Mondo

Nigeria, i retroscena del blitz e le incongruenze delle ricostruzioni

«Proviamo a fare un ragionamento con i se, anche se vale poco di fronte alla morte di due ostaggi». La fonte britannica, raggiunta via skype, si sistema davanti alla webcam prima di cominciare: «Se il blitz fosse andato bene, se Chris McManus e Franco Lamolinara fossero stati liberati, a quest’ora ci sarebbero parole di elogio per i commandos dell’Sbs e per l’intelligence di Sua Maestà e l’Italia, soprattutto non direbbe di non essere stata avvisata, ma parlerebbe di con ogni probabilità di un buon esempio di coordinamento e cooperazione tra i nostri due paesi». Il blitz in Nigeria, però, è andato male e come sempre in questi casi, bisogna cercare delle responsabilità, perché due ostaggi, due civili, sono stati uccisi.

La dinamica dei fatti è ancora da chiarire. Le versioni sono almeno due: secondo il governo britannico, i due ostaggi sono stati uccisi con un colpo alla testa appena i miliziani, probabilmente legati al gruppo terroristico islamista Boko Haram, si sono resi conto che il raid era scattato. Secondo una parte della stampa britannica, invece, McManus e Lamolinara sono stati uccisi dal “fuoco amico” nel corso dell’incursione, a cui hanno partecipato i commandos dello Special Boat Service e una trentina di Royal Marines, piazzati in Nigeria già da alcuni giorni proprio a questo scopo. L’autopsia sui corpi dovrebbe dare più spiegazioni. In attesa di questi dettagli, il sindaco di Gattinara (Vercelli), il paese di Lamolinara, aspetta prima di esprimere giudizi: «Nessuno di noi intende trarre conclusioni affrettate», dice Daniele Baglione.

Nella ricostruzione del quotidiano britannico The Independent, l’Sbs avrebbe chiesto a Londra il via libera per il blitz quando, dalle intercettazioni effettuate sul gruppo di rapitori, è emerso che i due ostaggi stavano per essere venduti a un altro gruppo – una pratica non infrequente – forse più estremista, che avrebbe potuto ucciderli e trasformare la loro morte in un “evento politico”, oltre che tragico. A suffragare questa ipotesi, le minacce di qualche settimana fa, in un video dei Boko Haram, in cui venivano annunciati, appunto, nuovi rapimenti di occidentali. Il rapimento di McManus e Lamolinara, sequestrati a maggio dell’anno scorso, era stato rivendicato in un video diffuso a dicembre e attribuito ad Al Qaeda nel Sahel, l’articolazione locale della galassia jihadista che usa il “brand” della rete fondata da Osama bin Laden.

«Dal punto di vista operativo e politico – prosegue la nostra fonte – non accade mai che si metta in pericolo la vita di un ostaggio di un paese terzo senza l’esplicito consenso del governo nazionale di quell’ostaggio. Ovviamente, però, può capitare che, a causa delle condizioni sul terreno e a giudizio di chi ha il comando dell’operazione, non ci sia il tempo per chiedere un’autorizzazione “spot”, ovvero per quell’azione in quel momento. In alcune circostanze, il tempo è un lusso. Non è una mancanza di rispetto verso l’Italia, quindi, ma solo una questione tattica. Può certo essere che gli italiani non siano stati coinvolti sul piano operativo e che l’Aise abbia deciso di “affidarsi” ai britannici, come del resto, in altre situazioni, per esempio in Iraq, sono stati i servizi britannici ad affidarsi alle reti di intelligence italiane. E’ una prassi abbastanza normale tra paesi alleati».

Questa analisi coincide con il resto della ricostruzione dell’Independent, che afferma che le autorità italiane erano state informate della possibilità del blitz e avevano dato il loro consenso, anche perché in quella zona della Nigeria, il nord est, la regione di Sokoto, le capacità di intervento italiane sono di gran lunga inferiori a quelle britanniche. Anche perché della vicenda del sequestro, Cameron aveva parlato con il presidente nigeriano Goodluck Jonathan nella visita che aveva fatto in Nigeria nel luglio passato e le forze speciali britanniche sono da mesi impegnate ad addestrare i loro “colleghi” nigeriani, che finora non hanno brillato per efficienza, né contro i Boko Haram, né negli anni passati contro il Movimento di Emancipazione del Delta del Niger (Mend) che più volte ha rapito tecnici stranieri (italiani inclusi) impiegati nell’industria petrolifera.

Secondo la stampa nigeriana, tra i commandos britannici e i sequestratori c’è stato un conflitto a fuoco che è durato diverse ore. La localizzazione del compound dove i due ostaggi erano tenuti, dice il Times of Nigeria, è avvenuta dopo un altro raid, condotto dalle forze speciali nigeriane, in una base di Boko Haram nello stato di Kaduna. Nella sua spiegazione ai media britannici, il primo ministro David Cameron ha aggiunto che «per mesi non eravamo riusciti a capire dove i due ostaggi fossero, per questo, appena abbiamo avuto una opportunità di intervenire abbiamo deciso di farlo».

Il presidente nigeriano Jonathan, comunque, promette che i responsabili «subiranno tutte le conseguenze legali del caso», visto che solo due sequestratori sono stati uccisi e gli altri, non si sa esattamente quanti, sono stati arrestati. «Di certo, una tragedia del genere non è un buon motivo per mettere sotto stress le relazioni tra Londra e Roma – conclude la nostra fonte – anche perché nella polemica, pure giustificata, per accertare le responsabilità, non bisogna dimenticare che a sequestrare e probabilmente a uccidere i due ostaggi sono stati terroristi nigeriani e non i commandos britannici».

di Joseph Zarlingo