Diritti

Una voce fuori dal coro

Certamente in molti non saranno con quanto scrivo. Ci penso da qualche giorno. Di cosa si tratta? Ultimamente ci sono state manifestazioni pacifiche a tutela dei diritti dei disabili (e non solo).

Ho pensato a lungo su cosa sento dentro e per una forma di infinito rispetto democratico mi sono astenuta dall’esprimere qualsiasi commento fin quando non ho sentito che il mio pensiero più limpido e sincero si è materializzato nel mio intimo quotidiano.

Non ho mai partecipato ad alcuna forma di manifestazione. Non ci credo.

Credo nella comunicazione, credo nella Costituzione e nella legge , ma non credo nella “piazza”.

In realtà la mia incertezza divenne meno incerta anni fa quando mi recai ad una manifestazione per salutare una mia amica, mamma di un’allora bambina disabile. Ebbi una sensazione molto forte. Pensai: “no”.

Non credo sia questa la strada. Non credo che la disabilità e i diritti che la circondano saranno davvero mai conquistati con la piazza. Forse si potrà ottenere qualcosa di scritto sulla carta ma non sarà metabolizzato se non attraverso l’esperienza.

Che cos’è per “gli altri” la disabilità? A volte mi chiedo cosa gli occhi della gente vedono incontrando Diletta. E’ solo ipocrita pensare che chiunque debba essere preparato ad essere egualmente indifferente. La diversità trova impreparati. Ed è inutile parlare di non diversità perché forse andrebbe approfondito il tema della diversità universale e di quanto essa stessa metta in discussione preistoriche pratiche di discriminazione.

Siamo tutti uguali ? O siamo tutti uguali perché ognuno di noi, così diverso, intrinseca con il resto del mondo alcune caratteristiche ? Banalizzando il concetto credo si possa pensare alla quantità. Quanto più siamo abituati a vivere qualcosa, a vedere qualcos’altro tanto più il nostro cervello si apre al ragionamento e quindi al mondo nella sua interezza.

Rivendichiamo diritti per categorie umani : disabili, malati, lavoratori, padri separati, … e tutto questo è giusto. Ma davvero raggrupparsi ed auto discriminarsi “aiuta ad aiutare” l’inclusione ? Davvero mia figlia è uguale agli altri? O uguali agli altri sono i suoi diritti ? O ve ne sono di più? O vene sono di maggiormente appetibili? E davvero nella parola disabilità possiamo includere ogni singola situazione di patologia invalidante ?

Non ho risposte ma solo riflessioni. Orientativamente vorrei che i diritti che già esistono fossero rispettati e che ove gli stessi fossero messi in discussione ci fosse una vera azione di forza legale attraverso gli strumenti di procedura che abbiamo a disposizione .

La piazza divisa in categorie a mio modesto giudizio discrimina il già discriminato e favorisce le mani nascoste dietro le dita di chi punta alle strage dei più deboli.