Cronaca

Commercio mondiale delle armi<br>L’Onu prepara l’ Arms Trade Treaty

L'iniziativa del Palazzo di vetro è tesa a limitare il dilagante fenomeno della corruzione che, secondo Trasparency international, costa 22 miliardi l'anno. Nell'Unione europea non esiste nessuna normativa che regoli questo settore del mercato

Quanto incide la corruzione nel mercato mondiale delle armi? Molto. Secondo Transparency International, circa 22 miliardi di euro l’anno. Sì perché il mercato degli armamenti è uno di quei pochi settori del commercio mondiale sprovvisto di un regolamento anti-corruzione. Non solo, è uno dei settori del commercio meno regolamentati al mondo, tanto che gli stati nazionali possono fare più o meno quello che vogliono.

Perfino in Europa, dove ci sono precise misure su tutto, dalle quote latte alle lampadine, il commercio delle armi resta di stretta competenza nazionale. La colpa non è tanto di Bruxelles quanto dei paesi membri, da sempre molto gelosi di un settore dell’economia che non conosce crisi. Tant’è che l’Ue stessa non è riuscita ad andare oltre la timida posizione comune del Consiglio 2008/944/PESC che definisce norme comuni ma non vincolanti per le esportazioni di tecnologia e attrezzature militari.

L’allarme di Transpaarency International, supportato da altre associazioni come Oxfam, Saferworld, Arias Foundation e Amnesty International, arriva nei giorni in cui a New York l’Onu sta definendo quello che sarà “l’Arms Trade Treaty” (ATT), un trattato internazionale che dovrebbe stabilire regole e norme da rispettare in tutto il commercio mondiale di armi. “Dovrebbe”. Perché gli ostacoli da superare sono tanti, a partire dagli Stati Uniti, dove i fedelissimi della 44 Magnum temono un attacco all’intoccabile “Secondo emendamento”, l’articolo della costituzione americana che garantisce il diritto di possedere una pistola.

Secondo l’International’s Defence and security programme di Transparecy Internation non c’è più tempo da perdere: il commercio mondiale delle armi deve essere regolamentato più severamente. In esso rientra non solo la compravendita di armi da fuoco, ma anche di armamenti di grande portata (veicoli blindati, navi e armi pesanti) e l’addestramento di polizie e milizie. Eclatante l’ultimo scandalo internazionale in Iraq, dove, secondo quanto riporta il Los Angeles Times, sarebbero scomparsi nel nulla ben 6,6 miliardi di dollari (solo 2,8 secondo Stuart Bowen, Ispettore generale speciale per la ricostruzione dell’Iraq). O ancora il caso dell’Uganda, dove, secondo il The Observer, 740 milioni di dollari sarebbero stati illegittimamente dirottati per l’acquisto di 6 jet militari. Infine la Russia, dove il mese scorso il capo procuratore militare di Stato ha denunciato che “un quinto del budget nazionale destinato alla difesa finisce in corruzione, frodi e subappalti poco chiari” (secondo quanto riporta l’agenzia di stampa RIA Novosti).

Ecco allora che l’Arms Trade Treaty, una volta entrato in vigore nel 2012, dovrebbe prevedere un meccanismo di contrasto della corruzione e una regolamentazione generale del settore, con standard obbligatori applicabili a tutti i tipi di compravendita di armi messi nero su bianco. “Mentre abbiamo regole sui cocomeri, sulle banane e sui lettori Mp3, non è mai stato trovato uno straccio di accordo sul commercio delle armi”, si legge in un comunicato Oxfam. “Il futuro accordo ATT dovrà coprire tutto il ciclo produttivo e commerciale delle armi, dalla costruzione al trasporto, alla destinazione finale”.

Sul tavolo delle trattative anche regole d’intervento nel caso di armi utilizzate per scopi diversi da quelli per cui sono state destinate. E’ il caso delle tonnellate di armamenti vendute dall’Europa alla Libia e utilizzate poi dal colonnello Gheddafi per reprimere la rivolta contro il regime. Secondo la relazione Ue sull’esportazione di armamenti 2009, gli Stati membri hanno concesso 343,7 milioni di euro di licenze per armi alla Libia, tra armi da fuoco, apparecchiature elettroniche militari, aerei da guerra, elicotteri, e missili terra-aria. Secondo l’Ong italiana “Rete disarmo-Tavola della pace”, buona parte di queste armi sarebbero made in Italy (79 milioni di euro di armi leggere solo nel 2009).

Come detto, l’Arms Trade Treaty entrerà in vigore solo nel 2012. Anche se per approvarlo non ci vorrà l’unanimità del 192 Paesi Onu che stanno prendendo parte alle negoziazioni, gli sgambetti sono più che prevedibili.