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Borghezio: “Mladic è un patriota”. Ecco l’analisi di Mimmo Lombezzi

Nel corso della trasmissione La zanzara, su Radio24 Mario Borghezio ha detto “Per me Mladic è un patriota: i patrioti sono patrioti, e non ho visto prove contro di lui”. Ecco la risposta all’eurodeputato leghista dell’inviato di guerra Mediaset Mimmo Lombezzi.

Borghezio dice di non avere visto prove contro Mladic. Io invece le sue tracce le ho viste durante e dopo la guerra in Bosnia, e vorrei suggerire a Borghezio le seguenti ‘esperienze sensoriali’:

1) Borghezio potrebbe ( mi offro come guida ) annusare una delle 4.000 fosse comuni che oggi punteggiano la mappa della Bosnia. Ce ne sono 70 solo lungo il “sentiero della vita e della morte”, che da Srebrenica attraversa il territorio serbo sino a Kladanj . Nel luglio del 1995, lungo quello sterrato, 15.000 abitanti maschi di Srebrenica cercarono di raggiungere il territorio musulmano, marciando notte e giorno, dopo che la città assediata era caduta nelle mani dei serbi. Ne arrivarono 8.000. Le contraeree di Mladic ‘frugavano’ i boschi sparando ad alzo zero. Tutti quelli che si arresero vennero picchiati a sangue nelle fattorie di Bratunac e poi fucilati. Di quella mattanza restano tre immagini: la foto di una donna che si impiccò dopo essere stata stuprata, quella di un ragazzino di 12 anni che camminò 7 giorni aggrappato al suo fucile e riuscì a salvarsi e le immagini dei musulmani che si erano arresi. Si vede la tv di Belgrado che intervista un prigioniero stremato: “Hai paura?”. E quello: “Certo che ho paura”. Poche ore dopo sarebbe scomparso insieme ad altri 8.000 maschi, nel corso del più grande massacro commesso in Europa dopo la seconda guerra mondiale.

Oggi i “diari” di Mladic rivelano un burocrate della guerra che annotava tutto senza emozioni, dal costo dei missili alla conta dei morti e anche nella strage di Srebrenica c’era un elemento di “contabilità”, di “economia”. “Anche il più spietato dei generali – scriveva Enri Malraux – deve fare i conti su un certo quantitativo di carne e di ferro. Noi purtroppo avevamo poco ferro”. Mladic aveva il problema opposto: aveva armi a volontà – compresi i micidiali cannoni Bofors – ma i musulmani avevano più “carne” da spendere e questo eccesso di uomini per i serbi stava diventando un problema, specie nelle foreste della Bosnia centrale, dove i tank potevano mietere meno vite. Questo spiega il carattere “anagrafico” del massacro di Srebrenica, con cui Mladic eliminò tutti i maschi dai 15 ai 65 anni : due generazioni.

2) Borghezio potrebbe visitare a Focha (Bosnia orientale) il centro sportivo “Partizan” che dista solo 500 metri dal municipio e dalla stazione di polizia. Dovrebbe visitarlo insieme a Leana , Amela e Hassiba, le donne precocemente invecchiate dell’associazione Udruzenje Žene-Žrtve Rata (“Associazione delle donne vittime della guerra” ) che potrebbero raccontargli quello che hanno detto a me : “Qui ci torturavano e ci violentavano tutto il tempo – diceva Amela -. Alcune erano ancora delle ragazzine. Gruppi di soldati arrivavano completamente ubriachi dal fronte e venivano qui per sfogarsi su di noi. Era una vera tortura. Sanguinavo tutto il tempo”. Nel sistema di lager allestito dai nazionalisti serbi, la palestra di Focha era uno dei cosidetti “campova na silovanje” (lager per lo stupro) dove le donne musulmane (e croate) venivano violentate dai soldati o “affittate” ai civili come schiave sessuali.

3) Borghezio potrebbe fare una capatina anche a Sarajevo per dare un’occhiata alle 10.000 tombe scavate da 3 anni di assedio e ripercorrere i mercati o i luoghi dove i civili in coda per l’acqua venivano fatti a pezzi dai mortai di Mladic, oppure incontrare i giovani che furono paralizzati dai suoi cecchini e oggi girano su una a rotelle.

4) Borghezio potrebbe infine seguirmi al centro di identificazione di Tuzla, camminare fra centinaia di scheletri che attendono di essere identificati, prendere tra le mani il cranio di un ragazzino di 14 anni trovato a Srebrenica e tacere. Quel teschio, su Mladic, ha da dirgli molte cose.