Lavoro & Precari

Nuovo Reddito, nel patronato a Palermo: “Identico al Rdc, ma la piattaforma si blocca, le regole non sono chiare e c’è chi chiude”

Ogni mille abitanti, a Palermo ci sono 192 persone che hanno avuto a che fare col Reddito di cittadinanza. Ben 45mila le famiglie interessate dal passaggio al nuovo Assegno di inclusione (Adi) che dal primo gennaio sostituirà il Rdc. Bisogna presentare una nuova domanda, a partire dal 18 dicembre, online o tramite patronati. Come l’Epac di via Perpignano a Palermo, che in quattro giorno ha assistito più di 300 famiglie (nella foto). Il responsabile si chiama Davide Grasso e quella che descrive al fattoquotidiano.it non è esattamente la passeggiata annunciata dalla ministra del Lavoro Marina Calderone. Dalla piattaforma che si blocca alle incongruenze normative, traslocare da una misura all’altra è un percorso a ostacoli. Tanto che non sempre i patronati resistono.

Grasso, partiamo dalla nuova piattaforma Siisl. Funziona come dice la ministra?
Se devo dare un voto alla piattaforma Siisl è tre. Innanzitutto perché non ha avuto alcun senso la scelta di fare qualcosa che già esisteva, spendendo soldi inutilmente. E poi perché troppo spesso non funziona.

Cioè?
Compiliamo la domanda per l’Adi e la inviamo al sito dell’Inps, che poi rinvia a Siisl dove sottoscrivere il Patto di attivazione digitale (Pad), una sorta di consenso per la trasmissione dei dati a tutti gli enti collegati e relative piattaforme. Senza il Pad non ci può essere erogazione del sussidio, ma spesso non si riesce a sottoscrivere. Altre volte è come se la pagina non esistesse, né compare alcun avviso. Semplicemente non va.

Come se la stanno cavando le persone?
Basti sapere che la procedura esige la conferma del numero di telefono, con un sms al quale il richiedente deve rispondere. Così per la mail. Proprio ora è entrata una signora che si sta occupando della domanda di sua zia, invalida ultrasettantenne, senza telefono né mail. Perché obbligare anche le persone anziane ad avere una mail?

Il governo si compiace di aver anticipato la presentazione delle domande.
I tempi erano stretti. Anche grazie a noi addetti ai lavori si è riusciti ad ottenere qualche giorno in più per permettere alle famiglie di ricevere la prima erogazione a gennaio e non rimanere scoperti. Se tutto funziona, chi farà domanda entro il 15 avrà il sussidio entro il mese, gli altri dovranno aspettare febbraio. I giorni utili non sono comunque molti, appena 18 quelli lavorativi.

Molti non sanno di dover presentare una nuova domanda. Si poteva fare diversamente?
Si poteva evitare. Gli elettori si sono sentiti dire che avrebbero tolto i sussidi a tutti. Non è vero, anzi. Al netto dei ritocchi, l’Adi è una misura praticamente identica al Reddito di cittadinanza, a partire dal contributo che in alcuni casi è cresciuto. Tanto rumore per questo? Potevano lasciare tutto com’era.

Negli ultimi giorni sono usciti decreti attuativi e circolare Inps. Almeno le regole sono chiare?
Prima scrivono che per fare domanda valgono solo carichi familiari per disabilità gravi o non autosufficienza. Poi, nelle circolari, si dice che vale qualunque invalidità sopra il 67%. Insomma, hanno detto una cosa per poi farne un’altra. Chi si è fidato delle slide del ministero ha compiuto errori. Troppo rimane affidato all’interpretazione e alla nostra buona volontà.

Si rischia di fare danni?
Uno enorme: per richiedere l’Adi, gli under 30 devono aver assolto l’obbligo scolastico. Ma se un 27enne è genitore cosa si fa? Se l’Assegno viene negato a causa dell’obbligo scolastico ci va di mezzo anche il minore che resta senza aiuto? Nessuno chiarisce e non mi sorprende vedere patronati chiusi per paura di fare errori. Ieri un’importante sigla di patronato ha detto ai dipendenti di fermarsi, di non fare più nulla perché le cose non sono chiare.

Sicilia e Campania rappresentano da sole metà della platea.
Per questo dico che una misura identica alla precedente non serviva. Se il 73% dei percettori è al Sud è perché manca il lavoro e quello che serve è un altro approccio. Finché non si decide di investire, di portare qui le imprese con incentivi veri, non cambierà niente. Insieme alle persone, anche i soldi vanno al Nord e con l’autonomia differenziata che hanno in mente il gettito rimarrà nelle regioni ricche alimentando ulteriormente la disuguaglianza. Sa quante persone hanno avuto a che fare col Reddito a Bolzano? Sono dati Inps: tre ogni mille abitanti. Qualcosa vorrà dire.