Donne di Fatto

Siamo persone, non beni di proprietà

In una società ormai incapace di tutelare le fasce più deboli della popolazione, avviene che una ragazzina di 17 anni si assuma la responsabilità enorme di salvare la sorella diciottenne, che gli adulti non hanno voluto proteggere. Con l’ultimo femminicidio commesso venerdì scorso a Palermo in cui Carmela Petrucci è stata uccisa mentre tentava di difendere la sorella Lucia dalle coltellate dell’ex fidanzato ventitreenne di quest’ultima, emerge l’urgenza non più procrastinabile di mettere a punto un piano nazionale che miri ad arginare la violenza verso le donne. Più di 100 sono state uccise da inizio anno.

C’è una motivazione comune che lega questi delitti ed è l’incapacità da parte degli assassini di accettare che la compagna, di un’estate o di una vita, determini la fine del rapporto, prenda cioè in modo autonomo una decisione che avrà ripercussioni sulla loro vita. Ricordo che ero ragazzina quando mia madre mi spiegò che quel giorno veniva abolito il delitto d’onore, ed era solo il 1981. Ed era ancora come fosse ieri, che mia nonna materna si infilò guanti e cappello, guardò il marito in poltrona e gli comunicò: “Io vado a votare”.

Era il 1946 ed era la prima volta che era autorizzata a farlo. Da poco, veramente da pochi anni, noi donne stiamo faticosamente cercando di autodeterminare la nostra vita, sia nel lavoro sia nel privato e questo cambiamento epocale ha alterato in modo irreversibile la relazione tra uomini e donne, portando un comprensibile disorientamento tra chi per anni aveva goduto di un potere di scelta totale all’interno della coppia. Se siamo d’accordo nel ritenere che i cittadini di un Paese civile non sono l’effetto del caso, bensì il frutto di un processo educativo, dobbiamo riconoscere che nessun processo formativo ha accompagnato questo potente cambiamento. E mentre la scuola, che avrebbe potuto e dovuto fornire percorsi di educazione alla relazione e alla sessualità, veniva sistematicamente resa sempre più impotente, l’altro importante agente di socializzazione, la televisione, agiva da indiscussa proponitrice di modelli obsoleti dove le donne, e in particolare le giovani donne, venivano presentate come oggetti, decorazioni, deumanizzate dunque, belle cose da possedere che non chiedevano alcun tipo di sforzo relazionale.

È necessario agire, e subito. Serve potenziare la scuola, dare agli insegnanti gli strumenti adeguati per educare i ragazzi alla relazione, servono corsi di aggiornamento, personale adeguato. Ma più di tutto è necessario che gli adulti, uomini e donne, comprendano che questa è una priorità.

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Il Fatto Quotidiano, 21 ottobre 2012