Cronaca

Rousseau e il giudice dell’Aquila

La sentenza del Tribunale dell’Aquila che condanna gli scienziati della Commissione Grandi Rischi per non aver “allertato la popolazione” e  “aver minimizzato” i rischi del terremoto, è di portata epocale anche per altri versi. Infatti mette a confronto due posizioni “storiche” riassumibili nell’annosa controversia tra gli antichi e i moderni. Tra coloro che vedevano le catastrofi come la manifestazione di un disegno divino e coloro che, invece, ritenevano di poter controllare la Natura.

Leibniz contro Rousseau. Dove i commissari condannati rappresentano il ruolo della tradizione, mentre il giudice dell’Aquila sarebbe l’alfiere dell’Illuminismo. Di lui si potrebbe dire che «Mostrava gli uomini come finissero con l’essere loro stessi gli artefici delle loro disgrazie e, di conseguenza, indicava loro come evitarle». Sono le parole di Jean-Jacques Rousseau rivolte a Voltaire nella ben nota lettera scritta all’indomani del terremoto di Lisbona del 1755, con le quali lo spirito della modernità cercava di sottomettere le catastrofi e la loro imprevedibilità al potere della ragione, attraverso un’opera di prevenzione su base scientifica.

Rousseau poneva allora le basi di uno spirito nuovo che “dissacra” la Natura, sottraendola alla volontà divina e affidandola alla mano dell’uomo. Le catastrofi naturali si trasformavano così in catastrofimorali”, perché l’uomo ne diveniva responsabile, avendo a sua disposizione gli strumenti per scongiurarle o almeno limitarne i danni. Secondo questa logica non ci sarebbero più state catastrofi naturali, ma solo catastrofi morali, dovute all’arbitrio dell’uomo e pertanto evitabili.

Più nessuna casualità. Ciò che accade non è mai imprevedibile: vi sono sempre, a monte, inadempienze, disattenzioni, incompetenze, omissioni, che non ne hanno impedito il verificarsi.

Questa promessa, affascinante e liberatoria visione di un mondo che usciva dal fatalismo e pareva preludere all’assoluto dominio sulla Natura, è destinato a naufragare miseramente con la fine della modernità. Una promessa più tradita che ritirata, se a tre secoli di distanza, scienziati ed esperti vulcanologi, di fronte al sisma che ha sconvolto l’Aquila – di fronte ai tragici eventi che continuano a colpire il nostro territorio – dichiarano che “i terremoti non si possono prevedere”, confortati dai loro colleghi di tutto il mondo, nelle parole dei quali echeggia il timore che la scienza possa essere ritenuta responsabile degli eventi naturali.

Una dichiarazione di resa di fronte alla Natura, un passo indietro rispetto a Rousseau e un’altra ferita mortale all’idea di progresso, su cui si fondava la speranza di un mondo migliore.