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Castello delle Cerimonie, lo sfogo dei dipendenti: “Centinaia di sposi disperati, ma la disperazione è anche nostra. Rischiamo di perdere il lavoro”

Una delegazione dell’hotel chiede di essere ricevuta urgentemente dalla sindaca Ilaria Abagnale per esprimere la propria preoccupazione sulla continuità lavorativa

Le coppiette di futuri sposi telefonano incessantemente. Vogliono sapere se possono mantenere la prenotazione del loro banchetto nuziale in quella perfetta location da vip tutta luccicante oppure no. Ma al Grand Hotel La Sonrisa, dove è stata girata la serie tv su Real Time “Il boss delle cerimonie”, regna il buio. Il “Castello delle cerimonie” di Sant’Antonio Abate, nell’area metropolitana di Napoli, è stato confiscato nei giorni scorsi alla fine di una lunga vicenda giudiziaria per abusi edilizi e violazione delle più elementari norme urbanistiche. E ora appartiene al Comune.

Dopo la diffusione della notizia il clima di incertezza si è abbattuto soprattutto sui dipendenti, che tra fissi e stagionali sono un centinaio, ai quali vanno aggiunti i lavoratori dell’indotto. Ma anche sui futuri sposi. Alcuni dei quali con banchetti programmati nei prossimi giorni e partecipazioni già inviate da tempo.
La processione di giovani coppie, genitori preoccupati, persone che non si arrendono all’idea di perdere quella sede vip come location della loro festa di nozze è incessante.
Le sale piene di arazzi, decorazioni, troni dorati e dettagli molto televisivi, talvolta eccessivi ma molto glamour, possono ospitare fino a sette eventi contemporaneamente. Per il 2024 al Castello delle Cerimonie di Sant’Antonio Abate sono stati già programmati 500 ricevimenti, idem per il 2025. Quale sarà ora il futuro della struttura?

Una delegazione dell’hotel chiede di essere ricevuta urgentemente dalla sindaca Ilaria Abagnale per esprimere la propria preoccupazione sulla continuità lavorativa. La Sonrisa per quel piccolo comune rappresenta un’importante fonte di reddito per circa 300 famiglie. Vi lavorano camerieri, cuochi, giardinieri, addetti alla reception e alle sale, personale di pulizia e impegnati in tanti altri ruoli.

Non solo. In quel castello gli sposini esaudiscono ogni desiderio, dall’arrivo in elicottero alla carrozza con i cavalli. Con tutto ciò che ne consegue per il coinvolgimento di altri professionisti. Oltre ai loro sogni infranti di festeggiamenti è la realtà dei posti di lavoro a prendere il sopravvento.
Giovanni, assunto nel ristorante della struttura, rivela al quotidiano Il Mattino la sua preoccupazione: “Stiamo ricevendo centinaia di telefonate di sposi disperati, ma la disperazione è anche nostra che potremmo rimanere senza lavoro con la stagione estiva alle porte”. Gli fa eco Emma, addetta alla reception: “Stiamo vivendo momenti di profonda angoscia e incertezza. Tra noi ci sono famiglie che pagano un mutuo, l’affitto di una casa, che hanno figli da mantenere all’università e vorremmo essere rassicurati sul nostro futuro”.

Dopo il pronunciamento della Cassazione del 15 febbraio, si aspetta la notifica della sentenza che stabilisce il passaggio dei terreni e della struttura al comune di Sant’Antonio Abate. Ma la sindaca Ilaria Abagnale ha già chiesto un incontro al prefetto di Napoli per aprire subito un tavolo sul futuro dei lavoratori e della stessa struttura. La vicenda giudiziaria che ha portato al sequestro della Sonrisa parte da lontano. Ha avuto inizio nel 2011. Gli inquirenti contestarono una lunga serie di abusi edilizi, realizzati secondo le indagini a partire dal 1979 su un’area ampia oltre 40mila metri quadri. Su quell’area si è “costruito in maniera ininterrotta e abusiva senza alcuna autorizzazione”. Dopo la sentenza emessa dalla Corte di Cassazione, la confisca del Castello è diventata esecutiva.

Ora che succederà? L’immobile potrebbe essere demolito o utilizzato a scopi di pubblica utilità. Potrebbe anche, però, prevalere l’intenzione di non privare il territorio di quella struttura ricettiva. Magari assegnandone la gestione a privati mediante un bando pubblico per escludere eventuali ingerenze o presenze degli attuali titolari e soci. La famiglia Polese, che ora si dichiara pronta a rivolgersi alla Corte di Strasburgo.