Economia & Lobby

La crisi fa male alla salute

Nel 2013-2014 il sistema sanitario dovrà realizzare risparmi per 8 miliardi. Esperienze di altri paesi, non ultima la Grecia, mostrano che una grave crisi economica e politica ha dirette ripercussioni sullo stato di salute dei cittadini. Perché aumenta lo stress psicologico legato all’incertezza e perché la diminuzione del reddito non consente più l’accesso ad alcune cure. Ancora più gravi le conseguenze se a essere messo discussione è l’intero sistema istituzionale e di stato sociale. Il ruolo di collante dell’unità nazionale svolto in passato dal Ssn.

di Stefania Gabriele e George France* (fonte: lavoce.info)

La manovra del luglio 2011, oltre ai nuovi ticket per visite ed esami specialistici (circa 800 milioni a regime), ha programmato per il Sistema sanitario nazionale 8 miliardi di risparmi da realizzare nel 2013-14 attraverso misure, da definire in accordo con le Regioni, concernenti la spesa farmaceutica, per il personale e per dispositivi medici e l’introduzione di ulteriori ticket. E probabilmente non è finita qui. È presto per verificare le possibili conseguenze della manovra in sanità, ma si può avanzare qualche riflessione.

La salute dopo i tagli

Un rapporto dell’Unicef riporta il caso particolarmente grave dei paesi in transizione dal socialismo reale all’economia di mercato: in Russia, Estonia, Lituania, le difficoltà si sono tradotte addirittura in un cambiamento delle tendenze demografiche (aumento del tasso di mortalità, riduzione della fertilità e dei matrimoni), un evento eccezionalmente raro. La spiegazione può essere cercata nella crisi economica, con conseguente incremento della disoccupazione e della povertà, nell’aumento dell’alcolismo e nel degrado dei servizi sanitari, ma un fattore fondamentale è stato individuato nell’aumento dello stress psicologico e nello sconquassamento generale delle istituzioni.
Oggi, la 
Grecia sprofonda in una grave crisi economica e politica, che ha dirette ripercussioni sulla sanità: stato di salute dichiarato in peggioramento e aumento delle rinunce a visite mediche, spesso per motivi di accesso fisico; per gli ospedali, riduzione del 40 per cento dei bilanci, carenze di personale, probabile uso di mance per saltare le code, aumento dei ricoveri nel settore pubblico (+24 per cento nel 2010 e +8 per cento nella prima metà del 2011) e diminuzione nel privato (-25/30 per cento); aumento dello stress sociale, segnalato dall’incremento dei suicidi (+17 per cento nel 2009 rispetto al 2007, +25 per cento nel 2010 e +40 per cento nella prima metà del 2011), legati spesso all’indebitamento; raddoppio degli omicidi e dei furti tra il 2007 e il 2009; aumento delle infezioni da Hiv del 50 per cento nel 2011; diminuzione dei soggetti in grado di ottenere indennità di malattia; aumento dell’uso, da parte dei greci, delle “ cliniche di strada” gestite dalle ong, prima frequentate dagli immigrati (dal 3-4 per cento al 30 per cento). (1) Un rapporto Unicef-università di Atene denuncia la presenza di 439mila bambini in famiglie (il 20 per cento del totale) sotto la soglia di povertà, con diffusi problemi di denutrizione e condizioni di vita malsane, casi di svenimenti a scuola, ritorno del lavoro minorile. (2)
In definitiva, sembra che gli 
effetti dei risparmi in sanità, attuati in fase di recessione, possano essere più o meno gravi a seconda delle diverse: 1) condizioni epidemiologiche e il livello tecnologico delle cure richieste; 2) capacità di gestire i tagli secondo criteri di costo-efficacia invece di ridurre l’accesso; 3) grado di aumento del rischio sociale; 4) tenuta delle istituzioni.

Come sta l’Italia

In Italia la mortalità è legata alle patologie dell’età matura, che richiedono trattamenti costosi e un mix di interventi sanitari e assistenziali. Pertanto i tagli di spesa solo in parte possono essere compensati da una più mirata allocazione delle risorse o controbilanciati da un progresso tecnico cost saving.
Il sistema è complessivamente 
poco costoso (spesa sanitaria pubblica/Pil nel 2009 pari al 7,4 per cento, inferiore a Francia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti), ma sottoposto da anni a una ristrutturazione difficile. Il deficit complessivo del Ssn, pari al 5,1 per cento del finanziamento nel periodo 2001-2005, è calato al 2,3 per cento nel 2010: il Lazio ha ridotto il disavanzo del 36 per cento, la Campania del 43 per cento e la Sicilia dell’89 per cento. Tuttavia, non sono garantiti ovunque i livelli essenziali di assistenza, resta “critica” la posizione di sei Regioni. (3)
A metà degli anni Novanta i tagli della spesa pubblica sono stati compensati da un aumento di quella privata. Tra il 2007 e il 2009 le famiglie hanno sofferto un consistente calo del reddito disponibile, ma la 
spesa privata per servizi sanitari è cresciuta dell’8,1 per cento, contro il +2,6 per cento del consumo totale. (4)
I bisogni insoddisfatti dichiarati di visite mediche per 
barriere di accesso sono aumentati del 13 per cento nel 2009 rispetto al 2007, recuperando un poco nel 2010 (-5 per cento), in coincidenza con la breve ripresa; quelli motivati dal costo eccessivo sono arrivati all’8,9 per cento nel 2008 nel primo quintile di reddito (il 20 per cento di famiglie più povere) e al 14 per cento per le visite dentistiche, per poi calare al 7,2 per cento. (5)
Non siamo ancora in grado di valutare se i futuri risparmi di spesa saranno selettivi o indiscriminati, ma è difficile non peggiorare le condizioni di accesso fisico ed economico, soprattutto laddove le capacità amministrativo-gestionali sono scarse e dove sono più forti le pressioni di interessi privati. Eventuali modifiche al sistema delle compartecipazioni, come 
la recente ipotesi di introduzione di una franchigia, devono essere studiate attentamente.

Ma l’impatto più grave si realizza quando alla caduta del Pil pro-capite si affianca la messa in discussione dell’intero sistema istituzionale e di stato sociale. Un attacco drastico alla sanità potrebbe suscitare reazioni allarmate da parte dei cittadini e potrebbe alimentare l’insoddisfazione sociale, anche per il ruolo di collante dell’unità nazionale svolto in passato dal Ssn. Qualora poi il livello di rischio sociale dovesse aumentare significativamente, come in Grecia, e come segnalato dall’intensificarsi dei suicidi riportati dalle cronache, le conseguenze potrebbero divenire “sistemiche”, perché ai problemi di accesso fisico o economico alle cure si aggiungerebbe un rilevante aumento dello stress sociale, dovuto alla maggiore incertezza. Tanto più che il welfare italiano soffre già di gravi limiti e carenze – non si dispone di un sistema universale di long term care, né di sostegno al reddito – e i pochi finanziamenti per l’assistenza sono stati drasticamente tagliati. Anche la questione della lunghezza dei tempi di pagamento ai fornitori da parte del Ssn può diventare esiziale per le imprese in una fase di stretta sul credito, con ricadute economiche e sociali.
Infine, l’irrigidirsi del vincolo di bilancio, concordato a livello europeo, potrà provocare una degenerazione dei rapporti intergovernativi, con accrescimento dei tentativi reciproci di spostare la responsabilità politica dei tagli e possibile rifiuto della concertazione da parte delle Regioni. Più in generale, va riconosciuto che in questa fase la debolezza del sistema politico nazionale e una sottovalutazione a livello europeo dei problemi di tenuta democratica dei paesi sottoposti a una forzata, e sempre più controversa, austerità giustificano una certa inquietudine. 

(1) http://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(11)61556-0/fulltext
(2)
 http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2012-04-06/unicef-grecia-439mila-bambini-192328.shtml?uuid=AbZAS9JF
(3)
 http://www.salute.gov.it/imgs/C_17_pubblicazioni_1534_allegato.pdf
(4)
 http://www3.istat.it/dati/catalogo/20110523_00/
(5)
 http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/health/public_health/data_public_health/database

 *George France è dirigente di ricerca associato dell’ISSiRFA – CNR (Istituto di studi sui sistemi regionali federali e sulle autonomie “Massimo Severo Giannini”).