Politica

Primarie del centrosinistra: corrono in tanti, ma nessuno sa come. E il Pd rischia

Bersani, Vendola, Renzi, Boeri... gli aspiranti premier del fronte progressista crescono, ma a oggi non sono state fissate né regole né date per le consultazioni. Che potrebbero rivelarsi insidiose, soprattutto per i democratici, già scottati a Milano, Genova e Palermo

Primarie di coalizione, la squadra c’è, ma la quadra no. E il nascente Polo della speranza dovrà presto fare i conti con le regole della corsa. Dalle retrovie spuntano ipotesi di sbarramento per neutralizzare i rischi di inquinamento del voto e di improvvidi sorpassi sulla reale rappresentatività nella coalizione. Si parla di primarie col filtro, aperte o chiuse, a doppio turno con ballottaggio. Nel campo del centrosinistra i titolari ufficiali da ieri sono tutti piazzati: con la maglia tricolore del Pd Bersani sta in difesa, Renzi e Boeri in posizione di attacco, Nichi Vendola corre sulla fascia sinistra con la casacca rossa di Sel e Bruno Tabacci fisso al centro coi calzoncini blu dell’Api. Tutti pronti a correre e tirare.

I 4,5 MILIONI DI VOTI DI PRODI: DIFFICILE BISSARLI. Ma alla grande partita dei progressisti per il candidato premier del 2013 manca tutto il resto: non ci sono le regole del gioco, non c’è l’arbitro e neppure il fischio d’inizio (“entro l’anno”, è l’impegno). Sarà un tavolo tecnico della coalizione a metterle nero su bianco. Nel frattempo, giusto per tenersi allenati e prendersi le misure prima della pausa estiva, i titolari si tirano gran pallonate tra loro, con Vendola che dice di “non essere preoccupato da Renzi”, Boeri che accusa Bersani di non avere il quid proprio come Alfano e così via. Ed è solo l’antipasto. Perché è nel gorgo delle regole e delle date che se ne vedranno delle belle. Dagli spalti c’è chi tifa e chi gufa, chi medita e chi teme imboscate. I bookmaker non si sbilanciano sull’esito e a bordo campo qualcuno scrolla la testa: no, stavolta non ci sarà il bagno di folla che consacrò Prodi nel 2005 con 4,5 milioni di voti.

Al di là degli annunci enfatici di queste ore – tutti scritti su carte di intenti – il tema è che il passo avanti di ieri del Pd e la candidatura ufficiale di Vendola non dicono molto di più su quanto sono lontane e quanto saranno autentiche le primarie del centrosinistra. Il sospetto è che per ora si parli del nulla, esternazioni come test anticipati sulla popolarità dei singoli o strumentali a muovere equilibri su tutt’altre questioni, come la legge elettorale e le alleanze.

Che le regole siano in alto mare lo confermano gli “uomini delle primarie”. Non i candidati, ma i fedelissimi di Nichi Vendola e Pierlugi Bersani che i due leader hanno deputato da tempo il compito di scrivere regolamenti, mediare posizioni e organizzare il confronto che porterà all’investitura finale del leader maximo. Alcune domande scomode le evadono rimbalzandole a fondo campo “è tutto da decidere, ne discuteremo in coalizione”. Ma intanto emergono con chiarezza i temi ineludibili della dispersione e dell’inquinamento del voto.

Il Pd infatti deve arginare in qualche modo il rischio di subire l’opa della sinistra radicale minoritaria come a Milano, Genova e Palermo. Potrebbe ripetersi a livello nazionale visto che Bersani pesca nell’elettorato fedele all’ortodossia Pd, Renzi nel sottobosco dei giovani che stanno a sinistra guardando a destra, Boeri si porta via un pezzo dell’elettorato milanese che conta e quel ceto medio professionale che apprezza gli outsider della politica. Poi arriva un Vendola a prendere i voti della sinistra progressista e nostalgica e a far saltare il banco. Sarebbe un terremoto per i democratici: il Pd che lancia le primarie per rafforzare la leadership del segretario e ne esce mortificato, battuto da un candidato che invoca i matrimoni gay quando il partito tutto rischiava di implodere solo a parlare di regolarizzazione delle coppie di fatto. E ora questi rischi toccherà pure metterli sul tavolo, pesarli, conterli. Comunque discuterli.

I TECNICI PENSANO A QUORUM E BALLOTTAGGI. Ancora una volta, la mediazione spetterà ai professionisti delle primarie. Nico Stumpo è responsabile nazionale dell’organizzazione del Pd e non nega il rischio che la conta dei voti premi altri candidati: “Bersani – dice – ha deciso di non nascondersi dietro lo statuto che pure lo designava a premier e di andare alla conta dei voti con altri candidati. Siamo convinti che questo coraggio gli sarà riconosciuto. Poi i problemi del rischio delle truppe cammellate, dell’inquinamento del voto e tutto il resto devono essere discussi nel quadro delle regole di coalizione per non essere travolti da questa modalità. Ma non c’è una soluzione tecnica e politica pronta per l’uso”.

E infatti ci sono in campo diverse ipotesi. Ne parla ad esempio il senatore Filippo Ceccanti che ha scritto le regole per le primarie del Pd del 2007. “Ci sono alcuni problemi evidenti sul tavolo. Il primo è che ci deve essere un quorum significativo, soprattutto per una candidatura a premier. Collegato a questo il tema della rappresentanza, cioè che chi vince non passi solo perché ha un elettorato più militante, ma perché è effettivamente più rappresentativo della coalizione. Rischi che sono alti con le primarie a turno unico e che si riducono con un ballottaggio a doppio turno. Anche la competizione interna al Pd non andrebbe a scapito del risultato perché al ballottaggio passerebbero due candidati del partito o uno solo in concorrenza con un outsider”.

Nelle stesse ore questi stessi ragionamenti li fa anche l’omologo professionista delle primarie di Sel, il braccio destro di Vendola in Puglia, Nicola Fratoianni. Segue Nichi dal 2004 e ne ha organizzato le primarie trionfali. “Queste cose non le abbiamo discusse in nessuna sede e saranno ovviamente oggetto di confronto. Il tema dell’inquinamento mi pare pretestuoso, salta fuori ad ogni tornata di primarie. Ma ricordo bene, perché c’ero, che se ne parlò anche nelle primarie del 2010 per la Regione Puglia. Casini era fortemente interessato che ha vincerle fosse Boccia e si dichiarava pronto a sottoscrivere un’alleanza col centrosinistra qualora avesse vinto. Neppure in quel caso la mobilitazione di voti extra coalizione hanno poi pesato sul risultato e Vendola stravinse. Ora il Pd mutua l’ipotesi francese del doppio turno ma il terreno delle regole è il primo in cui si confronta l’intenzione di creare una coalizione. Poi ci saranno i programmi e l’analisi dei punti di convergenza che possano rendere solida costruzione delle forze progressiste di questo Paese”.

Vendola rischia un rinvio a giudizio, è candidabile? Sarebbe un problema? I primaristi del Pd non commentano (“il partito ha le sue regole su questo, altri faranno in base specifiche sensibilità”) e Fratoianni ricorda che il presidente della Puglia è già stato assolto nel 2010 per una vicenda simile (nomina di favore a un primario). Tra un mese le regole saranno il tema. La speranza del nuovo Polo deve prima passare di qui.