Ambiente & Veleni

Accordo con i Paesi Mercosur, le ragioni dello stallo: dalle materie prime legate alla deforestazione fino all’esportazione di pesticidi vietati

Dal regolamento sulle importazioni di materie prime legate alla deforestazione, con la carne compresa che arriverebbe a prezzi agevolati, fino alle tariffe sulle esportazioni di pesticidi. I problemi legati all’accordo commerciale tra Unione europea e Paesi Mercosur (Brasile, Argentina, Paraguay, Uruguay) sono diversi e così profondi che, in realtà, la trattativa era già in stallo prima della protesta degli agricoltori. Le ragioni del freno imposto dalla Commissione Ue vanno oltre gli assedi dei trattori che, certo, hanno messo l’Ue sotto pressione. Tanto che Bruxelles ha appena proposto una deroga (a determinate condizioni) all’obbligo previsto dalla Pac di destinare parte dei terreni a finalità non produttive, pure quello contrastato dagli agricoltori. Sul fronte Mercosur, di fatto, che la conclusione fosse lontana si è capito anche alla Cop 28 di Dubai, quando il presidente francese, Emmanuel Macron, ha dichiarato di non essere favorevole all’accordo “negoziato 20 anni fa”, definendolo ‘antiquato’, in quanto non tiene in considerazione le più recenti informazioni sulla crisi climatica, né tantomeno le politiche che si stanno adottando per contrastarla. Contro il Mercosur sono arrivate, infatti, soprattutto le reazioni degli agricoltori francesi, già sul piede di guerra per le misure nazionali. “Per l’Italia questo accordo rappresenterebbe uno svantaggio enorme in una situazione già difficile” spiega a ilfattoquotidiano.it Federica Ferrario, responsabile della campagna Agricoltura di Greenpeace Italia. E aggiunge: “I problemi degli agricoltori europei, invece, non vanno ricercati nel Green Deal, come qualcuno racconta in queste ore, anche perché una serie di misure cruciali del pacchetto Ue sono state bloccate”. Il riferimento è, tra le altre cose, al taglio dei pesticidi del 25% al 2030 ad oggi saltato e all’esclusione dei bovini dalla direttiva sulle emissioni industriali, che conferma lo status quo.

I rischi per i Paesi europei e per l’ambiente – “Il mondo agricolo ha bisogno di una revisione delle politiche – spiega – perché ancora oggi la maggior parte dei sussidi finisce nelle mani delle grandi aziende, mentre le piccole realtà sono costrette a chiudere. Ed è questo sistema che fa male agli agricoltori, con danni anche per l’ambiente. Fatta questa precisazione, il Mercosur aggiungerebbe una serie di problemi”. Non è un caso che l’accordo, finalizzato nel 2019 dopo due decenni di negoziati, non sia stato ancora firmato. Con l’eliminazione della maggioranza dei dazi reciproci, l’obiettivo è quello di sottrarre all’influenza della Cina un partner commerciale strategico, sia per le materie prime, sia per la possibilità di esportare in Sud America automobili, macchinari e prodotti chimici europei. Dall’altra parte, i Paesi del Mercosur esporterebbero più prodotti provenienti da agricoltura e allevamenti. Ma gli agricoltori europei si sentono minacciati dall’arrivo di prodotti dal sud America con una riduzione quasi totale delle tasse di importazione. “Sparirebbero le tariffe sulle esportazioni di pesticidi dall’Ue al blocco Mercosur e a beneficiarne saranno solo le aziende agrochimiche europee. Queste aumenteranno il loro export verso il Sud America, anche di sostanze vietate in Ue” spiega Federica Ferrario, secondo cui si faciliteranno “le importazioni di derrate alimentari coltivate in Sud America, magari anche con quei pesticidi che da noi sono banditi, ma lì non lo sono”. Uno studio di Greenpeace ha evidenziato la presenza di residui di diversi pesticidi nei lime provenienti dal Brasile e venduti anche in Italia. Sono state trovate, infatti, tracce in 51 campioni su 52 esaminati in supermercati e mercati all’ingrosso in Italia, Austria, Belgio, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna e Svezia. Un’altra indagine dell’unità investigativa di Greenpeace UK Unearthed e della Ong svizzera Public Eye ha rivelato, invece, che l’Ue pianifica di esportare in un solo anno oltre 10mila tonnellate di pesticidi attualmente vietati perché pericolosi per le api.

Il problema della deforestazione – Ma il taglio e la graduale eliminazione dei dazi promuoverà anche il commercio di materie prime plastiche, rifiuti plastici e prodotti in plastica monouso e di una serie di prodotti (carne, mangimi come la soia, ma anche cacao, caffè e legno) fortemente legati alla distruzione dell’Amazzonia, alla crisi climatica in corso e alla violazione dei diritti umani. “Ci esporremmo all’aumento delle importazioni, a un prezzo ancora più agevolato, di carne prodotta in quei Paesi” spiega Federica Ferrario, secondo cui l’accordo tende a livellare verso il basso la protezione dell’ambiente e della salute umana, invece che rafforzarla. Si stima che negli ultimi decenni siano già stati deforestati il 50% del Cerrado, il 20% dell’Amazzonia e il 17% del Pantanal e che a guidare tale processo sia stata proprio la produzione di carne in Amazzonia e quella di soia nel Cerrado, causa del 90% della deforestazione totale di queste aree. In base all’intesa raggiunta nel 2019, i paesi del Mercosur potrebbero esportare a dazi ridotti 99mila tonnellate di carne bovina all’anno, 180mila tonnellate di pollame e, a dazio azzerato, 190mila tonnellate di zucchero.

Le resistenze del blocco Mercosur – Proprio per garantire che materie prime e prodotti venduti nel mercato comunitario (olio di palma, soia, caffè, cacao, capi di bestiame, legname e gomma) non contribuiscano o abbiano contribuito alla deforestazione, almeno a partire dal 2021, il Parlamento di Strasburgo ha approvato in via definitiva nel 2023 il regolamento anti-deforestazione Eudr. Un testo che vieta l’importazione di materie prime su cui non si abbia questa garanzia. Un testo contro cui si è scagliato il Brasile. In prima fila il ministro dell’agricoltura, Carlos Favàro che, prima ancora di iniziare la sua carriera politica, è stato presidente dell’Associazione dei produttori di soia e mais dello Stato del Mato Grosso (Aprosoja-MT). E poi c’è stato il Meccanismo di adeguamento della CO2 alle frontiere europee (Carbon border adjustment mechanism) che verrà applicato gradualmente nei prossimi tre anni: una sorta di dazio sulle importazioni, non senza contraddizioni, che dovrebbe incidere sui prezzi di prodotti importati da Paesi dove il mercato della Co2 non è regolamentato, integrando il costo delle emissioni di gas a effetto serra e annullando eventuali vantaggi per le aziende di questi Paesi con normative meno stringenti. Di fatto, nell’ultima fase dei negoziati sull’accordo, le proposte arrivate dall’Ue per bilanciare la competitività dei Paesi del Mercosur sono state respinte e a ottobre 2023 la discussione si è incentrata su un contributo di 12,5 miliardi di euro chiesto all’Ue per finanziare i produttori sudamericani disposti a rispettare i requisiti di importazione stabiliti dall’Ue e a promuovere la produzione sostenibile.

Lo stallo sull’accordo – Il Brasile di Luiz Inácio Lula da Silva – con la complicità della Germania e del cancelliere tedesco Olaf Scholz – avrebbe voluto arrivare a una conclusione durante la sua presidenza del blocco Mercosur, terminata a dicembre 2023 con un nulla di fatto. Ma Francia, da sempre contraria, e Argentina si sono messe di traverso. “Non sono favorevole a questo accordo perché non so come spiegarlo a un produttore di acciaio, a un agricoltore o a un produttore di cemento francese. E poiché non posso spiegarlo a casa, non lo difenderò nei vertici internazionali” ha dichiarato Macron parlando con la stampa a margine della Cop 28. A metà gennaio, però, in rappresentanza di ”un’ampia gamma di industrie europee e altre imprese con sede in Ue”, che vanno dal settore manifatturiero a quello alimentare, 23 associazioni hanno scritto una lettera ai vertici delle istituzioni europee per chiedere che i negoziati tra Ue e Mercosur si concludano rapidamente. “Dato che l’Ue non dispone di riserve sostanziali di materie prime fondamentali necessarie per la transizione verde e digitale e che si prevede che nel prossimo decennio una parte sostanziale della crescita globale provenga da Paesi terzi – scrivevano – le nostre industrie hanno bisogno di mercati di esportazione aperti per vendere beni e servizi europei e procurarsi materie prime a prezzi competitivi”. Poi un comunicato congiunto firmato dai ministri degli Esteri di Argentina, Bolivia, Brasile, Paraguay e Uruguay, con l’impegno per un accordo rapido. Il resto è storia e dipende da questioni mai risolte.