Giustizia & Impunità

Camera di servizio

Con ostentato sprezzo delle norme vigenti, della Costituzione, della ragione, del senso del limite e grazie al contributo fondamentale dei mercenari responsabili, la Camera della seconda repubblica ha scritto una pagina che forse supera in depravazione istituzionale quella fino ad oggi impareggiabile della negata autorizzazione a procedere per Bettino Craxi, con i noti effetti “collaterali”.

Sì perché allora, pur con un uso strumentale e vergognoso delle facoltà che gli attribuiva l’art.68 della Costituzione nella sua formulazione originale, il parlamento degli inquisiti negava l’autorizzazione a procedere, e cioè una condizione necessaria di proseguibilità dell’azione penale riconoscendo nella richiesta dei magistrati un fumus persecutionis che non esisteva e che non era lontanamente ipotizzabile, come le sentenze di condanna definitive nei confronti di Craxi hanno ampiamente dimostrato.

Ma oggi la Camera che verrà ricordata come un’istituzione asservita agli interessi giudiziari di un imputato, condizionata dagli appetiti di un pugno di transfughi, non si “è limitata” ad abusare di un potere di cui comunque disponeva ma si è arrogata di decidere su una materia, la giurisdizione, di cui non è in alcun modo titolare, invadendo la sfera di un potere autonomo, la magistratura ed arrogandosi prerogative inesistenti.

La forzatura non è solo contro la ragione, il senso comune, la prassi, le procedure: è contro i fondamenti dello stato di diritto e della divisione dei poteri. Gli argomenti del voto a favore del conflitto di attribuzione davanti alla Consulta per espropriare il tribunale di Milano alla vigilia del processo, sul presupposto che il presidente del Consiglio attaccandosi al telefono della questura di Milano voleva prevenire un incidente diplomatico con l’Egitto, li hanno sintetizzati nelle loro dichiarazioni di voto l’onorevole Moffa per gli impavidi “responsabili” e Antonio Leone per il PDL.

Con singolare sintonia si sono scagliati, sempre in nome della dignità del Parlamento of course, il primo contro il moralismo, citando senza vergogna Filippo Turati: “la ferocia dei moralisti è superata solo dalla loro ignoranza” e l’onorevole Pdl, nonché vicepresidente alla Camera, contro “l’odio” feroce e pregiudiziale nei confronti di Berlusconi.

I 314 deputati che hanno votato sì al conflitto di attribuzione hanno avallato una menzogna demenziale che fa il paio con quella della villa acquistata a Lampedusa e si sono fraudolentemente trincerati dietro “la salvaguardia delle prerogative del Parlamento”.  Di fatto hanno mostrato quali interessi intendono realmente tutelare quando rivendicano il cosiddetto “primato della politica” che sarebbe minacciato da quello che poche ore dopo il diretto beneficiato dal voto, nell’incontro serale a palazzo Grazioli con i capigruppo, ha definito “brigatismo giudiziario”.

A cosa serva il voto della Camera per dare il via libera ad un conflitto di attribuzione fondato su una barzelletta che ha fatto il giro delle cancellerie e delle ambasciate di mezzo mondo l’ha chiarito ancora una volta il diretto interessato, anche se per ora informalmente: “il processo va sospeso, i giudici non posso ignorare il voto espresso dal parlamento”.

Poco importa ovviamente che qualsiasi studioso di diritto pubblico sappia che il ricorso davanti alla Consulta, peraltro per una questione di giurisdizione la cui decisione ultima spetterebbe solo alla Corte di Cassazione, non ha effetto sospensivo. Come ha spiegato molto bene il costituzionalista Alessandro Pace ci sarà una prima fase scontata di ammissibilità del conflitto, salvo un successivo approfondimento sulla stessa da parte della Corte Costituzionale e ha ipotizzato che già a questo punto governo e maggioranza pretenderanno che il processo venga sospeso ed urleranno contro “l’abuso” di Milano. Magari facendo accostamenti del tutto improponibili, come per esempio quello con il caso Abu Omar, dove si trattava di segreto di stato e non di competenza, ed il tribunale decise, discrezionalmente, di sospendere in attesa della pronuncia.

Intanto ben consapevole dell’infondatezza e della pretestuosità dell’iniziativa, finalizzata prima ancora che a garantirgli lo scudo dell’autorizzazione a procedere necessaria per il tribunale dei ministri, ad aizzare i suoi contro i magistrati “abusivi” nonché  “brigatisti”, l’imputato più impunito della storia patria, si è portato avanti e alla vigilia della prima udienza ha già delegittimato il processo che teme di più.