Calcio

Il caso Juan Jesus-Acerbi è l’Italia medievale: la diversità non può essere intesa come principio di discriminazione | il commento

C’è qualcosa che colpisce profondamente nella vicenda Jesus-Acerbi e va oltre l’uso della parola “negro”. È il concetto, chiave, della diversità intesa come principio di discriminazione. Nel messaggio di lunedì sera su Instagram, il difensore del Napoli ha scritto: “Acerbi mi ha detto vai via nero, sei solo un negro”. Ci sono indagini aperte sulla questione, il Giudice sportivo ha richiesto un supplemento d’indagine e l’audizione dei giocatori, la Procura Federale dovrà andare a fondo sulla vicenda, anticipare conclusioni è sicuramente prematuro, ma c’è un dato di fatto sul quale non si può discutere: siamo di fronte a un episodio che impone un’accurata e onesta riflessione. La parola “negro”, derivato dall’inglese “nigger”, circola ancora abbondantemente in un certo linguaggio comune. Talvolta ne fanno uso anche persone insospettabili, che in condizioni “normali” non si sognerebbero mai di adoperarla, ma che in una situazione “alterata” la estraggono dagli anfratti del cervello. Fino agli Novanta era quasi normale l’utilizzo del termine. La percezione di termini e di persone cambia quando l’Italia inizia a fare i conti con l’immigrazione di massa e una parte del paese, soprattutto a Nord, reagisce in modo incontrollato. Inutile dire che sarebbe servita, da sinistra a destra, una cultura di governo ben diversa sul tema dell’accoglienza e della gestione di un rinnovamento inevitabile della nostra società. Inutile anche ricordare che in quel preciso periodo storico si affacciarono sulla scena politica forze come la Lega e il berlusconismo che sdoganò il fascismo in modo sgangherato, senza fare pubblica ammenda di peccati gravissimi, come quello, per esempio, delle leggi razziali del 1938.

Mentre in alcune nazioni europee, Gran Bretagna in testa, il contrasto al razzismo dalla fine degli anni Ottanta a oggi è diventato un impegno serio e rigoroso, l’Italia non è riuscita a percorrere la stessa strada. Ci sono settori della vita civile che hanno mantenuto la barra dritta, ma il sistema paese è stato ondivago: un passo avanti e uno indietro. L’Italia, che non ha saputo fare i conti con le leggi razziali e con il fascismo, è oggi un’Italia che fatica ad accettare, soprattutto negli strati sociali più bassi, la diversità. Ecco allora il senso che indigna maggiormente nelle parole di Acerbi: tu sei solo un nero/negro. E’ il “solo” che dovrebbe scuotere le nostre coscienze, perché dietro quel “solo” si nasconde un mondo. Sei “solo” un nero/negro, inteso come essere un altro diverso da chi, con protervia, mette le distanze tra il suo essere e quello dell’interlocutore.

Il razzismo è una brutta bestia e ha radici profonde. Appena 70 anni fa, la segregazione era prassi negli Stati Uniti. Il 22 giugno 1954 Sarah Flemming, una cittadina afroamericana di 21 anni, salì sull’autobus e si sedette sull’unico posto libero, nella zona riservata ai bianchi: l’autista fermò il mezzo, ordinò a Sarah di scendere e le diede un pugno allo stomaco. Nel settembre 1957, a Little Rock, in Arkansas, una folla di cittadini cercò di impedire a nove bambini neri di entrare nella scuola pubblica: il presidente Eisenhower inviò mille paracadutisti per risolvere la faccenda. Gli Usa stanno facendo ancora i conti con la bestia: la morte di George Floyd nel maggio 2020, il nero ucciso dopo l’intervento di quattro agenti, dimostra che il razzismo è ancora vivo e vegeto da quelle parti. Nel Regno Unito, la reazione fu immediata dopo l’omicidio di Floyd. I calciatori, supportati da Premier e federazione, adottarono il taking knee, l’inginocchiamento prima delle gare, un gesto di profondo valore simbolico che segnò la stagione 2020-2021. Da noi, in Italia, si discusse “se” e “come” aderire alla protesta in occasione degli europei. Si fecero mille distinguo sulla posizione da adottare da parte della nazionale. I giocatori erano divisi. Francesco Acerbi faceva parte di quella squadra. Il dibattito di allora dovrebbe averlo coinvolto e riguardato. L’episodio che lo ha avuto protagonista con Jesus dimostra che evidentemente, anche in quella circostanza, si perse una magnifica occasione per produrre uno scatto culturale. Siamo ancora alla casella di partenza. “Sei solo un nero/negro”.