Politica

Ti presento i miei, <br>l’album di Bersani

La campagna del pd "Ti presento i miei" vista da Emanuele Fucecchi“Ti presento i miei”, dice Pier Luigi Bersani, ammiccante e sorridente dai manifesti, sui muri della campagna pubblicitaria del Pd. Ma forse, in queste ore, non si accorge che, per un grande segmento di opinione pubblica “i suoi”, cioè alcuni dei dirigenti più in vista del Pd sono anche una corposa pattuglia di indagati, condannati o addirittura patteggiati. Certo, è una piccola parte del gruppo dirigente: ma tuttavia una rappresentanza abbastanza folta da imporre degli interrogativi politici che possano bypassare la teoria consolatoria delle “mele bacate” e dei “casi isolati”.

A ben vedere, il primo grande trauma di questa stagione di scandali, il caso di Piero Marrazzo, minacciato dai carabinieri con un ricatto sessuale, ed economico, adesso (al cospetto dei nuovi casi) sembra una quisquilia, solo una grave e umanissima debolezza. Ma l’interrogativo che tormenta la base è sempre lo stesso: possibile che nessuno controlli? A puntare il dito, e a ruggire di rabbia, sul web non sono solo (come è prevedibile) gli apolitici e gli avversari, ma gli stessi militanti di base del partito, persone come Fabio Gevasio, coordinatore del circolo di Aquino, che scrive su Twitter: “Quella di Lusi è una vergogna soprattutto per chi, come me, da segretario di circolo Pd si auto-tassa per pagarsi la sezione!”. Oppure dei tanti iscritti furibondi che hanno trovato la possibilità di sfogarsi sul blog dell’oppositore doc Pippo Civati: “Tutti quelli che hanno votato il bilancio 2011 della Margherita non possono essere ricandidati a niente”. Quello che in queste ore i dirigenti del Partito democratico stanno sottovalutando sono la rabbia e lo sconcerto dei loro stessi militanti.

Dopo l’arresto di un solo dirigente, all’alba di Mani Pulite, nel 1993, Achille Occhetto ritenne necessario tornare alla Bolognina per proclamare la necessità di una seconda svolta sulla questione morale. Ma il caso Lusi, se non altro, ha quasi oscurato l’arresto di Lino Brentan: manager di nomina Pd finito agli arresti domiciliari dopo essere stato considerato dai pm il referente di un collaudato sistema di gestione clientelare di appalti, accusato di essere il politico di riferimento di un cartello di imprenditori amici dediti alla corruzione. La stessa cosa era accaduta a un altro manager, Franco Pronzato, ex responsabile del trasposto aereo del Pd, ex consulente di Bersani al ministero, ex consigliere nominato dal partito all’Enac, costretto a patteggiare una condanna dopo che il pm Ielo gli aveva contestato la riscossione di una tangente da 40 mila euro pagata da Viscardo Paganelli, responsabile della compagnia Rotkopf Aviation (in cambio di concessioni di volo). Esattamente come Brentán, il caso – pur gravissimo – di Prozato era stato a sua volta oscurato dall’esplosione dell ’ affaire Penati.

L’ex capo di segreteria di Bersani era finito nell’occhio del ciclone (e ci si trova ancora) per l’accusa di aver percepito mazzette miliardarie nel cosiddetto “sistema Sesto”. All’epoca, per uno strano paradosso, erano gli ex della Margherita che dicevano di sentirsi infangati dal malcostume della componente diessina. Anche se a riequilibrare le cose arrivava la grottesca storia del “Cinzia-gate”, che a Bologna affondava la carriera da sindaco di Flavio Delbono che patteggia anche lui per peculato e truffa aggravata.

Se si aggiungono le inchieste “storiche” sui due governatori del Sud (Antonio Bassolino, Agazio Loiero) e sul vicegovernatore della Puglia, Sandro Frisullo, che condivideva con Berlusconi la escort offerta dall’imprenditore Gianpaolo Tarantini) ce n’è abbastanza per appurare che da Lusi in poi non si tratta di casi locali, o isolati. Ma piuttosto di un abbassamento della tensione morale di un intero gruppo dirigente. E – soprattutto – di un effetto collaterale della fusione tra apparati di Ds e Margherita, che ha prodotto un doppio binario: da un lato la straordinaria generosità dei militanti, dall’altro la guerra di tessere e preferenze che ha tirato fuori da un gruppo dirigente inaridito il peggio della tradizione post comunista e il peggio di quella post-democristiana, creando la necessitá di alimentare campagne faraoniche.

Se si nega questo, è impossibile fermare il meccanismo infernale, e la farsa dei leader che cascano dalle nuvole quando gli arrestano il braccio destro. Se ci presenti “i tuoi”, devi garantire per loro.

In alto, la campagna del pd “Ti presento i miei” vista da Emanuele Fucecchi. Per ingrandire clicca qui

Il Fatto Quotidiano, 3 febbraio 2012