Cronaca

L’Aquila sarà la nuova Pompei

Addentrandosi per le strade dell’Aquila si ha l’impressione di essere in un parco archeologico. Non ci sono voci, non ci sono persone. Solo una città totalmente distrutta e puntellata. Più della metà delle strade sono chiuse da transenne di ferro con cartelli “zona rossa” divieto d’accesso. Per le vie si aggira solo qualche alpino che vigila in silenzio. A terra, sui marciapiedi, ci sono ancora mattoni, lastre di marmo, come se il tempo si fosse fermato. Dentro le vetrine dei negozi vuoti si vedono calcinacci e oggetti riversi a terra. Per le strade manifesti e scritte “rivogliamo la nostra città”, “Vespa perché non fai un bel plastico anche dell’Aquila? Altrimenti gli italiani non capiscono”.

Nella piazza deserta c’è un bar aperto con musica a tutto volume che rimbomba nella desolazione. La voce di Jovanotti che canta The sound of sunshine echeggia tra i palazzi decrepiti fa salire un brivido lungo la schiena, come la vista di un fiore che cresce tra le rocce nude della casa dello studente. L’erba è alta nelle strade al margine del centro. Alcuni bagni chimici sono l’unica presenza umana, mentre l’orologio della chiesa di una piazzetta dietro il corso segna ancora le tre e mezza, l’ora della notte in cui la terra cercò di scrollarsi di dosso l’Aquila.

Il Duomo, riaperto con tanto di servizi televisivi, è solo una navata interrotta in cui un pannello dipinto chiude allo sguardo il centro della basilica per non vedere la cupola crollata. È uno scenario inquietante, un set di un film post-atomico. Un luogo dimenticato. Sembra di aggirarsi per i resti di Pompei.

È tutto fermo, e pare che quello di farla diventare l’Aquila un centro disabitato da visitare come i resti di un’antica cittadina sia un futuro non troppo lontano dalla verità. Mentre il Governo vara provvedimenti “lacrime e sangue” per un paese che va a fondo, non c’è spazio per ridare vita a una città. Un’opera che costerebbe sforzi enormi, forse considerati troppo alti. Intanto a più di due anni di distanza l’Aquila è rimasta come un ricordo impresso nella memoria, ferma a quel 6 aprile 2009. Un enorme monumento alla fragilità della vita e all’incapacità del nostro paese di salvare i propri cittadini e le proprie ricchezze monumentali.

Intanto è partito il progetto virtuale che pare ancora più virtuale della rete stessa www.noilaquila.com denso di buoni propositi. Una ricostruzione della città in 3D elaborata dalle foto e dai ricordi, come un videogioco della memoria, o come appunto un museo virtuale.

E allora per tirare su qualche altro soldo dalla manovra si potrebbe pensare, per paradosso e per provocazione, di chiudere la città e far pagare un biglietto d’ingresso ai turisti, proprio come a Pompei, per vedere com’era la vita una volta, al tempo dell’Aquila.