Cinema

Il cinema e la maledizione di Tangentopoli

Il film Mani Pulite, nella testa di Giuseppe Ferrara, doveva cominciare con Mario Chiesa che getta nel water 70 milioni. Marco Campogiani aveva messo in cantiere Tangentopoli e convinto pure Antonio Di Pietro a una particina nel film. Roy Scheider, protagonista de Lo Squalo, era pronto a vestire i panni di Sergio Cusani: “Non c’è bisogno di sceneggiatura – disse – è già tutto negli atti”. Marco Bellocchio sognava di raccontare Bettino Craxi, ma ha cambiato idea. Mattia Feltri e Andrea Purgatori avevano cominciato a buttare giù un soggetto su Raul Gardini, doveva girarlo Andrew Davis, doveva chiamarsi Il Pirata, ma i soldi non sono mai arrivati. E Enrico Deaglio, per un film sul re della Ferruzzi aveva già in mente l’inizio: “Nella prima scena, ci metterei proprio lui, Raul Gardini, che passa radente alle cave sul suo aereo privato, accarezza felice una testa femminile sbozzata nel marmo che ha fatto sistemare sul sedile accanto, legata alla meglio tra gommapiuma e la cintura di sicurezza, e dice: ‘ Sei mia, ora la storia è mia’”.

Fate largo all’immaginazione, perchè probabilmente quei film non li vedrete mai. Sarà che poco prima che il pool di Milano alzasse il velo sulle mazzette italiche Il Portaborse di Gianni Amelio aveva già creato scompiglio nelle sale. Sarà, come spiegò un produttore a Bellocchio, che “nel 1994 sembrava una storia di buoni (la procura) contro i cattivi (i politicanti). Ma dopo qualche anno non si capì più chi era buono e cattivo: Mani Pulite diventò Berlusconopoli”. Michele Placido lo ripete ad ogni occasione: “Da anni cerco di fare un film su Mani Pulite ma è un progetto che non passerà mai di questi tempi”.

Forse l’aria è cambiata se, come ha annunciato venerdì Sky, è pronta a partire una fiction (titolo 1992, l’idea è di Stefano Accorsi) che intreccia le storie di sei personaggi con le tappe di Tangentopoli. Corrado Augias e Vladimiro Polchi hanno raccontato l’Anatomia di un suicidio, quello di Gardini, ma solo a teatro. Andrea Molaioli, ne Il Gioiellino, quegli anni li ha sfiorati, ma raccontando la storia di Tanzi e del crac Parmalat.

Fatto sta che, a vent’anni di distanza, dello scandalo che ha cambiato la storia della Repubblica non c’è traccia nelle cineteche nazionali. Riposti negli scaffali ci sono solo inchieste e documentari scritti da giornalisti. Pino Corrias ne ha fatti quattro (insieme a Renato Pezzini, Roberto Capanna, Peter Freeman e Paolo Luciani). Carlo Lucarelli sei puntate di Blu Notte. Andrea Pamparana solo uno, e fu pure costretto a difendersi dalle accuse di partigianeria anti-toghe: “Il fatto che io sia vice direttore del Tg 5 – disse – non vuol dire che non abbia idee mie ma solo servili atteggiamenti verso il padrone”.

Gli esperimenti in pellicola non sono memorabili. Qualcuno ricorda La mia vita è stata una corsa, storia di Bettino Craxi, in onda su Canale 5 nel 2008? Giancarlo Planta, che invece ha diretto Onorevoli detenuti se la prese con il sistema: “Il grande tabù per cui soldi e politica non si possono raccontare in Italia ha punito anche me”. Cristian De Sica si azzardò a raccontare la Roma Godona in Simpatici e Antipatici, e mise Gianfranco Funari a fare la caricatura di Cesare Previti. Maurizio Ponzi – il suo “aiuto” era Ferzan Ozpetek – sperimentò un altro punto di vista con Anche i commercialisti hanno un’anima. Ma per trovare un titolo che davvero rappresenti quegli anni bisogna tornare indietro, a prima che tutto accadesse. A quando, era il 1984, il giudice Alberto Sordi alle prese con ministri e alti funzionari dello Stato sentenziò: Tutti dentro.

Il Fatto Quotidiano, 18 febbraio 2012