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Crisi libica, Ue sempre più spaccata. Il Servizio <br/> europeo d’azione esterna non funziona

Nato nel 2009 è una sorta di ministero degli Esteri a livello europeo. Questa la sua originaria funzione limitata dal fatto che ogni decisione deve essere presa all'unanimità. Ma c'è anche chi critica l'operato della presidente Catherine Ashton

Catherine Ashton, presidente del Servizio europeo d'azione

La crisi libica spacca l’Europa. L’Unione europea, infatti, non riesce a trovare una posizione comune. Troppe le voci e troppi i lacci burocratici che vincolano ogni decisione all’unanimità. Senza quella ogni azione è impossibile. Eppure, nel 2009, qualcosa era stato pensato con la creazione del Servizio Europeo d’Azione Esterna (EEAS), subito salutato come una delle novità più importanti del Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009. A oltre un anno e con la guerra in corso,  ci si comincia a chiedere dove sia finita l’Azione. Proprio l’EEAS doveva diventare una sorta di “Ministero degli Esteri europeo” per consentire all’UE di parlare con una sola voce in politica estera. Di fronte alla crisi, si stanno invece palesando agli occhi di tutti i limiti di questo progetto.

Le prime critiche sul Servizio d’Azione sono piovute quando ancora se ne dovevano aprire gli uffici. La scelta della baronessa Catherine Ashton, infatti, è stata giudicata da molti come un ripiego della diplomazia europea, in quei mesi incapace di scegliere tra i due ben più blasonati Tony Blair e Massimo D’Alema a causa di un gioco di veti incrociati. Alla fine l’ha spuntata proprio Lady Ashton, venuta dalle retrovie e incarnazione di due caratteristiche che il futuro capo dell’EEAS doveva assolutamente avere per ragioni di equilibri politici: “donna” e “socialista”.

Fatto sta che la baronessa, senza neanche il tempo di sedersi sulla nuova poltrona, ha dovuto affrontare una lunga sfilza di crisi estere che mal si conciliavano con la sua striminzita esperienza diplomatica. Ma la prova più difficile, dopo il terremoto ad Haiti, le crisi in Bielorussia e Costa d’Avorio, e le rivoluzioni in Tunisia ed Egitto, sembra proprio essere la Libia di Gheddafi. Dopo vertici straordinari e riunioni con i più importanti leader mondiali, Catherine Asthon è sembrata in costante affanno per cercare una posizione comune tra i 27 paesi membri. Non trovandola, la baronessa è stata costretta ad andare a rimorchio del più intraprendente Presidente francese Nicolas Sarkozy.

Pino Arlacchi, eurodeputato socialista membro della commissione Affari esteri del Parlamento europeo ed ex direttore ONU, spezza una mezza lancia in suo favore. “La Ashton non sta brillando nella sua condotta, ma il vero limite è imposto dai trattati europei che obbligano l’Ue ad agire sempre all’unanimità. Senza l’accordo tra tutti, l’intero sistema si blocca”. Arlacchi ha ragione, in politica estera l’Ue non ha mandato pieno, ma allora cosa può fare la Ashton? “Non molto – secondo Arlacchi – visto che l’EEAS è solo una burocrazia amministrativa. Il vero problema resta la politica”. Il risultato, continua Arlacchi, è che “l’Europa adesso si è spaccata in tre: gli interventisti franco-inglesi, gli scettici tedeschi e le mezze misure italiane”.

Meno critico il francese popolare Dominique Baudis, vicepresidente della commissione Affari esteri, che parla di “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto, visto che ci sono disaccordi ma anche tanti accordi”. “In una politica a 27 non è facile essere tutti d’accordo. La Aston deve trovare delle formule comuni per tutti, ma non è lei il motore politico dell’Ue. La politica di difesa resta una competenza degli Stati membri”. Insomma, come diceva il diplomatico francese Maxime Lefebvre, “Le dichiarazioni congiunte dell’Ue servono solo a mascherare le divergenze esistenti tra gli stati membri”.

Più dura Ana Gomes, portoghese e socialista, relatrice di una relazione sulla Libia all’Europarlamento. “Anche se per agire ci vuole l’unanimità, in fase di pianificazione Lady Ashton ha potere d’iniziativa, ovvero può mettere gli Stati nazionali di fronte alla linea dell’Ue. Finora non si è avvalsa di questa facoltà, ha preferito rincorrere la Nato e lasciare che i governi nazionali si muovano in modo sparpagliato”. Insomma secondo la Gomes, l’Alto Rappresentante avrebbe dovuto essere più “intraprendente”, visto che “in gioco c’è la reputazione dell’Ue nel’intero mondo arabo, già compromessa per il sostegno dato per anni a tiranni come Mubarak e Gheddafi”.

Ecco che ad oggi, dopo il suo ufficiale insediamento il 1 gennaio 2011 e in attesa dei prossimi passi sulla Libia, il Servizio esterno d’Azione ha toccato il suo culmine d’attività con la spartizione di centinaia di nuove poltrone tra diplomatici degli stati membri e funzionari dell’ex direzione generale per le relazioni estere della Commissione europea.