Calcio

Calciatore israeliano arrestato (e poi rilasciato) in Turchia per l’esultanza con un messaggio sulla guerra a Gaza: “Era per gli ostaggi”

Il calciatore israeliano Sagiv Jehezkel dell’Antalyaspor è stato posto in stato di fermo e poi rilasciato dalle autorità turche in attesa del processo per aver mostrato un messaggio sulla guerra Israele-Gaza durante una partita del campionato turco. Dopo aver segnato un gol contro il Trabzonspor ha mostrato la scritta “100 giorni“, la data del 7 ottobre e una stella di David su una fasciatura al polso sinistro. Poi ha spiegato che la sua esultanza si riferiva al numero di giorni passati in mano ad Hamas da parte degli ostaggi israeliani.

Sul sito ufficiale l’Antalyaspor, la squadra del calciatore, afferma che Jehezkel ha agito contro i valori nazionali. “La procura ha avviato un’indagine sul giocatore con l’accusa di incitamento del pubblico all’odio e all’ostilità. Dopo il goal segnato si è reso protagonista di una celebrazione sbagliata in favore del massacro commesso da Israele a Gaza”, ha dichiarato sul suo account X il ministro della Giustizia.

L’attaccante 28enne è un nazionale israeliano che si è trasferito dall’Hapoel Beer Sheva all’Antalyaspor solo a settembre. Nella partita di domenica scorsa ha festeggiato il gol del pareggio nell’1-1 contro il Trabzonspor nel massimo campionato turco facendo un segno con il cuore con le mani davanti alla telecamera e mostrando il suo messaggio “100 giorni, 7 ottobre”. L’Antalyaspor ha sospeso Jehezkel e il presidente ha promesso ai tifosi che il contratto non gli sarebbe stato rinnovato, mentre gli ultrà assediavano la sede della squadra. Decisione sostenuta dalla federazione calcio turca.

Solo dopo l’intervento del ministro degli Esteri israeliano, Yisrael Katz, che ha collaborato con le autorità turche per ottenere il rapido rilascio, il giocatore è stato scarcerato e il rientro in Israele è previsto per oggi, lunedì 15 gennaio. “Chiunque arresti un calciatore” per un atto di solidarietà “nei confronti dei 136 ostaggi tenuti per oltre 100 giorni nelle mani di un’organizzazione terroristica omicida rappresenta una cultura di omicidio e odio”, ha dichiarato Katz, citato da The Times of Israel.