 5 Stelle ed altri. Ma quello che ci vuole è un vero e proprio Big Bang che segni un nuovo inizio della politica italiana. Trovo positivo, da questo punto di vista, la fase di chiarimento che stanno attraversando Idv e Federazione della sinistra. Superare le attuali formazioni politiche, il loro carattere in ultima analisi parrocchiale, se non finalizzato alla tutela degli interessi di chi ne fa parte, mi pare un imperativo necessario ed urgente.

E soprattutto, per battere personalismi e parrocchie di tutti i generi, mettere al centro i contenuti. Che fioriscano cento, mille movimenti dal basso, arancioni, viola, lillà e di altro colore. Quindi, per venire all’immaginifico interrogativo che ho voluto mettere nel titolo, penso che Beppe Grillo vada apprezzato per il suo indubbio valore e vada anche ringraziato per quanto ha fatto su di una linea intransigente di critica alla mediocrità del sistema politico. Ma no, non è il nostro Mao. Né del resto vuole esserlo. D’altronde non se ne vedono altri all’orizzonte e in fin dei conti neanche ne abbiamo bisogno. Prima di tutto abbiamo bisogno di ritrovare la nostra autostima, gravemente inficiata dalla nostra storia, specie quella degli ultimi venti anni.

Resta poi il compito, a mio avviso ineludibile, di dar vita all’unico partito di cui c’è veramente bisogno, il partito unico della rivoluzione italiana (PURI), la formazione politica nuova che, emergendo dalle ceneri della sinistra oramai giustamente rottamata, porti il nostro Paese fuori dalla situazione incresciosa in cui è stato messo.