Cronaca

Xylella, lo strano caso della morìa di ulivi dalla California al Veneto. Ma la causa è un fungo e nessuno abbatte gli alberi

Mentre la Regione Puglia decide di non sacrificare più gli ulivi secolari sani della Valle d’Itria per difendersi da Xylella – il batterio ritenuto responsabile del disseccamento delle piante pugliesi – sintomi simili (disseccamento e morìa) si stanno verificando anche negli uliveti di altre regioni d’Italia. Ma lì, però, Xylella non si cerca come in Puglia. Succede in Sardegna, Calabria, Veneto e Lombardia ma anche in Spagna, Tunisia, California, Sudafrica, Australia.

“Dal 2017 – si legge sul sito della Regione Veneto – si stanno registrando fenomeni di disseccamento e necrosi, con grave compromissione dei raccolti, ma non è Xylella la causa”. Nel 2019, il Veneto parla di 5mila ettari di uliveti “colpiti da fenomeni di disseccamento di cui si ignorano le cause.” Di abbattimenti però non si parla. Xylella è infatti inserita nella lista dei cosiddetti patogeni da quarantena dall’Organizzazione europea e mediterranea per la Protezione delle Piante (Eppo). Se scoperta, scattano di default misure d’emergenza, imposte dall’Ue, tese a eradicare il batterio e a impedirne la diffusione al resto d’Europa. In Puglia questa scelta ha causatosi l’abbattimento di 15 mila ulivi di cui molti monumentali e sani.

Nelle altre regioni il problema degli abbattimenti invece non si è posto: nessuno ha mai cercato Xylella. Lo studio del fenomeno fuori dalla Puglia è stato affidato a un team dell’università di Padova. Il compito era studiare tutte le possibili cause dei disseccamenti (meno Xylella). Uno studio del 2023 pubblicato su Agricolture dimostra che i disseccamenti sono causati da funghi molto virulenti della famiglia delle Botryosphaeriaceae, in particolare al genere Neofusicoccum.

A differenza dell’Università di Padova, il gruppo di ricerca dell’Istituto per la Protezione Sostenibile delle Piante (Ipsp-Cnr) e Università di Bari ha cercato solo Xylella. Nel 2018, in un’audizione alla Camera, scrivevano che “il ruolo eziologico di Xylella nel disseccamento in Puglia è stato verificato sperimentalmente”. Altri fattori come “clima, condizioni delle piante e del terreno, funghi lignicoli, insetti, non sono concause”. Non si sa sulla base di quali studi tali patogeni siano stati esclusi. Anche perché nel 2019, ricercatori dell’Istituto Crea di Roma hanno trovato proprio il Neofusicoccum mediterraneum sugli ulivi del Salento. I test per verificare se un patogeno causi o meno la malattia hanno mostrato come il fungo sia tra gli agenti più aggressivi coinvolti nella malattia e causi i tipici sintomi di disseccamento nell’ulivo. I risultati sono stati pubblicati nel 2023 dalla rivista Pathogens.

Ma ci sono differenze: Xylella impiega da 1 a 5 anni a causare sintomi, mentre il Neofusicoccum dissecca completamente in sole 3 settimane. A differenza di Xylella, funghi come il Neofusicoccum non sono da quarantena, quindi l’Ue non impone alcun abbattimento.

Come detto, il 14 marzo l’Osservatorio Fitosanitario della Regione Puglia, diretto dal 2021 da Salvatore Infantino, ha deciso che non si applicherà più su ulivi sani la regola Ue dei 50 metri in base a cui quando si scopre un nuovo ulivo contaminato da Xylella fuori dalla zona infetta (Salento e parte della provincia di Bari), tutto ciò che ricade nel raggio di 50 metri va abbattuto, norma in vigore fino a 10 giorni fa anche dove la percentuale di ulivi monumentali è altissima, come in Valle D’Itria. “Ormai anche in quell’area ci sono troppi focolai di Xylella,” ha spiegato al Fatto Infantino. “Continuare vorrebbe dire aggiungere distruzione alla distruzione.” Infantino assicura che le nuove decisioni attengono solo ai regolamenti europei, nulla hanno a che fare con i risultati scientifici che via via emergono.

Uno studio del 2020 pubblicato da Plant Pathology mostra come ulivi sani, anche se infettati da Xylella, non trasmettono l’epidemia, se non in modo trascurabile. Un altro del 2024 su Journal of Phytopathology mostra che stando ai dati del monitoraggio della Regione Puglia, Xylella non è presente su migliaia di ulivi pugliesi sintomatici. Nel 2022-23, su 4.470 ulivi sintomatici nelle province di Lecce, Brindisi e Taranto, solo 146 sono risultati positivi al batterio, circa il 3%. Cosa fa dunque ammalare il restante 97%? Il fungo Neofusicoccum potrebbe forse spiegarlo (se fosse cercato)? Nel 2014 ricercatori pugliesi guidati da Donato Boscia dell’Ipsp-Cnr di Bari, scrivevano in un documento che in Salento “indagini hanno accertato la presenza di miceti, tra cui anche il Neofusiccoccum mediterraneum, australe e vitifusiforme.” Quelle indagini sono proseguite? Con quali esiti? Il Fatto ha rivolto più volte tutte queste domande, ma non ha ottenuto risposta.

Ma come si capisce che, nei disseccamenti fuori dalla Puglia, Xylella non c’entra? “Se ci dedichiamo solo alle osservazione esterna abbiamo maggiori difficoltà, perché i sintomi sono simili, ma se poi indaghiamo i sintomi interni la differenza è palese,” spiega Benedetto Teodoro Linaldeddu del Dipartimento del Territorio e Sistemi Agro-Forestali dell’Università di Padova. Funghi come il Neofusicoccum creano delle inequivocabili chiazze scure a forma di cuneo all’interno del tronco. I sintomi esterni invece sono aspecifici. “Bisogna avere l’occhio esperto del patologo per cogliere già in campo minime differenze su foglie e rametti secchi,” spiega. “Se si sbaglia in campo, si sbaglia anche in laboratorio,” aggiunge. In più, “se si sbaglia il punto di prelievo del campione dall’albero, in laboratorio si può trovare magari un patogeno che è secondario, invece che quello principale che induce la malattia.”

Anche in California, Sud Africa, Spagna, Tunisia e Salento negli ultimi anni si è riscontrata sempre di più la presenza di vari funghi e ceppi di Neofusicoccum. Il Mediterraneum è il più virulento sugli ulivi, come dimostrano anche dai test di patogenicità eseguiti anche sugli ulivi spagnoli, colpiti anch’essi da forte disseccamento dal 2017. Stessi risultati nei test di patogenicità per lo stesso fungo sono stati ottenuti anche dal gruppo di Padova e dal Crea di Roma.