Cronaca

Napoli, il “pacco” ai tempi di iPhone e Tablet

“Exusemi…ai speki englisc? Yes, exusemi  gliù bisiness : aifone, tablette, cellular, videocamera, fotografic? Iz cost affare, beatifull”. L’inglese-napoletanizzato non è proprio perfetto. Però la gestualità, la mimica tolgono ogni ombra di fraintendimenti abbattendo i confini d’interpretazione. Sono i venditori, i piazzisti, i pacconisti.  

A Napoli c’è una precisa mappa e toponomastica delle truffe perché di questo si tratta: piazza Garibaldi, corso Umberto, via Pietro Colletta, via dei Tribunali, Porta Capuana, zone di transito per la stazione ferroviaria. Con gli autobus turistici in sosta lungo via Marina i professionisti del ‘pacco’ si sono spostati anche verso il molo Beverello e, in flotta, ai Quattro Palazzi: è qui che aspettano i turisti, li studiano e scelgono quelli che possono abboccare all’amo. Consumata la truffa scompaiono nel dedalo di viuzze all’ombra della chiesa di Sant’Egiziaca a Forcella. La mercanzia, quella in visione, è originale e funzionante. L’attenzione è sull’oggetto hi-tech: il vero talismano della felicità. Il prezzo di partenza è appetibile ad ogni latitudine e longitudine. Il turista-crocerista-avventore strabuzza gli occhi. Già fiuta l’affare. E’ come vincere un trofeo e mostrarlo in patria: l’ho acquistato a Napoli. Comincia la contrattazione. Si parte da un prezzo alto (comunque inferiore a quello di mercato). Sembra di essere alla Borsa. La trattativa è serrata. Cento euro. Cinquanta euro. Venticinque euro. Prima di accordarsi c’è  tensione. Lo impone il copione. E’ psicologia da strada. L’affare è cosa fatta. I movimenti sono veloci. Sono svelti di mano e di parola. E’ illusionismo da vicolo. Sono malfattori e truffatori incalliti. Imbroglioni di nascita. Si muovono come sulle tavole del palcoscenico. Sincronismi perfetti. Teatralità e recitazione. E’ una tenaglia. La merce esposta e fatta vedere si sostituisce sotto il naso con quella preparata in precedenza e contenente tutt’altro. Dell’originale resta imballaggio e peso. E’ la regola. E’ un gioco di prestigio, una manipolazione. Resta di stucco è un barbatrucco. Oltre al venditore c’è sempre la spalla e il compare. Generalmente la spalla possiede un piccolo negozio oppure una bancarella dove si appoggia il venditore e dietro la schiena o sotto un banco avviene il passaggio della busta con la confezione ‘pezzottata’ uguale a quella vera. Al compare il compito delicato di distrarre per l’acquirente nel passaggio di mano.  

Sanno a memoria cosa devono fare. Prende forma il ‘pacco’ made in Naples. E’ famoso e diffuso in tutto il mondo quanto la pizza. E’ la più vecchia delle truffe. Resiste nel tempo. Sono almeno 80 anni che si pratica. E’ diventato elemento culturale ed emblema di furbizia ma anche termine gergale: ‘Mi hanno fatto il pacco’. Ne hanno preso spunto anche trasmissioni televisive di successo.

Quest’arte illegale nasce durante l’occupazione tedesca negli ambienti della borsa nera a Forcella e alla Duchesca. Si è evoluto con gli americani e cresciuto con il mercato delle sigarette di contrabbando e gli stereo delle auto. Torna in auge con le macchinette digitali e le videocamere. E’ boom con gli orologi, i telefonini ed i Pc portatili. Adesso si sfrutta il genio di Steve Jobs. L’iPhone e i tablet sono il nuovo affare. Gli oggetti sognati a prezzi stracciati. E’ questione di marketing. Il veterano dei paccottisti è appollaiato nei pressi dell’albergo Terminus a pochi passi dalla Stazione centrale oppure davanti al bar Mexico. Un paio di volte a settimana è di ‘servizio’ al molo Beverello – altezza terminal delle navi da crociera – e aspetta. E’ un truffatore. E’ un ‘personaggio’ noto ai terminali della Questura di Napoli. La sua fedina penale è lunga una ventina di pagine. Entra ed esce dal carcere di Poggioreale. Insomma non è  uno stinco di santo. Lo incontro e l’ascolto. Questo so fare. “Si può dire che mio nonno ha inventato il ‘pacco’ a Napoli. Ne vado fiero. Io somiglio più a lui. Mio padre, invece, non era tanto portato. Era più un ‘compare’. Ho perso il conto di quanti fermi e arresti ho collezionato in 45 anni di vita. Sono un truffatore. E’ vero. Però non ho mai commesso una violenza. Mai”. “Mio padre raccontò a Nanni Loy i trucchi del “mestiere” che finirono nel celebre film ‘Pacco, doppio pacco e contropaccotto’. 

A Napoli siamo rimasti in pochi del mestiere, molti  vanno a ‘lavorare’ al Nord nei parcheggi degli autogrill e davanti ai centri commerciali. Lo so, le persone oneste pensano: guarda un po’ a questo. Come si permette? E’ vero faccio il malvivente, sono un delinquente e vivo di espedienti: lo ammetto, ci mancherebbe. Sono stato già due volte condannato con pena definitiva. Però dico e non voglio giustificarmi : il cliente che acquista il ‘pacco’ non è molto diverso da me. Come puoi pretendere di pagare un oggetto che costa mille euro ad esempio a cento euro? Lo sai che è rubato. Lo sai che non rilascio lo scontrino”. “A modo mio sono onesto. Odio i camorristi, gli scippatori e gli spacciatori. Non ho mai voluto dare il pizzo sui ‘pacchi’ e ne ho subito le conseguenze”. La carrellata di trucchi e raggiri lascia attoniti. Sembra davvero di essere precipitati in un film di Totò. C’è il succo di frutta fatto passare per un smartphone a 100 euro oppure il pacco di sale rifilato al posto di un Pc portatile a 200 euro. Quest’ultimo è un articolo molto gettonato tra i truffatori. C’è una tecnica collaudatissima. Si mostra la borsa con il computer vero poi la si sostituisce con una borsa uguale con la cerniera incollata. E’ un modo per far rallentare una eventuale verifica immediata o un ripensamento, ma sopratutto per impedire di scoprire che la borsa contiene due scatole di sale fino appoggiate ad un cartone sagomato a forma di Pc. C’è la macchina fotografica digitale professionale smerciata a 50 euro ma al suo posto nello scatolo ci trovi una bottiglietta d’acqua da mezzo litro. L’iPhone a 16 Gb venduto a metà prezzo ma scambiato con un pezzo di compensato ricoperto da una placca di ferro oppure venduto nella sua confezione originale ma contenente solo un led e una batteria: giusto per far illuminare la mela Apple con la scritta ‘low battery’.

La videocamera sostituita con due saponette. Due piastre di metallo e un foglio di cartone spacciate al posto di un iPad proposto in vendita inizialmente a 600 euro, ma poi crollato a 200, prezzo pattuito grazie anche ad uno dei classici espedienti del ‘pacco’ doc: l’arrivo del complice. Due contrattano, il terzo s’infiltra per contendere l’iPad all’avventore di turno e spingerlo all’acquisto. Adesso il nuovo business è il Tablet, la tavoletta in grado di riprodurre contenuti multimediali e navigare su Internet. E’ la novità del ‘pacco made in Forcella’. C’è un gruppetto in ‘servizio’ all’angolo tra piazza Nicola Amore (nota come i Quattro Palazzi) e via Duomo che aspetta i turisti diretti a san Gregorio Armeno (la strada dei pastori) e alla Cattedrale. Il prezzo oscilla tra 200-250 euro ‘trattabili’ ma poi al momento giusto nella custodia ci finisce una piastrella maiolicata. L’ultima tendenza, ancora di nicchia e sperimentale, corre sul web e abbraccia l’e-commerce: si tratta dei finti annunci sui siti d’acquisto on line specializzati. Ad esempio una coppia di irpini si sono visti recapitare invece del robot da cucina Vokwerk Bimby – tipico regalo di nozze – venduto a 550 euro un pacco contenente un vecchio frullatore da cucina, delle tazzine e un paio di sassi, giusto per fare peso. Della serie  pacco, doppio pacco e contropaccotto.

Appunto.