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Armi ed equipaggiamenti (“per la caccia”) di produzione occidentale tra le dotazioni delle forze russe: alcune acquistate anche online

Ci sono un americano, un tedesco e un cinese… Sembra l’inizio di una barzelletta ma in realtà è la descrizione di quello che da molti video su YouTube emerge relativamente all’origine di una parte delle armi da fuoco e dei loro equipaggiamenti in dotazione delle forze armate russe, oltre che delle società di mercenari impegnate nella guerra di invasione dell’Ucraina. Quello che stupisce è che non si tratta di materiale bellico tradizionale ma di fucili, mirini, droni da monitoraggio e munizioni specificamente venduti a scopo venatorio: insomma, i cecchini e i fucilieri del Cremlino – paradossalmente – per armarsi devono dichiarare alla dogana che intendono praticare la caccia. Nessuno chiede loro se intendono sparare ai cervi o a soldati e civili ucraini.

L’industria russa – Il fatto che la qualità della produzione interna russa probabilmente non sia all’avanguardia su tutti i componenti, rende le armi da fuoco straniere, anche se non costruite per la guerra, quanto mai preziose. Nel 2022 fece un certo scalpore la foto dell’ex vice primo ministro russo, Dmitry Rogozin, in posa con un fucile Glock, invece che con arnesi di produzione post-sovietica.

Per lo sport o per la guerra – È di quasi un anno fa la scoperta di Politico, secondo cui i dati doganali testimoniavano che aziende cinesi, tra cui una collegata al governo di Pechino, avevano inviato a importatori russi mille fucili d’assalto, parti di droni e giubbotti antiproiettile e altro equipaggiamento che, ufficialmente per sport e caccia, avrebbe potuto essere utilizzato per scopi militari. Non si trattava di una novità: i fucili CQ-A, modellati sull’M16 ma etichettati come “fucili da caccia civili”, sono stati già in uso della polizia paramilitare in Cina e dalle forze armate di Filippine, Sud Sudan e Paraguay. È bene sottolineare che il quadro fatto emergere dall’edizione europea di Politico, non segnalava che Pechino stesse vendendo una grande quantità di armi a Mosca appositamente per sostenere il suo sforzo bellico, ma più prosaicamente che aziende russe stessero comprando attrezzature “a duplice uso”, cioè per abbattere un cinghiale o aprire il fuoco contro una pattuglia di Kiev.

Un business in crescita – Pochi mesi dopo, in un video di 60 secondi pubblicato su Telegram, un cecchino di PMC Wagner cantava le lodi del fucile Orsis T-5000 di fabbricazione russa, ma specificava di schifare i proiettili russi, preferendo di gran lunga le munizioni calibro .338 occidentali che possono “penetrare la copertura leggera se il nemico è di spalle…e colpire fino a una distanza di 1.500 metri”. Sempre secondo Politico, aziende del vastissimo paese slavo “hanno acquisito centinaia di migliaia di proiettili prodotti da Hornady, una società statunitense che… riassume la sua filosofia con lo slogan: dieci proiettili in un foro”. Gli importatori russi hanno dichiarato di essere interessati solo ad armi, accessori e munizioni a scopo “civile”. Va da sé che tutte le parti coinvolte hanno negato di aver intrattenuto rapporti diretti dal 2014, anno dell’occupazione illegale della Crimea: intanto, i giornalisti hanno trovato i certificati per l’importazione – non diretta – di oltre 100mila cartucce .338 Lapua Magnum e 5mila bossoli dello stesso calibro prodotti dalla stessa Hornady. La società slovena Valerian doo, citata da Politico, ha negato la fornitura di armi alla Russia: tuttavia, fonti diplomatiche affermano che il traffico sarebbe avvenuto tramite il Kirghizistan.

L’e-commerce delle armi – Il canale Telegram russo The Mile, portale di shopping dove militari e soprattutto mercenari si equipaggiano di armi di qualità, ha riportato alcune foto che mostrano armi da fuoco per la caccia, tra cui una scatola aperta contenente un fucile tipo R8, ancora nella sua confezione originale, completo di accessori e istruzioni per l’uso, prodotto da un noto produttore di armi non a uso bellico del Baden-Wuttenberg, Braser GmbH, anche con il manuale di istruzione ben in vista. Non pensiamo a una vendita occasionale: recentemente ci sono stati articoli della stessa azienda esposti da terzi ad una fiera delle armi a Mosca. Non pensiamo neanche a una deliberata violazione delle regole sull’export di armi: semplicemente, le falle sono spesso causate da intermediari e triangolazioni. È il caso, secondo il Financial Times, di un uomo d’affari tedesco che nel novembre scorso è stato accusato dalla procura di aver contrabbandato in Russia milioni di euro di apparecchiature tecniche sensibili per produrre fucili di precisione utilizzando una rete di società di comodo in Svizzera e Lituania per nascondere la vendita di attrezzature a un’anonima società di armi russa. La qualità dei produttori teutonici fa il resto: su internet si trovano video di militari russi che confermano lo slogan della casa secondo cui “la mano e il braccio che tirano sono in una postura rilassata”, il che favorisce significativamente la precisione in qualsiasi posizione di tiro.

I mirini non russi sono meglio – Come divulgato da Vazhnye Istorii, secondo i dati doganali, nel 2022-2023 sono stati importati in Russia mirini “ad uso venatorio” per un valore di 175 milioni di dollari. I mirini, destinati ad uso non militare, vengono acquisiti attraverso piattaforme online da aziende produttrici di armi russe. Un’indagine, sempre di Vazhnye Istorii, ha scoperto che diversi video su YouTube che mostrano soldati russi che impiegano mirini di produzione americana, tedesca, austriaca ecc.

Un business per pesci piccoli – Emerge in particolare il ruolo di due società russe, Pointer, con sede a San Pietroburgo, e Navigator, di Mosca, che hanno importato in tutto oltre 50mila telescopi Holosun, di fabbricazione sino-americana, austriaca, tedesca ecc. Non lo hanno fatto direttamente ma attraverso intermediari locali in Cina (Pointer) o in paesi terzi come Turchia e Kazakistan (Navigator): quindi, è da escludere che Holosun – così come le altre aziende citate in questa analisi e visibili nelle foto – sia coinvolta direttamente nel business. Anche perché non parliamo di grandi commesse ma di quantità medio-piccole che non fanno certamente la differenza nei report finanziari dei produttori: la società Bespoke Gun con sede a Mosca e la catena di negozi specializzati Hunt hanno acquistato cannocchiali ottici americani Nightforce e altri articoli per un valore di circa 330.000 dollari. Insomma, sono piccole falle di un sistema colabrodo di sanzioni che non riesce ad essere abbastanza affidabile, ma che – allo stesso tempo – impedisce alle Big del settore di sviluppare interessi più importanti. E questo non è poco: d’altronde, è più facile imporre il rispetto delle regole a chi opera alla luce del sole e fattura miliardi, piuttosto che a chi, come gli scarafaggi, si nasconde ovunque e non è agevole da tracciare.

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