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Profughi di Rafah cacciati nel “deserto” di Al-Mawasi: ecco il piano (poco) umanitario di Israele

Al-Mawasi. Teniamo a mente questo nome. I progetti delle Forze di sicurezza israeliane (Idf) di spostare quasi 2 milioni di palestinesi dalla zona di Rafah sono diversi e come scenario sono uno peggiore dell’altro. L’idea fatta circolare sui media americani di 15 “nuovi” campi per i rifugiati lungo tutta la dorsale della Striscia è impensabile. Ciascuno dovrebbe ospitare 120mila persone – quanti gli abitanti di Latina in Italia – in una superficie stimata solo in qualche chilometro quadrato. Un altro piano – fatto sempre circolare negli ambienti militari – prevede invece lo spostamento di tutti i palestinesi rifugiati a Rafah – 1,5 milione di persone – a Al-Mawasi, una zona sulla spiaggia di circa 16 chilometri quadrati. Le dimensioni di un piccolo aeroporto. Più semplice da controllare di 15 diversi campi.

Non c’è niente ad Al-Mawasi: niente infrastrutture, niente acqua, niente elettricità, niente case. Solo sabbia e ancora sabbia, per assorbire il sangue, i liquami e le epidemie. Il pensiero di ciò non solo è agghiacciante, ma mostra anche il livello di disumanizzazione che Israele ha raggiunto nella sua pianificazione della guerra. Il milione e mezzo di persone che attualmente vivono a Rafah soffrono la fame e la malnutrizione, la sete, il freddo, le malattie e le infezioni diffuse, i pidocchi nei capelli e le eruzioni cutanee. Soffrono di esaurimento fisico e mentale e di mancanza cronica di sonno. Si affollano nelle scuole, negli ospedali e nelle moschee, nelle tende di plastica e dintorni e negli appartamenti che ospitano dozzine di famiglie sfollate. Decine di migliaia di loro sono feriti, compresi coloro i cui arti sono stati amputati a causa degli attacchi dell’esercito o degli interventi chirurgici successivi. Tutti hanno parenti e amici – bambini, neonati e genitori anziani – che sono stati uccisi negli ultimi quattro mesi.

Terribile solo immaginare questo convoglio di rifugiati e il panico di massa delle persone in fuga verso Al-Mawasi. Gli anziani, i malati, i disabili e i feriti che avranno la “fortuna” di essere trasportati su carri trainati da asini o carriole improvvisate e su automobili alimentate da olio da cucina. Tutti gli altri – sia malati che sani – dovranno partire a piedi. E dovranno lasciare dietro di sé quel poco che sono riusciti a raccogliere e portare con sé negli spostamenti precedenti, come coperte e teli di plastica per ripararsi, vestiti caldi, alcuni alimenti e beni di prima necessità come piccoli fornelli.

Solo 4 chilometri separano Rafah da Al-Mawasi, ma ci vorranno diverse ore per coprire il percorso. Una volta lì si contenderanno la zona dove desiderano montare i teloni di plastica. Litigheranno per chi sarà il più vicino a un edificio o a un pozzo d’acqua. Sverranno a causa della sete e della fame. Invece chiunque resterà a casa a Rafah ed uscirà in cerca di acqua da qualche pozzo privato, di squadre mediche chiamate a curare una paziente, una donna incinta che si reca al vicino ospedale per partorire, tutti saranno considerati un nemico. Sparare e ucciderli segue le regole d’ingaggio dell’Idf.

Anche se “solo” circa un milione di palestinesi fuggirà per la terza e quarta volta ad Al-Mawasi – un’area già piena di sfollati di Gaza – la densità sarà di circa 62.500 persone per chilometro quadrato. Ciò avverrà in una zona aperta, senza palazzi per ospitare i rifugiati, senza acqua corrente, senza privacy, senza mezzi di sussistenza, senza ospedali o cliniche mediche, senza pannelli solari per caricare i telefoni e tutto mentre le organizzazioni umanitarie dovranno attraversare o avvicinarsi alle zone di battaglia per distribuire le piccole quantità di cibo che entrano nella Striscia di Gaza.

Sembra che l’unica posizione in cui questa zona ristretta possa accogliere tutti è in piedi o in ginocchio. Dormiranno a turni, alcune migliaia si sdraieranno, mentre altri veglieranno. Con l’eco dei bombardamenti sulla vicina Rafah, il ronzio dei droni in cielo, i pianti dei bimbi nati durante la guerra – ne nascono 180 al giorno – e le cui madri non hanno latte o non ne hanno abbastanza.
La verità è che non c’è nessun posto dove evacuare queste milioni di persone. Nella devastata Striscia di Gaza non c’è più nessun posto dove andare. Se i rifugiati di Rafah verranno trasferiti ad Al-Mawasi, come propone l’Idf nel suo “piano umanitario”, Al-Mawasi diventerà il luogo di un disastro umanitario mai visto nella Striscia. Israele ritiene che la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aja considererà la compressione di centinaia di migliaia o di un milione di palestinesi su un piccolo pezzo di terra una “misura” adeguata per prevenire il genocidio dei palestinesi?