Saturno

Una passeggiata nella Resistenza letteraria

Milos Hrma è un giovane ferroviere boemo che si taglia le vene dopo avere fallito la sua prima “prova” con la fidanzatina, ma sopravvive e ammira il capomanovra Hubicka, sciupafemmine, diventato famoso per avere impresso sul sedere di una telegrafista i timbri della stazione. Siamo nel 1944 e ci sarebbe ben altro cui pensare e per cui prendersela… Ma il fronte è lontano e la guerra scorre soprattutto tra i binari e sui treni del Reich che portano soldati e munizioni a Est e riportano in Germania i reduci sopravvissuti nel fronte russo passando nella piccola stazione boema. Per Milos l’occasione del riscatto, il modo per dimostrare al mondo che vale qualcosa, si presenta quando il capomanovra Ubicka lo coinvolge in un attentato contro un treno di munizioni tedesco, un “treno strettamente sorvegliato”.

Treni strettamente sorvegliati (edito da e/o) è uno dei più famosi romanzi di Bohumil Hrabal, il più grande scrittore ceco del secondo Novecento. È un romanzo d’iniziazione alla vita e alla morte e rimanda a un altro romanzo sulla Resistenza, Educazione europea (Neri Pozza) di Romain Gary, scrittore di lingua francese ma di madre russo-ebrea. Grazie alla sua attività come aviatore-partigiano al fianco di De Gaulle, nelle Forces Françaises Libres, Gary riuscì a inserirsi nella vita politica e culturale francese e a emanciparsi da un destino marginale da emigrato, vincendo per ben due volte il Goncourt (la seconda sotto pseudonimo perché il regolamento del premio vieta una doppia vittoria).

Treni strettamente sorvegliati è del ’65. Educazione europea del ’45, uno dei primi romanzi sulla Resistenza, dunque; “il migliore” secondo Jean-Paul Sartre. Sia Hrabal che Gary sono del ’14. Gary si suicidò a 65 anni, dopo la morte della ex moglie Jean Seaberg (musa della Nouvelle Vague e bellissima protagonista del film Fino all’ultimo respiro), chiedendo in una nota di non pensare che la fine dell’attrice sia da collegare alla sua. Hrabal morì cadendo nel ’97 dal quinto piano di un ospedale di Praga mentre cercava di dare da mangiare ai piccioni. In molti pensano che si sia buttato. Tre anni prima aveva ricevuto Bill Clinton nella birreria di Praga dove stazionava, “U Zlateho Tygra”, Alla tigre d’oro. Praticamente il suo ufficio alcolico secondo la migliore tradizione ceca.

Le scene-madri dei due libri sono scene di iniziazione alla vita e alla morte: raccontano un attentato contro i tedeschi dove la cosa più difficile non è mettere una bomba o fare i conti con la paura di essere uccisi. No: la cosa più difficile è quello che non hai messo in conto. Dover uccidere qualcuno che potresti essere tu, un tuo simile, anche se appartiene a un esercito che ha commesso atrocità di ogni tipo, anche se sai di essere dalla parte giusta. Qualcuno che non muore nell’esplosione dell’attentato, per esempio, ma che devi finire guardandolo negli occhi. Quel qualcuno, per Janek, il ragazzino protagonista di Educazione europea, romanzo ambientato in una Polonia devastata e tenebrosa, è un soldato tedesco. Stava pattinando e per caso non si è trovato nella capanna insieme ai commilitoni dove Janek ha messo una bomba approfittando del suo innocuo aspetto di piccolo pattinatore sul ghiaccio.

Ora lo deve finire, è disarmato: «Non indossava il giaccone militare, solo un maglione pesante e una sciarpa dai colori allegri, e non aveva proprio l’aria di un soldato mentre se ne stava seduto là, a testa bassa, con i capelli biondissimi nella luce e le mani strette intorno alle ginocchia. Quando finalmente Janek si fermò e sollevò l’arma, ebbe l’impressione di stare per sparare a un semplice sportivo in difficoltà su una pista di pattinaggio». Il doverlo fare provoca un’indicibile indignazione a Janek e questa è la sua prima vera azione da partigiano nella resistenza polacca, la sua “educazione europea”.

Milos, invece, deve lasciare cadere una bomba sul treno di munizioni ed è questa la sua missione nella Resistenza boema. Ormai è l’unica cosa che gli manca per essere un vero uomo. Anche i suoi problemi con le donne se ne sono andati da quando ha fatto l’amore con una partigiana, Viktorka, venuta alla stazione per portare l’ordine di fare l’attentato, mentre dal cielo piovevano le bombe su Dresda e la guerra sembrava cambiare sorte. Lasciar cadere una bomba su un treno non è così difficile, per un ferroviere, nella notte, mentre nevica, ma il treno è strettamente sorvegliato e un soldato tedesco lo vede, gli spara e lo colpisce con una fucilata. Anche Milos spara e poi i due si trovano di notte nel bosco e uno dei due deve finire l’altro.

Dal cadavere del tedesco, morto dopo avere invocato una donna (“Mutti, Mutti”), forse la moglie, Milos prende una catenella con un quadrifoglio: «E non aveva portato fortuna quel quadrifoglio né a quel soldato né a me, anche lui era un essere umano come me e il capomanovra Ubicka, anche lui non aveva nessuna decorazione, nessun grado, eppure ci eravamo sparati l’un altro e portati alla morte l’un l’altro, sebbene certo, se ci fossimo incontrati da qualche parte in borghese, forse ci saremmo voluti bene, avremmo fatto due chiacchiere».

L’ultima parola, l’ultimo pensiero di Milos, nella notte, nel bosco, prima di morire, dopo avere fatto saltare in aria il treno strettamente sorvegliato, dopo avere finito il soldato tedesco che lo ha colpito, è in fondo un pensiero pacifista, non di vendetta, o di rancore, un pensiero che potrebbe appartenere alla grande tradizione anarchica del popolo del Buon soldato Svejk, il romanzo antimilitarista di Jaroslav Hasek sulla prima guerra mondiale: «Dovevate starvene seduti a casa, sul culo…».

Di questi come di altri libri sulla resistenza si parlerà nel corso della Passeggiata Resistente, una celebrazione “antiretorica” dell’anniversario della Liberazione – attraverso un percorso scandito da reading nel Bosco dei pensieri di Fontanafredda, Alba: sabato 23 aprile alle ore 10 (info: www.fondazionemirafiore.it)