Politica

Pdl tra ex An e neocon. E Cicchitto: “I voti non li prende solo Berlusconi”

Il capogruppo chiede di "rompere gli ormeggi". Ma per l'ex sottosegretario Daniela Santanché "ormai il dado è tratto e Berlusconi ha deciso. Ritiene conclusa l'esperienza del Pdl perché non riesce a cambiarlo". Quindi l'idea, pare, sia quella di "darsi da fare per costruire una cosa nuova". Una "entità che dovrebbe nascere dal basso, dalla società"

Che siano centripete o centrifughe ci sono più forze che stanno premendo sul Pdl; i fedelissimi che scalpitano, gli ex An che puntano alla riorganizzazione, quelli che si definiscono “neoconservatori” che scrivono il manifesto della Nazione. E infine quelli e quelle che sperano che il Caimano torni in pista o sul predellino pronto ad azzerare tutto per fondare un nuovo partito. Intanto quello vecchio, già Forza Italia, si sta dissolvendo ai piedi di un Capo che, nell’impasse, va in vacanza in Russia per festeggiare il compleanno del suo amico Vladimir Putin. E così mentre Silvio Berlusconi temporeggia il suo partito si frantuma.

Il fedelissimo Cicchitto: “I voti non li prende solo lui”.  Il capogruppo Pdl alla Camera scalpita, vede che gli altri, pur nel confronto come il Pd si organizzano e scendono in campo come Vendola, mentre la sua formazione non fa nulla. ”Il Pdl si deve autorinnovare, non essere bombardato” spiega alla Stampa. Certo “sono necessari un nome nuovo e nuovi volti, ma poi bisogna prendere i voti” e “i voti oggi per il Pdl e il centrodestra sono la somma di ciò che porta Berlusconi, ma anche il frutto del lavoro sul territorio di deputati, senatori, consiglieri regionali e comunali e dei giovani del movimento giovanile”. Insomma, se mister B. pensa che da solo vale il 9% come detto in una delle ultimissime riunioni, anche altri sono in grado di portare gli elettori del centrodestra alle urne. Lo scandalo dei fondi nel Lazio, con l’arresto del capogruppo alla Pisana Franco Fiorito, “ha complicato le cose, ma non si può buttare tutto dalla finestra per eliminare Fiorito”. Nel partito argomenta Cicchitto “esistono giovani bravissimi compressi da anziani prepotenti ma anche personalità mature che hanno un loro prestigio e sono in grado di dare contributi positivi”. Ma “il punto vero è riprendere l’iniziativa sul piano politico e definire la leadership: la mancanza di questi elementi ci pesa moltissimo: se avessimo Berlusconi in pista, o Alfano scelto con le primarie, la nostra situazione sarebbe migliore. Invece siamo spettatori delle primarie del Pd e dei tatticismi di Casini, fermi in una situazione contemplativa. O Berlusconi rompe gli ormeggi o Alfano si cimenta insieme agli altri, giovani o anziani, che siano, nelle primarie”. Il Cavaliere, insomma, deve decidere se scendere in campo o meno: “Sono mesi che aspettiamo Godot” e “non si può rimanere ad aspettare fino a cinque giorni prima delle elezioni”. Non importa se sarà Berlusconi o Alfano “a guidarci alle elezioni. Però dobbiamo decidere subito”. Il tempo passa e le elezioni saranno in primavera. Comunque, non ho nessuna posizione pregiudiziale sul cambio del nome, si chiami Centrodestra d’Italia o in qualsiasi altro modo. Ma tutto deve essere accompagnato da regole. Basta con le logiche verticistiche e la cooptazione. Nel partito facciamo votare gli iscritti”. 

Alemanno, Gasparri e gli ex An. Ci sono poi quelli che stavano con Fini, nella ex Alleanza Nazionale, e a scissione definita tra il presidente della Camera e l’ex presidente del Consiglio, hanno scelto di stare dalla parte del secondo. Il sindaco di Roma però ha già fatto sapere di pensare che sia inopportuno presentarsi almeno a Roma sotto l’egida del Pdl e Maurizio Gasparri chiede “più decisioni che riunioni. Alfano ne ha proposte di concrete a Berlusconi. Le attuino”. Oggi al coro si unisce Marcello De Angelis, ex An, deputato Pdl e direttore del Secolo, che in alcune interviste, dà quasi un aut aut al Cavaliere”Berlusconi pensa sempre di incarnare il valore aggiunto. Benissimo, faccia la sua lista che prenderà magari il 10, 25%. Ma anche noi possiamo e dobbiamo dare il nostro contributo – dichiara al Messaggero – raccogliendo, che so, il 10-15% dei voti. Saremo la bad company del centrodestra? Bene ma spesso le bad company nelle mani giuste danno risultati insperati”.  E poi “ho letto che Berlusconi se ne vuole andare dal Pdl – ragiona con Repubblica – a me, a noi, il Pdl non fa affatto schifo, se a lui non interessa più ce lo lasciasse”. Per De Angelis “può anche convenire a tutti fare due partiti, da una parte lui con chi vuole e dall’altra noi “non solo gli ex An” ma “tutti quelli che vogliono che la macchina vada avanti”. Come diceva Mao Tse Tung: marciare divisi per colpire uniti”. 

Santanché: “Il dado è tratto”. Per l’ex sottosegretario Daniela Santanché, invece, Berlusconi non è incerto o stanco, ma ha già deciso tutto. “Ormai il dado è tratto e Berlusconi ha deciso – sostiene la deputata fuoriuscita dalla La Destra – ritiene conclusa l’esperienza del Pdl perché non riesce a cambiarlo”. Quindi l’idea, pare, sia quella di “darsi da fare per costruire una cosa nuova”. Una “entità che dovrebbe nascere dal basso, dalla società, dovrò rifiutare il finanziamento pubblico e affidarsi alle donazioni dei privati attraverso meccanismi di trasparenza”. E in questa ottica lo stesso Cavaliere sarebbe pronto a guidare di nuovo il centrodestra. Insomma deciso a ricandidarsi con un nuovo simbolo e nome nuovo.  

I neoconservatori del manifesto per la Nazione. C’è poi l’iniziativa che accomuna molte anime sotto un unico ombrello di valori. Ecco quindi il “manifesto per il bene comune della Nazione”, titolo del documento “neoconservatore” proposto da Gaetano Quagliariello, vicecapogruppo vicario dei senatori Pdl,  dall’ex ministro Maurizio Sacconi della Fondazione Magna Carta,  da Gasparri di Italia protagonista,  dal presidente della Lombardia Roberto Formigoni di Rete Italia, dall’ex ministro Mariastella Gelmini di Liberamente e Alemanno della Nuova Italia. Con l’obiettivo di sostenere i temi tradizionali “come la difesa della vita, della famiglia e della comunità”. Contribuendo, si legge nel documento, “alla rielaborazione delle idee liberali e comunitarie per declinare alla luce delle sfide del presente e del futuro i valori della nostra tradizione nazionale. Solo dai conservatori delle cose buone, infatti, può venire un’autentica spinta al cambiamento e alla modernizzazione”. Ma nel frattempo tutto sembrare restare uguale in un immobile limbo.