Mondo

Argentina, l’altolà della ministra di Milei: tolleranza zero contro le manifestazioni politiche, i blocchi stradali e i picchetti

Il governo Milei ci ha messo meno di una settimana a muoversi, e non solo economicamente con la svalutazione della moneta argentina del 50% ma anche in campo più prettamente politico. Ad entrare a gamba tesa è la ministra della Sicurezza e candidata alle presidenziali 2023 per Juntos Por El Cambio, Patricia Bullrich. La ministra ha minacciato l’introduzione di un nuovo protocollo repressivo a “tolleranza zero” contro le manifestazioni politiche, i blocchi stradali e i picchetti.

“È il momento di farla finita con questo metodo di protesta che l’unica cosa che ottiene è generare un disordine assoluto e penalizza quelli che voglio portare avanti le loro vite in modo normale e in pace”, ha detto Bullrich. “La protesta sociale è un diritto, ma anche una garanzia per il dialogo democratico tra il popolo ed i suoi rappresentanti. Le peggiori tragedie della nostra storia sono andate di pari passo con politiche repressive”, hanno però ricordato le Abuelas de Plaza de Mayo.

Bullrich non è certamente nuova per la sua attitudine repressiva, e la sua minaccia arriva a pochi giorni dalle manifestazioni previste per il 19 e 20 dicembre per ricordare le grandi manifestazioni ed il movimento anti crisi del 2001, e soprattutto denunciare le violenze della polizia costate 39 morti. Secondo il decreto presentato da Bullrich durante una conferenza stampa, le forze federali argentine potranno intervenire in flagranza di reato identificando e arrestando chi blocca una strada e multando le organizzazioni che promuovono la manifestazione.

“La legge non si rispetta a metà: o si rispetta o non si rispetta”, ha chiosato Bullrich, aggiungendo che l’intervento di polizia dovrà essere “proporzionato” alla resistenza opposta. L’ex segretario del Commercio Interno e alle Comunicazioni, Guillermo Moreno ai microfoni di Radio10 ha dichiarato: “Non c’è possibilità di acquistare cibo. Quando le persone hanno fame non c’è arma che possa fermarle”.

Per Ruth Zrubriggen, attivista femminista di Neuquen, “’il momento in Argentina è molto delicato perchè si è imposto un’idea di governo profondamente fascista e neoliberista. Bullrich già da ministra della sicurezza durante il governo di Macrì ha mostrato il suo carattere profondamente autoritario e il suo disprezzo per le lotte e i movimenti sociali. È mossa da un enorme razzismo, va ricordato, come dimostrano le sue azioni contro il popolo Mapuche in Pantagonia. Non ci dimentichiamo il caso Maldonado”. Per l’attivista “il protocollo presentato da Bullrich è necessario affinché le misure economiche presentate da Caputo possano essere realizzate”.

Mentre per l’economista Martin Kalos, direttore dello Studio di consulenza EPyCA, “succede sempre così con i governi che vogliono imporre l’ordine attraverso la repressione e così decidono quali sono i diritti che hanno voglia di rispettare. In Argentina i trattati internazionali hanno lo stesso valore legale della nostra costituzione, quindi non è neppure chiaro di cosa sarebbero accusate per persone ascoltando le parole della ministra, anche se pare che si apra ad azioni preventive della polizia perchè sembrerebbe che viaggiando in treno con un manico di scopa si potrebbe essere accusati di portare oggetti contundenti. Poi in maniera assolutamente anomala si chiederebbe a chi viene arrestato di pagare multe che coprano il costo dell’operazione di polizia. Una cosa mai vista”.

Per il Centro di Studi Legali e Sociali (CELS) “Bullrich ha annunciato che impedirà la protesta sociale con la repressione. Lo ha fatto nel bel mezzo di un brutale aggiustamento economico con gravi conseguenze sociali. Con la promessa di ordine, cerca di reprimere le manifestazioni pubbliche contro gli effetti di tali misure”. Per il CELS il dispositivo proposto dal governo Milei attacca “il diritto di protesta, criminalizzando chi manifesta e perseguitando le organizzazioni sociali e politiche. Regolamenta anche un registro delle organizzazioni autorizzate a protestare”. Il centro studi ricorda “è grave lanciare un messaggio politico come questo alle forze di polizia. Quando il potere politico ha consentito la repressione delle manifestazioni, il risultato è stato un’enorme crisi politica che si è conclusa con i morti nelle strade”.