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Piano Casa in Liguria, l’Idv sbianchetta i vincoli e tira la volata ai signori del mattone

Oggi il Consiglio Regionale voterà un piano da cui dipende il destino del paesaggio. In Liguria se ne parla da mesi, ma anche i Verdi ed esponenti nazionali del Pd sono intervenuti per lanciare l’allarme: il Piano Casa voluto dal centrosinistra di Claudio Burlando ha rischiato di superare a destra le norme di Ugo Cappellacci. Capire esattamente che cosa preveda l’ultima versione per i cittadini è un rebus: ogni giorno il testo cambia, con la sinistra che chiede vincoli, ma l’assessore Idv e una parte del Pd che li tolgono

L’assessore Idv “sbianchetta” i vincoli del Piano Casa. Senza nemmeno avvertire la sua maggioranza fa un regalo ai signori del mattone che potrebbero riversare sulla Liguria 40 milioni di metri cubi di cemento. Ormai il Piano Casa della Liguria è diventato un caso nazionale per il centrosinistra e soprattutto per il partito di Antonio Di Pietro che pure nei manifesti elettorali portava scritta in evidenza la parola “ambiente”.

Oggi il Consiglio Regionale voterà un piano da cui dipende il destino del paesaggio. In Liguria se ne parla da mesi, ma anche i Verdi ed esponenti nazionali del Pd sono intervenuti per lanciare l’allarme: il Piano Casa voluto dal centrosinistra di Claudio Burlando ha rischiato di superare a destra le norme di Ugo Cappellacci. Capire esattamente che cosa preveda l’ultima versione per i cittadini è un rebus: ogni giorno il testo cambia, con la sinistra che chiede vincoli, ma l’assessore Idv e una parte del Pd che li tolgono (per la felicità del Pdl e dei costruttori).

Secondo l’ultima versione modificata in extremis il Piano sarà applicabile agli immobili parzialmente condonati (un nodo particolarmente indigesto per la sinistra), ma sarà leggermente corretta la norma più devastante che avrebbe consentito di spostare i capannoni industriali in zone residenziali e di trasformarli in case incrementando addirittura i volumi. Un disastro per l’ambiente. Secondo il nuovo testo le strutture industriali potranno essere spostate, ma se diventeranno case non potranno essere ampliate. Pare.

Ma andiamo con ordine: un mese fa l’assessore all’Urbanistica Marylin Fusco (Idv, vicepresidente della Regione) presenta quella che dovrebbe essere l’ultima versione del Piano. E pur in una Liguria ormai ricoperta dal cemento scoppia la rivolta: il Piano Casa firmato Fusco prevede ampliamenti per gli immobili condonati e per i manufatti industriali e artigianali (leggi capannoni) fino al 35 per cento. Non solo: possibilità di demolire e ricostruire con aumento volumetrico estesa a tutti gli immobili, dunque non soltanto a edifici pericolanti e ruderi. Ancora: si parla di comprendere anche gli alberghi.

Insomma, sarebbe una pietra tombale sull’ambiente di una regione che campa sul turismo, ma paradossalmente punta tutto sul mattone. Angelo Bonelli, presidente nazionale della Federazione dei Verdi lancia l’allarme: “Quarantacinque milioni di metri cubi di nuove costruzioni. Il piano casa della Liguria è come Attila. Per questa regione, per il suo paesaggio, ma anche per il turismo e l’economia sarebbe un colpo fatale. Sta per arrivare una seconda rapallizzazione”. Così anche una parte della maggioranza di centrosinistra si sveglia e alza la voce. Prima si decide di congelare il Piano, poi si arriva a un accordo tagliando gli aumenti volumetrici per gli edifici industriali. Marylin Fusco non nasconde la sua delusione, sostenuta paradossalmente soprattutto dal centrodestra che ha sempre sostenuto la norma.

Ma quando la battaglia sembra finita ecco la sorpresa, come ha rivelato Alessandra Costante sul Secolo XIX: il documento concordato dalla maggioranza approda in Commissione con un testo sostanzialmente modificato. Ecco ricomparire il via libera alla demolizione dei capannoni produttivi e il loro spostamento, fino a un massimo di 10mila metri cubi e con l’aumento del 35 per cento della volumetria, anche in zone residenziali senza troppi vincoli legati agli indici del Puc. Insomma, i consiglieri regionali si ritrovano davanti un documento che pare accogliere le osservazioni di Marco Melgrati, il vice presidente della commissione Attività Produttive, ex sindaco Pdl di Alassio, architetto, plurindagato per illeciti urbanistici. I consiglieri di centrosinistra fanno un salto sulla sedia: Fusco non li aveva informati delle modifiche sostanziali al documento. Non tutti, almeno. Il capogruppo del Pd, Nino Miceli, al Secolo XIX ammette: “Sì, io lo sapevo: se le obiezioni hanno un fondamento devono essere prese in considerazione”. E ricomincia la mediazione. “Abbiamo costruito un emendamento che mantiene il premio del 35 per cento per le attività produttive quando vengono delocalizzate, ma se invece c’è un cambio di destinazione d’uso e l’intervento diventa residenziale perché il Puc lo prevede, allora viene cancellato l’incremento”, spiega Miceli. Assicura: “E’ una norma più restrittiva di quella vigente”.

Ma i Verdi e i Radicali non sembrano per niente convinti. Per domani annunciano una protesta contro il Piano. Ci sarà anche Domenico Finiguerra, sindaco anti-cemento noto in tutta Italia. E pensare che dal Pd nazionale già l’anno scorso erano arrivati chiari segnali di allarme: “È il piano più cementizio d’Italia”, aveva attaccato il Roberto Della Seta (Pd), accusando la “lobby del cemento” interna al partito. Pippo Civati e Debora Serracchiani non erano stati meno duri: “Se la realtà del Piano varato da un’amministrazione di centrosinistra dovesse superare le fantasie di Berlusconi, ci sarebbe da preoccuparsi. Il centrosinistra ligure abbia la forza di distinguersi da questo modo di procedere. La nostra generazione non si deve macchiare degli stessi errori compiuti dalla precedente”.

Il Pd ligure, però, già allora aveva fatto capire che aria tirava: “Serracchiani e Civati farebbero bene a pensare ai fatti loro, anziché parlare di cose che non conoscono”, disse Mario Tullo, allora segretario ligure del Pd. Insomma, nonostante le accese proteste di associazioni, comitati e cittadini, nonostante i timidi dissensi, il Pd va dritto per la sua strada. Del resto negli ultimi quindici anni centrosinistra e centrodestra hanno gettato il cuore oltre l’ostacolo e si sono votati al cemento. Claudio Burlando, pur con recenti ripensamenti, è stato uno dei massimi sponsor della colata di cemento che ha portato ovunque in Liguria nuovi porticcioli (siamo quasi a trentamila posti barca, uno ogni 47 abitanti). Il 12 ottobre 2005 disse: “Un mio amico di Bologna (Prodi, ndr) si è augurato di vedere sulle nostre spiagge più ombrelloni e meno porticcioli. Invece io dico: più ombrelloni e più porticcioli”. Così ecco nascere porticcioli di centrodestra e di centrosinistra: a Imperia 1.400 posti barca, voluti fortissimamente dall’altro Claudio (Scajola), sui quali adesso indaga la magistratura. Alla Marinella, alle foci del Magra (vicino alla Spezia), invece arriveranno quasi mille posti barca più 200 esercizi commerciali e 750 residenze realizzati da una società che fa capo al Monte dei Paschi di Siena, la “banca rossa”, e oggi è partecipata dalle cooperative. Nel cda della società sedeva il cassiere della campagna elettorale di Burlando.

Burlando negli ultimi mesi ha respinto sempre le accuse di chi parlava di un Piano Casa votato al cemento: “Abbiamo dato la possibilità di modesti ampliamenti volumetrici a favore delle attività produttive in un momento di drammatica difficoltà per le nostre imprese”. Ma in tanti ricordano come basti poi una piccola variazione di destinazione d’uso, due righe sui documenti, per trasformare una zona industriale in residenziale. Gli esempi non mancano: a Cogoleto dove sorgeva la Tubighisa alcuni imprenditori amici del furbetto Gianpiero Fiorani stanno realizzando 174mila metri cubi di nuove abitazioni per 1.500 abitanti. Un’operazione voluta dal centrosinistra e firmata dall’architetto Vittorio Grattarola, fraterno amico di Burlando e membro della sua associazione politica Maestrale (dove sta accanto ad altri architetti, imprenditori del mattone e tecnici pubblici che si occupano di urbanistica e, ovviamente, al presidente della Regione che dà il via libera ai progetti).

Intanto a Savona le giunte di centrosinistra hanno voluto fortissimamente la colata griffata dall’architetto Ricardo Bofill che ha cambiato il volto del porto storico, a due passi dall’antica fortezza del Priamar e dalla Torretta simbolo della città. Poi c’è La Spezia, altro comune amministrato dal centrosinistra: la città ha un’occasione unica, ridisegnare e riqualificare la propria costa anche grazie a milioni di metri quadrati di aree che la Marina lascerà libere. E invece ecco il progetto per il nuovo waterfront: sponsor Lorenzo Forcieri (Pd, presidente dell’Autorità Portuale) e ancora la Regione con Marylin Fusco. Legambiente denuncia: “E’ un affare da 250 milioni di euro su un’area di 330mila metri quadrati”. Il progetto, anche questa volta griffato da un architetto straniero (José Maria Tomas Llavador) prevede due grattacieli, uno dei quali di trenta piani, che ospiteranno due alberghi a cinque stelle e poi spazi commerciali, un centro congressi, uffici, parcheggi sotterranei e le immancabili residenze.

Cemento, cemento, cemento. E pensare che, secondo le stime, in Liguria nei prossimi vent’anni la popolazione calerà di 150mila abitanti, che la regione ha già il record di case vuote (65mila) in rapporto alla popolazione. Che il turismo è attività fondamentale dell’economia (15 per cento del pil). Il voto di questi giorni sarà decisivo non soltanto per gli equilibri politici della Regione. Ma soprattutto per il futuro dell’ambiente di una delle terre più belle d’Italia.