Diritti

Gay: uniti a Londra (e divisi in Italia?)

Tra i benefici di cui si gode per il fatto di far parte dell’Unione Europea, quello della libera circolazione è forse uno dei più tangibili. Questo diritto porta migliaia di italiani ogni anno a spostarsi in altre città europee anche per lavoro senza bisogno di visti o permessi speciali.

Per chi è sposato o ha figli, il matrimonio, la paternità e la maternità vengono riconosciuti automaticamente nel paese di emigrazione. Ai coniugi, purché siano cittadini europei, viene concesso un visto di permanenza nel paese ospitante. Per chi decide di comprare casa, aprire un mutuo con una banca o per chi sfortunatamente perde il coniuge nel nuovo paese ospitante, si applica il processo di reciproco riconoscimento. Per esempio, a una coppia sposata a Torino verrà riconosciuta la validità del proprio matrimonio quando andrà a chiedere un mutuo a una banca di Londra.

Tutto questo non avviene per le coppie omosessuali, anche quando siano regolarmente sposate o unite da un’unione civile in uno dei sedici paesi europei che riconoscono questo diritto.

È il caso di Daniele, italiano, e Simon, brasiliano. I due si conoscono in Brasile, si trasferiscono a Londra e decidono di sposarsi. A Simon viene dato il permesso di rimanere in Europa come coniuge di un cittadino Europeo. Qualche anno più tardi, Daniele riceve un’offerta di lavoro da una società di Milano. È costretto a rifiutare , perchè Simon, non riconosciuto come coniuge, non potrebbe ricevere il permesso di soggiorno dalle autorità italiane.

Questo non accade solo nei paesi dove non esistono diritti per le coppie omosessuali, come l’Italia, ma anche in quei paesi dove questi diritti sono riconosciuti.

Fernando e Nigel, uniti in un’unione civile in Inghilterra dopo 31 anni di vita insieme, decidono di trasferirsi in Francia. Tragicamente, Nigel muore nel 2008 a Perpignan e nel suo testamento lascia ogni suo avere al coniuge. Il fisco francese applica una tassa del 60% sull’eredità, perché tra i due, secondo la legge francese, non corre alcun legame di parentela. Fernando è costretto a vendere la casa in cui viveva con Nigel per poter pagare le tasse allo stato francese.

Storie come queste se ne potrebbero raccontare molte. Migliaia di cittadini europei si trovano a dover affrontare difficoltà di questo tipo vedendo violati i propri diritti – sanciti dalla Carta Europea dei Diritti Fondamentali – a causa del proprio orientamento sessuale, discriminazione  vietata dalla  Carta stessa .

Il riconoscimento di matrimoni, unioni civili, Pacs e convivenze avviene attraverso accordi bilaterali tra i 27 paesi. Quello che sempre più attivisti, avvocati e  persone di buon senso chiedono è che anziché avere più accordi bilaterali tra i vari paesi europei, si applichi semplicemente il principio giuridico del reciproco riconoscimento, già quasi universalmente attuato per ogni altro contratto sancito nell’Unione Europea.

Di questo si parla per la prima volta al Parlamento Italiano, nella Sala delle Colonne della Camera dei Deputati oggi 5 dicembre, in un incontro organizzato da Alternative Europee e dall’on. Anna Paola Concia.

di Alessandro Valera, Research Manager, European Alternatives