Società

“Sulle droghe Giovanardi trucca le carte. Legalizzarle porterebbe molti soldi allo Stato”

Secondo il sociologo e leader del movimento antiprobizionista, il sottosegretario ha taroccato i metodi di ricerca della sua relazione sulle tossicodipendenze

Guido Blumir, sociologo, è il maître à penser del movimento antiproibizionista italiano.
I suoi libri sulle droghe, fra cui “La droga e il sistema” ed “Eroina”, hanno venduto oltre centomila copie.
Ai nostri microfoni ha parlato delle politiche italiane sulle tossicodipendenze, a partire dalla decisione del Rototom Sunsplash Festival, di lasciare l’Italia e di mettere le tende in Spagna.

Partiamo dalla mera cronaca. Com’è che la  kermesse reggae più famosa d’Europa ha deciso migrare in Spagna lasciando Osoppo e il Friuli?
Il festival richiamava una folla immensa: 150mila persone dall’Italia, dalla Francia, dalla Germania e dall’Est europeo. Gran bella musica e vita comunitaria in campeggio per una decina di giorni. Nonostante l’amministrazione di Osoppo fosse favorevole e nonostante i vantaggi economici che il festival portava per l’economia locale, alcuni ambienti hanno avviato delle procedure per ufficiali per impedire il festival.

Può essere più preciso?
C’era un rapporto dei Carabinieri che sosteneva la tesi che durante le edizioni del Rototom si verificasse consumo e vendita di hashish e di marijuana.

Reggae e marijuana. Ci può stare.
Sì certo. Quello che si fa finta di non sapere è che in Italia il fumo lo si vende e lo si consuma anche davanti alle parrocchie. C’è da dire però che gli organizzatori avevano messo in pratica una serie di accorgimenti perché non si spacciasse all’interno delle aree del festival, ma ovviamente è impossibile impedire ogni forma di consumo, e anche questo dovrebbe essere sotto gli occhi di tutti.

E quindi cosa è successo?
E’ successo che il fatto che, come in tutto il mondo, circolasse un po’ di fumo, è stato usato come pretesto per fare partire una denuncia contro gli organizzatori e una lettera di diffida contro l’amministrazione.
Ecco che gli organizzatori hanno deciso per il salto della quaglia e hanno portato il Rototom a Valencia in Spagna, producendo un grave danno per l’economia locale e facendo un regalo ai cugini spagnoli.

Cosa centra in questa storia la legge Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze?
Questa legge non ha cambiato il quadro giuridico che era già proibizionista, ma ha dato il via a un nuovo clima culturale. Ma soprattutto ha inaugurato un sistema ipersanzionatorio.  La vicenda del Rototom è figlia di questa impostazione. In Italia ci sono delle sacche culturali che, mezzo secolo dopo gli anni Sessanta, hanno ancora dei pregiudizi verso quella parte della popolazione che utilizza queste sostanze che in Italia, secondo le statistiche, sono 4 milioni.

E’ vero che lei pensa tutto il male possibile di questa legge?
E’ una legge inutilmente ideologica che non fa i conti con la realtà. Le faccio un esempio: la norma equipara le droghe leggere a quelle pesanti tutto a vantaggio di quest’ultime. Con questa equiparazione a uno spacciatore conviene vendere droghe ad alto tasso di profitto come la cocaina invece che il fumo, dato che corre gli stessi rischi. Idem per il consumo. Poi c’è la reintroduzione della dose massima giornaliera. Se un giovane viene pizzicato con un quantitativo di illecito superiore ai 4 o 5 grammi, scatta automaticamente il processo penale. Nel resto nel mondo le cose vanno diversamente: la dose consentita a Berlino è di 14 grammi, in Nord Irlanda e in Russia di 20, in 11 stati americani di un oncia, che corrisponde circa a 28 grammi. Insomma, a differenza di quanto avviene nei paesi più sviluppati, in Italia si criminalizza il consumo.

Eppure Giovanardi, presentando la sua relazione sulle tossicodipendenze al Parlamento, ha detto che anche grazie alla sua legge (e alla crisi economica), i consumi sono calati del 25%.
E’ una bufala. Quest’anno il Dipartimento delle politiche antidroga ha redatto la sua relazione con dei criteri completamente diversi dagli anni precedenti. Prima si affidava al CNR, quest’anno ha deciso di cambiare procedura, ha fatto di testa sua. Fatto sta che il Consiglio nazionale delle ricerche ha fatto la sua solita ricerca per l’Osservatorio europeo sulle tossicodipendenze che raccoglie i dati di tutti i paesi membri. E questa relazione cita dei dati praticamente uguali a quelli dell’anno scorso, con qualche piccolo aggiustamento, con buona pace di Giovanardi.

Alla luce del fatto che nel nostro paese ci sono 4 milioni di consumatori di hashish e marijuana, in termini economici quanto ci guadagnerebbe l’Italia se seguisse le orme dell’Olanda liberalizzando le droghe leggere?
In Olanda si possono comperare fino a 5 grammi di fumo al giorno nei coffee shop. Se in Italia stimiamo in 10 miliardi i soldi spesi dai consumatori di cannabinoidì, avremmo, solo di IVA, un’entrata di 2 miliardi di euro l’anno. Più atri due miliardi di tasse che i rivenditori di tali sostanze verserebbero al fisco. In California il governatore repubblicano Schwarzenegger ha dato l’incarico a una commissione di studiare i vantaggi fiscali della legalizzazione: non solo quanto ci guadagnerebbe lo stato, ma anche quanti soldi risparmierebbe con meno processi e meno galeotti rinchiusi per reati legati al consumo di tali sostanze.

Il Rototom Sunsplash Festival lascia l’Italia

Pino Arlacchi: “un mondo senza droghe”