Politica

Sant’Anna di Stazzema, un ricordo

Sono passati 67 anni dalla Strage di Sant’Anna di Stazzema.

Ecco quello che accadde nelle parole dello scrittore viareggino Manlio Cancogni, che ha 95 anni e che saluto qui.

Gli abitanti erano spinti negli anditi, nelle stanze a pianterreno e ivi mitragliati e, prima che tutti fossero spirati, era dato fuoco alla casa; e le mura, i mobili, i cadaveri, i corpi vivi, le bestie nelle stalle, bruciavano in un’unica fiamma. Poi c’erano quelli che cercavano di fuggire correndo fra i campi, e quelli colpivano a volo con le raffiche di mitragliatrice, abbattendoli quando con un grido d’angoscia e di suprema speranza erano già sul limitare del bosco che li avrebbe salvati. Poi c’erano i bambini, i teneri corpi dei bimbi ad eccitare quella libidine pazza di distruzione. Fracassavano loro il capo con il calcio della pistol machine, e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento. E non avevano ancora finito. Scesero perció il sentiero della valle ancora smaniosi di colpire, di distruggere, compiendo nuovi delitti fino a sera.”

Tutte le volte che sentite dire da qualche politico che “tutti i morti sono uguali” e che occorre rispettare le scelte “in buona fede” fatte dai “ragazzi di Salò” e dai partigiani, ricordatevi che i “ragazzi di Salò” presero le armi e andarono “a cercar la bella morte” per aiutare i nazisti, anche quelli di Sant’Anna di Stazzema, mentre i partigiani presero le armi per sopravvivere, resistere all’invasione nazista e per aiutare altri italiani, anche quelli di Sant’Anna di Stazzema.