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“Emiliano chiese a Pisicchio di dimettersi poco prima dell’arresto? Cosa sapeva?”: Renzi e Fi all’attacco del presidente della Puglia

“Emiliano sapeva del caso Pisicchio?“, “Qualcuno tra gli inquirenti informava Emiliano?”, “Come faceva Emiliano a sapere dell’indagine?”. Sono le domande che vengono poste da Matteo Renzi e da Forza Italia al presidente della Regione Puglia. Una presa di posizione che parte da una ricostruzione dei giornali locali secondo la quale Alfonso Pisicchio, ex commissario dell’Agenzia regionale per l’innovazione finito ai domiciliari nell’ambito di un’inchiesta per corruzione e truffa, la mattina dell’arresto aveva ricevuto un messaggio dal governatore che gli chiedeva di dimettersi. Secondo gli stessi giornali a dirlo è stato lo stesso Pisicchio. Quest’ultimo effettivamente si è dimesso prima che gli fosse notificata l’ordinanza, ma resta da capire se questo si lega alla circostanza della comunicazione di Emiliano. Va anche precisato che il fatto che Pisicchio fosse indagato è un fatto noto da 4 anni (cioè da quando era stato perquisito nel 2020). L’interrogativo riguarda invece la tempistica che riguarda l’arresto. “Dalle cronache – dice Renzi – appare che il presidente Emiliano fosse a conoscenza di una indagine penale nei confronti di Pisicchio. E da quello che si legge Emiliano avrebbe detto all’improvviso a Pisicchio: dimettiti o ti caccio. Se i fatti corrispondono al vero, si tratta di un doppio scandalo“. Italia Viva ha anche chiesto che Emiliano venga ascoltato in commissione Antimafia. “Usare notizie riservate è reato, per caso lui è indagato?” si chiede Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia. Mauro D’Attis – anche lui berlusconiano, tra coloro che hanno chiesto la commissione d’accesso a Bari – parla di “un sistema di potere a Bari a cui tutto è concesso: utilizzare notizie riservate è un reato, ma qui sembra normale”.

L’abbandono dell’incarico da parte di Pisicchio poche ore prima del suo arresto avevano già sollevato dubbi e voci su una presunta fuga di notizie. La Procura al momento non ha confermato l’apertura di un fascicolo specifico. Dopo le dimissioni (a poche settimane dalla nomina) e l’immediata sostituzione con un dirigente regionale, Pisicchio aveva spiegato che aveva preferito lasciare perché interessato ad un altro incarico all’accademia di Belle Arti. Una spiegazione che non aveva convinto le forze politiche che avevano chiamato in causa lo stesso Emiliano e anche l’avvocato difensore di Pisicchio, Michele Laforgia (che è il candidato sindaco di una parte del centrosinistra a Bari).

Il giorno dopo Emiliano aveva quindi precisato che la nomina a commissario dell’Arti era stata fatta dopo che Pisicchio lo aveva assicurato che “le indagini a suo carico erano state archiviate“. E che poi, non avendo avuto “riscontro fattuale a queste sue assicurazioni, alla luce delle verifiche a 360 gradi che l’amministrazione regionale sta effettuando su tutte le eventuali situazioni giudiziariamente rilevanti” aveva proposto alla giunta di sostituirlo. Effettivamente, che Pisicchio fosse indagato lo si sapeva dal luglio 2020 quando era stato sottoposto ad una perquisizione. Poi, non se ne era saputo più nulla. Le polemiche e i sospetti che hanno investito anche l’avvocato Laforgia avevano indotto il penalista a rinunciare all’incarico difensivo per evitare speculazioni su “presunte e inesistenti” interferenze tra attività professionale, impegno politico e la candidatura a sindaco. E a precisare che “ovviamente non sapevo e non potevo sapere nulla dell’ordinanza”.