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Trump vince anche in New Hampshire, passo decisivo verso la nomination: “Haley si ritiri”. Ma la sua avversaria (per ora) non molla

Donald Trump vince, ma non trionfa. Nikki Haley perde, ma non crolla. Le primarie repubblicane in New Hampshire si sono concluse come previsto, con la vittoria dell’ex presidente, che ha conquistato il 54,4 per cento dei consensi contro il 43,6 per cento di Haley. Nonostante non ci sia stato il trionfo da lui sperato, Trump compie un altro passo, probabilmente decisivo, verso la nomination. Sarà lui il candidato dei repubblicani alla presidenza degli Stati Uniti. Il voto in New Hampshire, lo Stato che sembrava esserle politicamente più vicino, mostra infatti che Haley non può trasformarsi in una reale minaccia per Trump. Subito dopo la proclamazione dei risultati, l’ex governatrice ha comunque annunciato che non si ritirerà. “La corsa è lungi dall’essere conclusa – ha detto Haley -. Ci sono dozzine di Stati dove andare a far campagna. E il prossimo è il mio dolce South Carolina”. Non la pensa così Trump, che nel discorso della vittoria ha chiesto esplicitamente a Haley di fare un passo indietro.

Quello che è successo in New Hampshire rassicura ampiamente l’ex presidente. Non c’è mai stato un candidato repubblicano alla presidenza che abbia vinto di seguito caucus in Iowa e primarie in New Hampshire, e non abbia poi conquistato la nomination del partito. Trump è poi riuscito in un’impresa che fino a qualche mese fa non appariva così semplice. È riuscito a battere Ron DeSantis e Nikki Haley rispettivamente in Iowa e New Hampshire, due Stati che per cultura politica e composizione dell’elettorato sembravano più favorevoli ai suoi avversari. Nel party elettorale dopo il voto, ieri sera, Trump è apparso comunque nervoso. Più che celebrare la vittoria, ha usato il suo discorso per attaccare Nikki Haley, accusata di dichiarazioni deliranti e di rivendicare un buon risultato, in New Hampshire, che non c’è stato. Conta, probabilmente, l’esito finale. L’ultimo sondaggio nello Stato dava Trump avanti di almeno venti punti. Alla fine, sono stati poco più di dieci. Soprattutto, quei dieci punti hanno decretato la vittoria. Non il trionfo. Non l’uscita di scena di Haley. Che potrebbe costituire, nelle prossime settimane, un fastidio di cui Trump farebbe volentieri a meno mentre organizza la sua campagna e prende ufficialmente in mano il partito repubblicano.

Nel discorso post-voto, pur congratulandosi con Trump per la vittoria, Haley si è lanciata infatti in una tra le più dure requisitorie mai uscita dalla bocca di un repubblicano. Haley ha detto che Trump è responsabile di tutte le sconfitte elettorali patite dal G.O.P. a partire dal 2018. Ha evidenziato che le controversie e i processi in cui è imputato lo seguiranno ovunque, e potrebbero portare settori importanti di elettorato a scegliere ancora Joe Biden, per ragioni di prudenza e di opportunità. “Sono io l’unica repubblicana che, sondaggio dopo sondaggio, mostra di poter battere facilmente Biden”, ha spiegato Haley, che ha anche accennato a un “senior moment” di Trump; quindi, a una senilità intellettuale e fisica che lo farebbe assomigliare a Biden. Dichiarazioni, spiegano nell’entourage di Trump, che hanno fatto infuriare l’ex presidente e che preludono a una conclusione piuttosto cruenta della campagna interna ai repubblicani.

Il voto del New Hampshire offre comunque alcuni elementi interessanti nello spiegare le dinamiche di queste primarie – elementi tutti favorevoli a Trump e poco propizi a Haley. CNN ha per esempio analizzati i flussi elettorali di ieri, ed è arrivata alla conclusione che Trump vince in tutti i gruppi sociali e demografici. Vince in ogni fascia di età. Vince tra gli uomini e le donne. Vince tra gli elettori bianchi e non bianchi. Conquista gli Stati rurali del Midwest, come l’Iowa, ma anche quelli più moderati e urbani del nord-est, come il New Hampshire. Si aggiudica gran parte del voto religioso, evangelico, ma anche di quello della borghesia repubblicana. Il voto di ieri mostra poi un altro dato fondamentale. La percentuale di registrati repubblicani e di indipendenti che hanno partecipato alla consultazione (nelle primarie del New Hampshire votano anche i non registrati nelle liste del partito) è praticamente uguale. 49 per cento di registrati, 47 di indipendenti. Questa è la probabile ragione della sconfitta misurata di Haley. Molti indipendenti sono andati a votare per lei. C’è però l’altro lato della medaglia. E cioè che il voto dei registrati repubblicani va in modo preponderante a Trump. Ed è quel voto, e non quello degli indipendenti, a decidere la partita.

Sono tutti elementi che Nikki Haley conosce molto bene e che sta valutando. Emergono tra l’altro in questi giorni notizie di difficoltà organizzative nella sua campagna, che avrebbe investito ingenti risorse finanziarie e presenza della candidata in Iowa e New Hampshire. I risultati sperati non ci sono stati e il rischio ora è affrontare il resto della campagna senza le risorse necessarie. Di fonte a Haley c’è anche un altro evento preoccupante. La candidata dice di non vedere l’ora di andare a fare campagna nella “dolce South Carolina”, lo Stato di cui è stata governatrice. Ma in South Carolina tutti i sondaggi danno Trump in vantaggio e sarebbe estremamente umiliante per l’ex governatrice andare a un confronto col tycoon e perderlo. Ne andrebbe non soltanto della sua candidatura alla presidenza, ma anche del suo prestigio politico. Una possibilità per Nikki Haley potrebbe quindi annunciare il ritiro prima delle primarie repubblicane dello Stato, il 24 febbraio.

In conclusione. Velocemente, verrebbe da dire irrimediabilmente, sembra che gli Stati Uniti stiano andando, forse ci sono già andati, verso un remake dello scontro delle presidenziali 2020. Il 5 novembre 2024, in lizza, ci saranno probabilmente ancora Donald Trump e Joe Biden, un segnale delle difficoltà di rinnovamento del sistema politico ma anche della continua, tormentata polarizzazione della società statunitense.