Cronaca

Sorelle d’Italia, il documentario sull’odio-amore delle donne per il Cavaliere

GIrato subito dopo lo scandalo delle escort a palazzo Grazioli, il film svela una verità: le signore con qualche anno in più proseguono ad amare Berlusconi. Non così le nuove generazioni, soprattutto se sono state all'estero

“Lo abbiamo incontrato al centro commerciale tra Villasanta ed Arcore. Lui si è girato con sorriso smagliante e ci ha detto: ‘Ciao belle, ciao’”. “Tutti sognano quello che fa lui. E’ bello che sia ‘attivo’ [sessualmente, ndr], mi piace”. E c’è dell’altro: “E’ un venditore di tegami che è riuscito a convincere metà degli italiani” o al contrario “un uomo interessante anche se basso” che, tutto sommato, “come donna non mi offende. Mi fa ridere”. Nel documentario “Sorelle d’Italia” dei registi indipendenti Lorenzo Buccella e Vito Robbiani le donne del Belpaese sono profondamente divise su Silvio Berlusconi. Le 101 intervistate o lo amano o lo detestano, nessuna ha un parere neutrale. Il film, terminato di girare a ottobre 2009 dopo gli scandali di Noemi Letizia e Patrizia D’Addario, ha esordito la settimana scorsa al Festival di Biarritz e le inchieste sul Ruby gate e i festini di Arcore lo rendono di grande attualità. In 15 giorni i due registi, zaino e telecamera in spalla, hanno fatto tappa ad Arcore, Bologna, Roma, Napoli, Bari e nei dintorni di Villa Certosa per sondare gli umori al femminile sul Cavaliere. “Volevamo capire perché piacesse tanto alle donne, visto che i loro voti sono sempre stati determinanti per le sue vittorie elettorali. In particolare quelli della fascia anziana, il ‘popolo di Rete4’, per intenderci, che ha davvero conquistato”, spiega Buccella. “Per le interviste lanciavamo il sasso dicendo: ‘ti dico solo una parola. Berlusconi’. Da lì partivano a ruota libera. Per molte il primo commento era sulle escort, per alcune è stato il miglior presidente della storia italiana e altre ancora rinfaccivano a Veronica Lario di averlo lasciato solo”.

L’attacco all’ex moglie evidenzia un discrimine generazionale che nel film emerge con chiarezza: le donne adulte, generalmente in età da pensione, tendevano a difendere la condotta privata del premier, puntando il dito contro la consorte assente o richiamando il leit motiov del “così fan tutti”, mentre colpevolizzavano le ragazze di cui lui era, con le parole di Niccolò Ghedini, “utilizzatore finale”. Al contrario, le giovani concedevano pochi sconti alla condotta etica e morale del Presidente. “Le signore adulte – osserva il regista – tendono a giustificare la scappatella dell’uomo e a denigrare le ragazze che offrono la prestazione sessuale. Lo fanno nei confronti dei loro mariti e, dunque, anche di Berlusconi. Ristagna ancora una cultura maschilista difficile da sradicare. Non credevamo fossero ancora in tante a difenderlo”. Esiste una tipologia di donna che certamente non sta dalla sua parte? “Sì, chi vive o ha avuto esperienze all’estero e sente su di sé la frustrazione di essere rappresentata da un Primo ministro che in ogni altro paese è deriso”.

La mappatura che emerge da “Sorelle d’Italia” è complessa e offre uno spaccato sociologico interessante: ad Arcore le anziane, che si definiscono orgogliosamente sue “vicine di casa”, sono fiere di lui che appartiene a una “classe di ferro” attiva e gaudente ma tutta “casa e lavoro”, lo stimano per avere donato denaro personalmente a cittadini che erano in difficoltà (“soldi suoi eh, mica del governo”), amano le reti Mediaset e odiano Santoro (‘quella faccia di cazzo…oh, mi scusi’).

Bologna, invece, tradizionalmente rossa, non esprime un’opinione plebiscitaria contro il premier, e alcune intervistate attaccano la stampa di sinistra ed elogiano il giro di vite che ha promosso questo governo contro lo spreco di denaro pubblico. Sorprende invece Napoli, dove il miraggio della scomparsa dei rifiuti è stato smascherato, e le voci raccolte nei pressi di Villa Certosa, in cui una milanese che in lui vede la produttività del Nord contrasta con il parere di un’autoctona che invita il Presidente a uscire dai comizi con la claque per andare tra gli operai in cassa integrazione. Eppure, oltre all’odio o amore per il personaggio, è la disinformazione che serpeggia tra i cittadini sul conflitto di interessi a stupire: “Poche sanno che cosa sia e per tante coincide a uno che vuole fare i fatti suoi. E invece è un elemento chiave che le opposizioni avrebbero dovuto spiegare agli elettori e non solo brandire in campagna elettorale. Non è affatto chiaro che abbia a che fare col possesso dei mezzi di informazione e gli interessi economici e personali che rendono il Cavaliere incompatibile col ruolo che ricopre”. E il modello culturale dell’Italia di oggi emerge in un esempio per spiegare la deontologia di un Presidente del Consiglio: una ragazza ad esempio, per dimostrare che la condotta di Berlusconi dovrebbe indurlo alle dimissioni, ricorda che l’albo professionale degli infermieri voleva eliminare una iscritta e concorrente del Grande Fratello perché danneggiava l’immagine dei colleghi. Il personaggio e i suoi media hanno permeato in profondità il tessuto sociale e tutte le “Sorelle d’Italia”, indipendentemente da età e professione, hanno una visione precisa. “Berlusconi è una password che ti consente di parlare di mafia, tv, magistratura, media, escort. Si ha la percezione che sia onnipresente. Una signora, quando ha saputo che avremmo girato ad Arcore e Villa Certosa, credeva che il nostro documentario ci fosse stato commissionato da lui, per avere un feedback sulle donne italiane”.