Cultura

Sulle tracce dei Fab Four

Sono andati di moda e fuori moda, ma è garantito che suscitino ancora  un sorriso*. E che regalino ancora gioia. Se a distanza di tanti anni esce in libreria un nuovo – l’ennesimo – volume sui Beatles deve essere per forza così. È vero che furono negli anni Sessanta tra i protagonisti di una rivoluzione giovanile che non si limitò solamente a certi ambienti o classi, ma che coinvolse direttamente l’intero modo di pensare. È oltremodo innegabile che con i Fab Four – a livello musicale – si compia definitivamente quella rivoluzione che era rimasta implicita alla musica popolare, ma che con loro avviene in maniera chiara: la trasformazione della musica pop da artigianato ad arte. Ed è il sound, oltre che lo stile di ogni artista, che incomincia a contare quando fino ad allora erano l’aspetto compositivo e l’interpretazione di ogni brano che pesavano. Adesso conta anche la capacità di manipolare gli strumenti della registrazione per creare qualcosa che in natura non può esistere.

Massimo Padalino, giornalista musicale che ha collaborato fra gli altri con Rockerilla, Blow Up e il Mucchio, è l’autore di un’opera suddivisa in due volumi sui quattro ragazzi di Liverpool: The Beatles – Hey! Hey! Hey!”. Testi commentati(1962-1966, Vol. 1, uscito nel 2010 e 1967-1970, Vol. 2, uscito nell’ottobre 2011), entrambi editi da Arcana. Grazie a un lavoro minuzioso e di certosina precisione, canzone dopo canzone, l’autore costruisce una storia sui Beatles coinvolgente, il cui interesse cresce pagina dopo pagina perché pensato come si trattasse di un piccolo giallo. Del resto, le liriche dei Beatles rimangono un diario segreto ed emotivo non così facilmente decifrabile al profano. Massimo Padalino cerca di darne una chiave di lettura mettendo in luce influenze musicali e letterarie non propriamente note, dando spazio alle piccole curiosità che ogni canzone nasconde. Ed è  pensato per tutti e non solo per gli accaniti sostenitori della band o per gli specialisti del settore.

Massimo Padalino come nasce la tua passione per i Fab Four?
La mia passione per i Beatles è piuttosto contrastata. Nei primi anni del Liceo, quando avevo una ragazza letteralmente fissata con i Fab Four, tifavo di più per i primi Pink Floyd. Poi, tempo qualche anno, tutto cambiò: l’Album Bianco e Abbey Road si dischiusero davanti ai miei occhi come scrigni ricchi di immensi tesori. Da allora, non li ho mai più abbandonati. L’idea di scrivere (l’ennesimo) libro sui Beatles l’ha avuta Arcana, che poi me l’ha proposta con mio grande entusiasmo. Ma siccome sono stati versati i proverbiali fiumi d’inchiostro sulle imprese dei Nostri, dovevo trovare un modo per scrivere il ‘mio’ libro sui Beatles. Decisi così di abbandonare l’impostazione della biografia monografica classica per iniziare un percorso trasversale che unisse la storia del gruppo, quella della sua epoca attraverso tutta una serie di tappe transitorie rappresentate da quegli ambiti –  dall’arte al mondo di Internet –  dove la voce dei Beatles (sorprendentemente) si spande ancora. Oggi più di che mai!

Mi parleresti del tuo libro, come è stato pensato, strutturato e qual è lo scopo principale – che ancor prima di scrivere – avevi pensato di poter o voler raggiungere?
Lo scopo principale del libro, quello che da subito mi sono proposto di raggiungere, era questo: evitare di scrivere un manuale per soli specialisti e invece tentare di scrivere un ‘vero’ libro, cioè un insieme di storie che avvincessero alla lettura anche coloro per i quali il nome dei Beatles è poco più che un nome. Ho raggiunto il mio scopo affrontando il testo canzone per canzone: ogni canzone affronta tutta una serie di temi suoi specifici, presenti nel testo o nella storia della sua genesi così come riportata dal proprio autore. Il segreto, poi, sta nell’incrociare questi temi specifici con temi più ampi, che cerco di portare avanti lungo tutto il corso del libro, talvolta utilizzando metodi meta-romanzeschi, come le ultime due canzoni del libro (Across The Universe e Let it Be), dove lascio l’ultima parola, per un discorso in prima persona, nientemeno che a John Lennon e Mark Chapman.
Fondamentalmente, fra il primo e il secondo volume delle 1100 pagine che ho complessivamente scritto sulla storia dei Beatles, l’impostazione rimane identica. Salvo che nel primo volume tratto molto di più il tema dell’amore in tutte le sue declinazioni. E ci tengo a precisare che quando cito in modo diretto i ‘blogger’ che sulla rete parlano dei Beatles… bè… quella non è la vera sostanza del libro. I miei dei libri sono soprattutto frutto di lunghe ricerche su altri libri, ricerche che ho poi cercato di tradurre in una forma meta-saggistica e meta-romanzesca perché risultassero piacevoli e avvincenti alla lettura. Il mio motto è quello dei Caffettisti milanesi settecenteschi: ‘Con ogni stile che non annoi’.

Quanto tempo hai impiegato per scriverlo?
Proprio per il modo anomalo in cui sono strutturati i miei due volumi –  che ad esempio fanno viaggiare avanti e indietro nel tempo il lettore, sempre tenendolo saldo alla boa del testo della canzone commentata in quel momento –  il lavoro preparatorio del libro è lungo e faticoso. Spendo solitamente due mesi abbondanti nella lettura di tutti i testi che poi utilizzerò nel libro. Altri due mesi, poi, se ne vanno nel ‘decostruire’ la storia del Beatles, nella sua classica cronologia, per temi e sottotemi (ad esempio: in Ob-La-Di Ob-La-Da tratto il tema Beatles&Africa, in Savoy Truffle, quello dei Beatles&Cucina, in Back In The USSR quello della diffusione della musica dei Beatles nei paesi dell’ex blocco sovietico e via decendo).

Cos’è che più ti ha colpito scavando a fondo nella storia del gruppo?
Mi ha colpito soprattutto la figura di Lennon, straordinariamente faustiana, fanciullesca, intellettuale, cialtroniera, altruista, meschina e pacifista. Insomma, se scrivendo di lui spesso lo definisco Il gran bastardo, un perché c’è. Ma è un gran bastardo dall’anima candida, innocente, che non se la racconta. Uno che ha deciso di vivere la ‘sua’ vita e non quella di un altro, magari evitando di mediare troppo con le aspettative che la gente aveva su di lui e sui Beatles.

Quale canzone indicheresti a un giovane che solo ora si avvicina alla musica dei Beatles?
Partirei da una canzone per nulla semplice, ma affascinante: Happiness Is A Warm Gun. Proprio perché è un pezzo che nasconde le due anime dei Beatles, quella tragica e quella (teneramente) comica, dato che il testo riguarda tanto una rivista d’armi quanto un episodio di Snoopy ai quali sostanzialmente si ispira. Così è la storia del gruppo: una specie di enorme serbatoio di storie agrodolci, dove spesso l’agro condisce la commedia e il dolce la tragedia, senza soluzione di continuità apparente.

Qual è il gruppo che ha più speranze di veder scritta da te una biografia?
Al momento mi sto cimentando con i Rolling Stones, altro gruppo enorme, sia per statura artistica, sia in quanto serbatoio di storie da cui attingere per un libro. Devo dire che mi piacerebbe scrivere qualcosa sulla prima New Wave statunitense, tipo la No Wave. Oppure su Captain Beefheart. O magari cimentarmi con un racconto, del tutto staccato dalle formule del saggio, dove icone della musica rock si staccano dal loro contesto storico e diventano personaggi post-moderni.

*è un verso tradotto tratto dalla canzone “Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band