Politica

Per un italiano postumo (aprire il 17 marzo 2161)

Caro amico compatriota, ti scrivo questo post da 150 anni fa, precisamente dal 17 marzo 2011, 150° anniversario dell’Unità d’Italia.

Si tratta di un post minimo, di superficie, perché scrivo da luoghi e tempi in cui sembra indispensabile rimanere in superficie: vuoi per la limitatezza dei mezzi di chi scrive, vuoi perché sembra di camminare sulle sabbie mobili: come ti muovi, come dici qualcosa, rischi di sprofondare invece di approfondire e a differenza che nei film di avventura, dove il malcapitato che ci finisce dentro viene aiutato a uscirne da qualcuno che gli getta una fune o gli porge un bastone a cui appigliarsi, qui il bastone lo usano per dartelo sulla testa.

E dunque, ti lascio solo qualche suggestione da questa data remota, un assaggio di quelli che sono gli argomenti del momento.

Insomma, caro compatriota, non so se da dove leggi tu quello che ho scritto abbia un senso, anche perché non so cosa resterà di questa Italia e delle stupidaggini che ho elencato dopo un secolo e mezzo. Probabilmente poco o niente. Un po’ quasi lo spero.

Spero cioè che a sentir parlare di centrali nucleari tu abbia la reazione che potrei avere io ora a sentir parlare dei dirigibili.
Spero che a sentir parlare di comici ti venga da ridere e a sentir parlare di politici no.
Spero che lì, oggi, ci sia il sole.
Spero nell’onda della storia.

Ah, dimenticavo: siccome il nano col cerotto di cui ti ho parlato poco sopra è stato, a suo dire, il miglior statista dei primi 150 anni dall’Unità d’Italia, spero che a te vada un po’ meglio.

Saluti