Cronaca

Lettera aperta del presunto boss Mandalari “Le intercettazioni mi hanno rovinato”

L'imprenditore accusato di essere il capo della 'ndrangheta di Bollate, in provincia di Milano, arrestato dopo sei mesi di latitanza, scrive a un giornale locale per lamentarsi di un "teorema accusatorio assurdo" che lo "infama". Ma Frediano Manzi, impegnato sul fronte antiracket, denuncia ai carabinieri pesanti minacce subite dopo una manifestazione contro di lui

Non è solo Silvio Berlusconi a lamentarsi delle intercettazioni telefoniche. Lo fa, pubblicamente, anche Vincenzo Mandalari, presunto boss della ‘ndrangheta trapiantata in Lombardia, arrestato in seguito all’operazione Crimine-Infinito del luglio scorso dopo sei mesi di latitanza. Mandalari è detenuto nel carcere di Ancona in attesa del verdetto di primo grado dopo una richiesta dell’accusa di 16 anni di carcere, in qualità di presunto capo della “locale” di Bollate, nell’hinterland di Milano.

E proprio a un giornale di Bollate, Il notiziario, ha scritto per lamentarsi di “tutto ciò che è stato montato a seguito di tre/quattro anni di intercettazioni, telefoniche e ambientali, che trascritte alla bisogna e interpretate all’occorrenza, hanno dato corso e un fine a un teorema accusatorio assurdo”.

Mandalari se la prende con i giornali, che hanno “dipinto” la sua immagine “in modo scabroso”, inventando “storie assurde sul mio conto, infamandomi senza avermi mai conosciuto né in bene né in male”. Nega di aver mai avuto a che fare con la ‘ndrangheta e attacca il Comune di Bollate, che si è costituto parte civile contro di lui al processo, “ma ha dimenticato le azioni da me svolte a favore del territorio bollatese o quando mi acclamava come impresa bollatese e come persona sempre presente per la solidarietà”.

In effetti, ricorda Il notiziario, il presunto boss è un imprenditore molto conosciuto in città e dall’amministrazione comunale ha ricevuto anche un premio per il buon risultato della ripavimentazione di una strada. “Sono solo un meridionale rimasto legato alla mia terra nativa (Guardavalle in provincia di Catanzaro, ndr) e alle mie tradizioni”.

Dagli atti dell’inchiesta Crimine-Infinito, Mandalari risulta in stretto contatto con molti altri indagati, e in una delle tante intercettazioni che lo riguardano, un’ambientale del 29 febbraio 2008, afferma: “Come amico ti rispetto sì, ma come ‘ndrangheta io do conto solo ed esclusivamente a compare Nunzio Novella (…) Gli altri sono tutti capi capi quanto a me!”. Carmelo “Nunzio” Novella è il boss della ‘ndrangheta lombarda, anche lui originario di Guardavalle, che sarà ucciso cinque mesi dopo mentre beveva un caffé in un bar di San Vittore Olona, in provincia di Milano.

Alla lettera di Mandalari è seguita una denuncia di Frediano Manzi, commerciante attivo sul fronte antiracket. Manzi ha raccontato ai carabinieri di Bollate che la versione originale del testo lo citava con nome e cognome come uno di quelli che lo aveva “infamato” sulla stampa. Manzi afferma anche che il giorno dopo il “No Mandalari Day” da lui organizzato a Bollate, qualcuno ha telefonato al suo negozio di fiori ordinando una corona funebre. Indicando Manzi stesso come destinatario.