Società

Ruby e le altre, riflessioni di una vetero femminista

Parlare di sesso non è scabroso, scriveva qualche giorno fa Lidia Ravera, ed è forse perché di questi tempi non si fa altro che perfino una come me, che non si è mai trovata a riflettere (pubblicamente) su tali argomenti, sente l’urgenza di dire la sua. Reduce da un terribile anno trascorso sulla Flaminia a dare la caccia a trans alte due metri, traballanti su tacchi 14 – seni prorompenti, culi fasciati, labbre siliconate – o a sflogliare imbarazzanti fascicoli giudiziari, fitti di intercettazioni in cui nessun dettaglio (in senso anatomico) veniva risparmiato, ecco penso che c’è davvero bisogno di parlarne. Senza dimenticare le escort presidenziali, tutte bellissime anche se qualcuna – forse per colpa di un chirurgo incapace o abuso di botulino – assomiglia un pò alle colleghe trans. Gli uomini parlano di sesso e le donne d’amore? Forse, ma certamente non tra di loro. Tutti conosciamo almeno una dozzina di belle ragazze, tra i trenta e i quaranta, che trascorrono le serate in casa, vanno qualche volta al cinema con le amiche, o a feste dove si presentano rigorosamente non accompagnate. Cosa c’è che non va? Niente, sono carine, intelligenti, economicamente autonome. Normali, questo è il loro difetto. Magari vogliono sposarsi, fare un figlio, vade retro…

Per  capire come tutto questo è successo, bisogna girare all’indietro la moviola. E’ vero, il diritto femminile al piacere lo abbiamo rivendicato noi 40 anni fa. Oggi, con l’animo sgombro da false commemorazioni, dobbiamo ammettere che averlo rivendicato non vuol dire averlo conquistato, e parlo di noi che eravamo un’élite o, come si diceva allora, un’avanguardia. Rivendicavamo un diritto, finalmente potevamo permettercelo. Grazie alla pillola, dice Lidia. Non solo, dico io. Eravamo la prima generazione di donne che accedeva in massa all’università e questo ci consentiva di progettare un futuro che finalmete non metteva al primo posto trovare un marito costretto a mantenerci. Fieri di farlo e pronti a rinfacciarlo, come facevano con le nostre madri. Cara Lidia, alle parole sesso e amore, come vedi va sempre aggiunta la terza variabile, i soldi. Inutile girarci intorno.

L’arma della nostra rivoluzione sessuale era la pillola, vero. Dico “nostra” perché la rivoluzione andava fatta in due. Invece gli uomini non ci hanno seguito, si sono sentiti espropriati di atavici diritti e hanno macinato rancori e livori, Già allora stavano lì a rimproverarci – citando il solito Lenin “neppure un bacio senza amore” o forse era la Kollontaj non ricordo -, mentre noi eravamo impegnate a rompere tutte le regole della domanda e dell’offerta, nel libero mercato dell’amore, dandola via per niente. Neppure per il  rivendicato piacere, vista la complicazione dell’orgasmo clitorideo. Ma non è il caso di dilungarci, sappiamo com’è andata. Che poi a conti fatti è andata benissimo, al di là delle più rosee previsioni, forse non sotto il profilo del sesso e della felicità, non se ne parla, ma della libertà sì. Che non è poca cosa e io sono orgogliosa dei passi avanti che abbiamo fatto, degli spazi conquistati, e dei grandi successi (anche se finora riguardano poche).

Il prezzo pagato per qualcuna è stato alto – fatica, solitudine, posti di seconda fila – ma ne valeva la pena. Però non sono d’accordo con Lidia quando scrive: “Quarant’anni dopo ci ritroviamo circondate da signorine piacenti che si danno in cambio di soldi, carriere, status sociale, provini in tivvù. E’ in atto una regressione spaventosa”. Ma questo è sempre avvenuto, perché negarlo, magari a riflettori spenti, o sotto la falsa egida della storia d’amore con l’uomo sposato e in carriera. Ci sono sempre state signorine che non perdono tempo con ragazzotti irriconoscenti e s’innamorano perdutamente di capi ufficio, direttori, uomini politici o di potere, che se poi la storia finisce – e sempre finisce –  almeno nel frattempo ti sei sistemata. Scriveva Natalia Aspesi che è una donna di buon senso: “In fin dei conti il letto non è la cosa peggiore”. In un mondo dove per fare carriera c’è chi è pronto a vendere l’anima. Poi diventi grande, fai una famiglia, i figli e sei in grado di mantenerli. La vera novità è che le donne oggi sono capofamiglia, gli uomini prima o poi se ne vanno e ti dicono: “Hai voluto la bicicletta? Pedala”.

Se è vero che preferiscono pagare una donna – sia essa moglie, amante o puttana – perchè ciò li rende liberi dal pagare altri prezzi (il temibile “confronto”) non è detto che alle donne non piaccia essere pagate. Penso a Sabrina Minardi, la ragazza di Romanzo criminale, che ha avuto al suo fianco due uomini ricchi e potenti: il marito era Bruno Giordano, all’epoca bomber della Lazio, l’amante Renato De Pedis, il capo della Banda della Magliana. Forse non erano in grado di mantenerla negli agi, di offrirle carrettate di cocaina? Ebbene lei si prostituiva, una scelta di libertà. “Mi piaceva la bella vita, vestivo Armani, frequentavo i migliori locali, mi divertivo e la mattina tornavo a casa cone le tasche piene di soldi, anche tre milioni”. Non era una ragazza di oggi, siamo all’inizio degli anni Ottanta e la cifra di cui parla era superiore a qualle vantata da Ruby o da Nadia.

Il piacere? “Non so cosa sia un orgasmo – dice Sabrina – mio marito mi regalò perfino un libro sulla frigidità. A me piaceva sedurre, vedere gli uomini persi di me, poi mi alzavo, mi rivestivo e me ne andavo”. Con le tasche piene. Roberto Calvi, il banchiere dagli occhi di ghiaccio le regalò perfino una villa a Montecarlo. Le sue amiche, le ragazze dell’hotel Mallia, non erano da meno. Rintracciate dalla polizia, nell’ambito dell’inchiesta sulla scomparsa di Emanuela Orlandi, qualcuna si è schermita: “Sono disposta a collaborare, ma non vorei che mio marito venisse a sapere…”.

Non bisogna confondere un’avanguardia (sconfitta) con l’ordalia (vincente) di donne che, rotto l’argine della discriminazione, ha saputo farsi strada in un mondo irto di ostacoli. Se c’è una differenza è che le ragazze di oggi lo sanno e noi no. Scrive ancora Lidia: “L’unica differenza fra l’inibita ragazza di ieri è che la ragazza di oggi ha cresciuto dentro di sé una pars maschile (anche grazie al femminismo) e può usarla per investire l’altra parte, quella femminile, la sua bellezza/giovinezza, e farla fruttare. Alcune veline e affini sono il magnaccia di sé stesse, hanno incorporato il loro protettore”.

Ti pare poco? A parte il fatto che tanto inibite non eravamo, il timore è che non abbiamo introiettato soltanto il magnaccia, ma l’uomo tutto intero per rincorrerlo in quelli che sono sempre stati i suoi valori. Successo, potere, soldi. Ed è su questo che la nostra rivoluzione è stata davveo tradita.