Calcio

Bologna sogna l’Europa, l’ex vice di Mihajlovic De Leo: “Non sono sorpreso. Thiago Motta diverso da Sinisa, ma resta una squadra Pop”

L’intervista parte con un concetto: Pop. “Ma non è negativo, anzi: è una grande qualità”. Calcio Pop, allenatori Pop. Popolari, folkloristici. Coinvolgenti. Emilio De Leo è stato per dieci anni il braccio destro di Sinisa Mihajlovic e quando guarda i risultati del Bologna non è dispiaciuto del fatto che non ne sia più artefice. “Almeno del tutto”, specifica. “Perché la sensazione è che comunque il lavoro straordinario di Thiago Motta vada a chiudere un percorso di tanti anni, a cui anche noi, ma non solo, abbiamo preso parte”. I rossoblù al quarto posto in Serie A fanno sognare una città intera e tutti i tifosi di un calcio che vuole trovare delle sorprese, delle storie nuove da raccontare. Pop, appunto.

“Sinisa e Thiago sono sicuramente Pop, anche se in maniera diversa”, racconta De Leo in esclusiva a ilfattoquotidiano.it. “Motta è sempre stato molto rispettoso, discreto e riservato. Ha saputo adeguarsi, che è la grande qualità del Pop: capire la tendenza, abbracciarla, rinnovarla. Sinisa aveva una voglia incredibile di affrontare quello che la realtà ti metteva di fronte. Lo ha fatto a Bologna, come a Genova, o a Torino. Sapeva entrare nel cuore della gente, radicarsi nella loro mentalità”. Un esempio? “Quando è tornato a Bologna nel 2019, sapeva che ci volesse un forte elemento di rottura: dovevamo cambiare subito atteggiamento e mentalità, riuscimmo nel giro di pochi giorni a vincere 1-0 a Milano contro l’Inter di Spalletti. Poi, col tempo, abbiamo visto che qualche equilibrio si era rotto e nell’ultima parte della nostra esperienza siamo passati a proporre la difesa a 3. Il Pop stava nella capacità di percepire le attitudini dei calciatori e assemblare al meglio il sistema di gioco”.

E il Bologna Pop lo è di certo. “Sorprendente? No”, dice De Leo. “Non per una qualificazione in Europa almeno. La Champions era difficile da prevedere. Ma se si dà continuità con una politica aziendale giusta, è naturale che le cose funzionino”. Il percorso è stato determinato dalla crescita di ragazzi che lui stesso ha allenato. Primo nome? Zirkzee. “Le potenzialità si intravedevano tutte. Cercavamo un giocatore con le caratteristiche simili a quelle di Arnautovic, che potesse sostituirlo o affiancarlo, tanto che nell’ultimo periodo li stavamo allenando insieme. Poteva essere un bel mix: guardando le sue partite nel Bayern e nel Parma erano chiari talento e classe. Serviva continuità, è stato bravo a meritarsela e Motta a puntare su di lui”. Ma non è l’unico a sorprenderlo: “Io cito anche Ferguson e Posch: con loro si era creato un bellissimo rapporto e sapevamo che c’era un grande potenziale. E poi sono davvero felice per Orsolini: ci abbiamo creduto tanto, mi fa piacere vederlo leader del gruppo”. Come leader sono anche quei giocatori “di carattere che hanno saputo adeguarsi ai cambiamenti. Penso a De Silvestri, che c’è ancora adesso, ma anche a Soriano, Medel e Palacio: ci hanno dato una grande mano”.

Con Mihajlovic il progetto era partito dalla salvezza, si è consolidato con una metà classifica tranquilla, ora si sta trasformando in un sogno europeo. E De Leo l’ha vissuto da protagonista. “Il rapporto con Sinisa era nato dai tempi dell’Inter, quando da collaboratore esterno inviavo delle mie analisi a Mancini, di cui Mihajlovic era il vice. Nel 2012 venne chiamato ad allenare la Serbia e mi chiese di entrare nello staff”. Fu la svolta del loro rapporto. “Fino a prima non ci eravamo mai visti di persona: gli mandavo tutte le mie analisi via mail. Nel tempo, ha cominciato a darmi carta bianca: mi occupavo dell’organizzazione degli allenamenti e della definizione del nostro modello di gioco. E strutturavo il lavoro quotidiano in campo che spesso conducevo direttamente. Poi, ha cominciato a darmi la possibilità di strutturare lo staff che si è via via avvicendato negli anni”. Di fatto, un allenatore aggregato, come è successo durante il lungo periodo della malattia di Mihajlovic. “Prima di conoscerlo, venivo comunque da un’esperienza come primo allenatore in categorie minori, o nei settori giovanili professionistici”. Ora, a 46 anni e oltre vent’anni di esperienza, è pronto per continuare (più che cominciare) da solo con un’idea di calcio ben precisa: “Qualche trattativa c’è, io aspetto. Se si creano i presupposti giusti, io ci sono con grande entusiasmo”. Intanto, si guarda le partite. E tra queste, con un coinvolgimento speciale, anche il Bologna. Che diverte e fa sognare. Pop.