Società

Piazze colorate contro<br>il buio del regime

Le piazze festanti e colorate di donne, organizzatesi in tutto il mondo per far sentire la propria voce critica, hanno dimostrato che esiste un’altra idea della donna, dell’uomo e del rapporto fra i sessi. Concezioni “altre” e opposte rispetto a quelle seminate dallo scempio ideologico e morale prodotto dal berlusconismo, figlio di una campagna mediatica che ha operato per anni sulla società, sfruttando le tv commerciali e i giornali scandalistici di proprietà del presidente del Consiglio.

Le piazze di donne hanno poi confermato che un’altra democrazia è possibile. Anzi esiste già nella mente e nel cuore della società civile, spesso più lungimirante della classe dirigente e politica che la rappresenta e la guida. Una democrazia compiuta, sana, pulita. Una democrazia che rifiuta la mercificazione dell’essere umano – di qualsiasi essere umano – perchè ostile all’idea del mercimonio fra corpo e incarichi o ruoli, soprattutto se pubblici e quindi legati ad una dimensione collettiva. Una democrazia estranea alla pratica dei rapporti basati sulla violenza, quella che può prodursi quando i soggetti si rapportano in una condizione di asimmetria sociale, con il debole schiacciato dal potente, che gli si “offre” per riceverne beneficio. Una democrazia a cui piace il merito e l’impegno piuttosto che il favoritismo e il clientelismo, che rifiuta la logica della scorciatoia individuale per farsi strada nel rispetto delle regole comuni. Una democrazia che difende l’uguaglianza dei cittadini nei diritti, che si affida alla Costituzione come orizzonte di riferimento per la convivenza, che non prostituisce il corpo perché primariamente non lo prostituisce la mente, non abdica al pensiero che, in quanto tale, o è libero oppure non è.

Nelle piazze festanti e colorate la società civile, immunizzata dal berlusconismo, ha dimostrato di essere attualmente l’unico vero argine democratico alla violenza e all’eversività di un potere in decadenza, incapace di rassegnarsi al suo tramonto. Fulcro e perno di questo argine democratico sono le donne. Le stesse che, come evidenziato da pensatrici e filosofe sempre attente ai movimenti della coscienza femminile, non devono e non possono essere “usate” come arma della contesa politica, gettate nell’agone pre-elettorale come testa d’ariete per distruggere Berlusconi, magari colpendolo con una campagna strumentale che si serve di questa sana coscienza femminile che, giustamente, si ribella. Vanno dunque rispettate nella loro autonomia, nella loro indipendenza.

E per farlo, un modo onesto sarebbe quello di elaborare noi, uomini italiani, una riflessione sul modello maschile imposto dal berlusconismo. Se madri, figlie, sorelle e amiche ci ricordano che esiste un’altra idea di donna, noi dobbiamo ricordare che parallelamente ne esiste anche un’altra di uomo. Un uomo che non considera la donna solo corpo e corpo acquistabile, perché per primo non si considera utilizzatore finale di corpi femminili a disposizione del suo potere e denaro. Un uomo che proprio del potere e del denaro non fa uno strumento di ricatto umano, di vessazione sociale.

Una rivoluzione antropologica rispetto al berlusconismo che deve assumere una dimensione generale tanto quanto privata, sociale quanto domestica, pubblica quanto intima, necessaria per contrastare quanto del berlusconismo, purtroppo, potrebbe essersi infiltrato in ognuno di noi. Piazze festanti e colorate contro il buio del regime chiuso nel suo bunker: speriamo ce ne siano altre. Magari proprio su proposta di noi uomini. Ci dovremmo riflettere. Soprattutto in un passaggio storico-politico in cui proprio la piazza fa maggiormente paura all’esecutivo, che tenta infatti di criminalizzarla.